Il 19 maggio 1845, l’Erebus e la Terror, due velieri agli ordini di Sir John Franklin e di Francis Crozier, salpano dall’Inghilterra alla ricerca del leggendario Passaggio a Nordovest; verranno ritrovati anni dopo intrappolati nel ghiaccio artico. Sulla base di un documentato episodio storico, Simmons racconta un’allucinante avventura: gli equipaggi delle due navi, bloccati nella morsa del freddo e sprofondati nel silenzio spezzato solo dagli scricchiolii del ghiaccio e dalle tempeste di fulmini, si ritrovano a lottare contro gli elementi, ma anche contro la disperazione e la follia.
Quando, alla vigilia del terzo inverno sulla banchisa, Crozier prende il comando della spedizione, la situazione è prossima al disastro: le provviste scarseggiano e lo scorbuto miete vittime. Tra ammutinamenti, crisi ed episodi di cannibalismo, l’isolamento non sembra però la minaccia peggiore. Mentre una giovane esquimese muta, soprannominata Lady Silence, si muove indisturbata sulla Terror e svanisce per giorni, insensibile a freddo e fame, una creatura sconosciuta sembra fare la sua apparizione intorno alle navi: intelligente e malevola, si aggira tra i ghiacci e dà la caccia agli uomini dell’equipaggio, uccidendoli a uno a uno…
«Forse era il ghiaccio.» dice Crozier, chiedendosi perché Irving non gli abbia riferito del presunto grido. «Anche lo sparo. Solo il ghiaccio.»
«Sì, capitano. È il ghiaccio, signore.»
Nessuno dei due ci crede: un colpo di moschetto o di fucile è inconfondibile, anche a un miglio di distanza, e il suono, così a nord, viaggia con estrema chiarezza. Ma è vero che il pack, serrando sempre più la Terror, non fa che brontolare, gemere, crepitare, schioccare, rombare e sibilare.
Ciò che più inquieta Crozier sono proprio i sibili, che lo svegliano ogni notte nell’ora di sonno profondo. Assomigliano troppo ai lamenti di sua madre negli ultimi giorni di vita… e ai racconti della vecchia zia sulle banshees, gli spiriti che gemono nella notte per predire la morte di un occupante della casa.
The Terror (ristampa del romanzo uscito qualche anno fa con il titolo La Scomparsa dell’Erebus) racconta la storia dei due velieri della spedizione Franklin che nel 1845 salparono alla ricerca del Passaggio a Nordovest.
Prima di tutto è un romanzo sul ghiaccio, sul freddo, sulle mille difficoltà che una simile impresa nasconde.
Pieni di coraggio e di determinazione, ma senza sufficienti conoscenze, i marinai affrontano l’incognita del Polo Nord nella consapevolezza che potrebbero non fare ritorno a casa.
Ogni pagina è carica di dettagli che rendono al massimo l’atmosfera difficile e opprimente della spedizione, facendo percepire al lettore lo stritolamento del ghiaccio sul legno delle navi, intrappolandolo in una lettura non facile ma allo stesso tempo impossibile da abbandonare.
Ma è anche un romanzo di uomini, uomini con le loro piccolezze, con i loro lati eroici e squallidi: un equipaggio composto da idealisti con un alto senso morale e biechi soggetti che non aspettano altro che un’occasione per fare del male.
Gli stessi capitani delle navi non sono esenti dalle piccolezze umane: Sir John Franklin, capitano della Erebus e al comando della spedizione, è forse un uomo che ha messo davanti il suo desiderio di riscattarsi, di tornare non sconfitto dal Polo, alla sopravvivenza dei suoi uomini; Crozier da quel lato più lucido e consapevole, cela un serio problema di alcolismo.
Intorno a loro, come se non bastasse il Polo Nord con il suo freddo costante, le tempeste, il ghiaccio che crea trappole, c’è l’inquietante presenza di un mostro.
Forse un orso molto grande o forse un demone emerso dagli abissi a dare la caccia agli umani che hanno osato violare il suo territorio, con la sua presenza a tratti sovrannaturale incombe nella narrazione.
Gli uomini sapevano. Crozier sapeva che sapevano. Sapevano che era il demonio, là fuori sui ghiacci, non un orso bianco più cresciuto del normale.
Il capitano Francis Crozier non dissentiva dal giudizio degli uomini – malgrado le stupide chiacchiere con il capitano Fitzjames, quella notte, davanti alla bottiglia di acquavite – tuttavia era al corrente di qualcosa che gli altri ignoravano, ossia che il demonio che cercava di ucciderli lassù nel Regno del Diavolo era non solo la creatura dalla bianca pelliccia che li ammazzava e li sbranava uno a uno, ma ogni cosa: il freddo implacabile, la pressione dei ghiacci, le tempeste elettriche, l’inspiegabile assenza di foche, balene, uccelli, trichechi e animali di terra, l’infinita usurpazione del pack, gli iceberg che si aprivano la strada nel solido mare bianco e non si lasciavano alle spalle un solo canale libero, l’improvviso sollevamento di creste di pressione, le stelle danzanti, le mal saldate scatole di cibo divenuto veleno, le estati che non giungevano, i passaggi che rimanevano ostinatamente chiusi…ogni cosa.
Per provare a sopravvivere gli uomini dovranno imparare a dare il meglio, ad andare oltre quello che credevano possibile.
Crozier non provava affatto quella disperazione. Non ancora. Per lui, in quel momento, era più importante l’azzurra fiamma di determinazione che gli bruciava ancora, piccola ma ardente, nel petto… ”Io vivrò.”
Voleva che i suoi uomini sopravvivessero, almeno il maggior numero possibile. Se c’era la più esile speranza che ogni membro dell’equipaggio della HMS Erebus o della HMS Terror avesse salva la vita e tornasse in Inghilterra, Francis Rawdon Moira Crozier l’avrebbe rincorsa e non si sarebbe guardato indietro.
Ed è una lotta costante quella che ci viene raccontata, fatta di pochi metri alla volta a trainare le slitte sul ghiaccio, di razioni sempre più scarse, di notti infinite in cui niente dà sollievo al gelo, di persone orrendamente macellate dalla creatura davanti ai propri compagni o scomparse in un attimo e ricomparse a brandelli. Ma anche di generosità, di spirito di sacrificio, di fedeltà e intensa umanità.
È una narrazione che non concede niente, ricca di dettagli, particolari curati, frutto sicuramente di ricerche immense, perché più che mai il dettaglio uccide. Una ricostruzione che, pur arricchita dalla componente horror del mostro, è assolutamente verosimile. Forse vi verrà la curiosità di sapere quanto vero e quanto verosimile (ed è bellissimo quando un libro induce a informarsi) ma per me la storia della Terror e dell’Erebus è quella che ha raccontato Simmons, perché io l’ho vissuta sulla mia pelle, affogata in un libro decisamente lungo, ricco, forse non semplice, ma sicuramente indimenticabile.
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