Capitolo 1
MIAMI, FLORIDA
Sola Morte, alias Marisol Maria Rafaela Carvalho, aprì le porte scorrevoli spingendo i pannelli. Anche se era mezzanotte inoltrata e nel mese di gennaio, la brezza dell’oceano che la accolse era di 21 gradi e umida, un dolce bacio invece di uno schiaffo freddo. Dopo un anno che viveva a Miami, comunque, non era più piacevolmente sorpresa. Il clima più gradevole era diventato, così come il ritmo lento, le palme, le spiagge e le maree, semplicemente parte della vita.
L’esotico era determinato dalla rarità, così come la bellezza era nell’occhio di chi guardava. Adesso, i pini ricoperti di neve di Caldwell, New York, sarebbero stati affascinanti e insoliti.
Scuotendo la testa, cercò di rimanere attaccata al presente.
La “terrazza” dell’appartamento al cinquantesimo piano che condivideva con sua nonna, non era nient’altro che un ‘ripiano’ con una ringhiera, quella specie di spazio esterno aggiunto non per un’utilità funzionale e un piacere per i proprietari, ma così la voce “terrazza sull’oceano” poteva essere incluso nelle descrizioni di vendita delle trenta unità dell’edificio.
E a ben pensarci, anche l’elemento “oceano” era un trucco, visto che la casa si affacciava su Biscayne Bay, non sull’Atlantico. Tuttavia, l’acqua era acqua, e quando non riuscivi a dormire era molto più interessante che fissare il tuo soffitto.
Aveva arredato quell’appartamento, composto da due stanze da letto e due bagni, circa tre anni fa, comprando gli allestimenti completi da Rooms to Go perché avevano un prezzo buono e qualcun altro aveva provveduto a pensare ai cuscini e alle combinazioni di colori. E poi per la sua “lussuosa terrazza sull’oceano”, era andata da Target e si era procurata due sedie da giardino bianche e gialle e un tavolino da caffè. Le prime andavano bene. Il secondo aveva la parte superiore di plastica semitrasparente che adesso aveva delle irritanti ondulazioni sulla superficie. Niente stava in equilibrio su quel coso.
A tal proposito, si piazzò nella sedia a sinistra. “Luna piena stanotte.”
Mentre la sua voce si disperdeva, fissò il panorama notturno. Direttamente di fronte a lei, c’erano alcune case basse, quelle vecchie costruite negli anni quaranta, e poi una serie di negozi di magliette orrende, delle bodegas e cantine tra lei e la spiaggia. Dire che lei e la sua vovò vivevano a Miami era simile alla falsa pubblicità della terrazza. In effetti stavano all’estrema punta nord dei confini della città, lontane dalle ville e dalla vita notturna, anche se era pronta a scommettere che in circa dieci anni questo quartiere popolare avrebbe avuto una vistosa ristrutturazione.
A lei andava bene. Avrebbe avuto un ritorno sul suo investimento in denaro e…
Oh, chi voleva prendere in giro! Non sarebbero state qui per più di un altro anno.
Aveva un altro nascondiglio in California e uno a Toronto e, una volta usati quegli appartamenti, sarebbero andate da qualche altra parte.
Per lei, c’erano poche esigenze per stabilire una base: acquisto in contanti, chiesa cattolica a pochi isolati, e un buon negozio latino a breve distanza.
Quando si alzò la brezza e giocò con la sua nuova capigliatura bionda, si sporse in avanti perché era fastidioso rimanere ferma. Il cambiamento di posizione non durò, e non solo perché adesso la ringhiera bloccava la vista della baia. Riappoggiandosi, cominciò a battere freneticamente il tacco delle sue infradito, un metronomo di energia irrequieta ma sopportabile solo perché era il suo piede a fare il movimento, e almeno teoricamente, poteva fermarlo.
Dire che la memoria fosse un sentiero che potevi percorrere, un cammino da seguire, una progressione lineare su cui ti avventuravi dall’inizio alla fine, era completamente sbagliato. Dopo quest’ultimo anno appena trascorso, aveva deciso che era più come una tastiera di un pianoforte, e le note musicali che la sua mente suonava nella forma di immagini di un film, erano una selezione determinata più dallo spartito del suo rimpianto che dalla ferrea logica della sua decisione di lasciare Caldwell.
Per esempio, se fosse stata razionale sulle cose, si sarebbe concentrata su come era stato tornare a casa una sera e essere rapita da quegli assalitori mentre sua nonna si svegliava e si accingeva a scendere le scale. Poi avrebbe ricordato il tragitto verso nord nel bagagliaio di una macchina. Certo… se fosse stata intelligente, il suo cervello avrebbe proiettato una sequenza fotografica di lei che accendeva il bengala e infilzava l’orbita dell’uomo che l’aveva tirata fuori dal retro della berlina. Si sarebbe vista colpita alla gamba mentre aveva tentato di scappare attraverso la foresta, e poi avrebbe ricordato la cella con le sbarre nel livello sotterraneo di quel campo di tortura. Avrebbe visualizzato nei minimi dettagli il criminale dal viso bicolore che l’aveva spogliata e aveva tentato di stuprarla, finché non gli aveva strizzato le palle e picchiato la testa con una grossa catena. E infine, avrebbe visto sé stessa trascinare un uomo morto lungo il pavimento per cercare di usare l’impronta digitale per guadagnarsi l’uscita. E se non avesse funzionato, avrebbe ripercorso i suoi passi mentre tornava nel sotterraneo, per tirare fuori dalle sbarre di una cella il braccio di quello stupratore mancato, dal viso di due tonalità diverse, in modo che potesse prendere un coltello da cucina e tagliare la mano all’altezza del polso.
Ma si sarebbe ricordata di aver usato con successo quel pollice ancora caldo sulla tastiera per aprire la porta d’acciaio? O si sarebbe rammentata di quando era schizzata fuori da quel buco infernale indossando nient’altro che un parka e il sangue dei due esseri umani che aveva ucciso?
Ma naaaa, quelle non erano le note che suonava il suo Steinway cerebrale.
Mentre le melodie si susseguivano, l’unica che il suo cervello continuava a ripetere era del tutto differente e molto più devastante.
Anche se era certamente più sexy…
“Smettila.” Si strofinò gli occhi. “Fermati.”
Sopra la baia, oltre l’argine frangiflutti di North Beach, la luna era un grande piatto d’argento, la sua illuminazione caliginosa e accarezzata da ciuffi di nuvole.
Gli occhi di Assail erano stati così, argento con un bordo viola scuro. Immaginava che lo fossero ancora, supponendo che fosse vivo… ma con lo stile di vita che stava conducendo?
I signori della droga erano un insieme di rischi in aggiunta a quelli generici come il cancro e le malattie cardiache. Non che lo avesse giudicato per la sua scelta di affari; andiamo, la sua professione come ladra era ciò che l’aveva fatta finire in quel bagagliaio.
Che strani occhi ipnotici che aveva. Come nulla che avesse mai visto, e no, non era una visione romantica da parte sua.
Con il suo strano nome, e il suo accento che non riusciva proprio a collocare – era tedesco? Francese? Rumeno? – e il mistero che lo circondava, era stato ciò che altri uomini non erano stati: irresistibile. Con i capelli così neri, che aveva immaginato fossero tinti, e l’attaccatura dei capelli a V su quella fronte alta e arrogante, e il suo corpo potente e tremendamente sexy, aveva spesso pensato che fosse un prodotto di qualche altro mondo.
Una presenza letale.
Un predatore magnifico.
Un animale nella pelle di un uomo.
Tra un battito di ciglia e un altro, lo rivide la notte che era andato a salvarla da quel campo, ma non quando le si era avvicinato con le braccia aperte e una voce calma proprio mentre lei era corsa fuori da quella porta di acciaio, tutta ferita e disorientata. No, lo ricordò nel momento in cui, un po’ di tempo dopo, lo aveva rincontrato a una piazzola di sosta a circa trenta chilometri lungo la strada statale.
Non aveva mai capito come fosse stato possibile che fosse rimasto indietro quando i suoi cugini erano andati via con lei… eppure Assail li aveva raggiunti come se potesse volare. E poi c’era stato il fatto di come era conciato. La sua bocca era stata coperta di sangue come se avesse morso qualcosa, e quegli occhi argento e viola avevano brillato più intensamente di questa luna nel cielo del sud, con quella luce in loro così innaturale, da sembrare quella roba da esorcismo.
Eppure non aveva avuto paura di lui, e in quel momento aveva anche capito che Benloise, il suo carceriere, non era sopravvissuto. Assail aveva in qualche modo ucciso il suo rapitore, e con tutta probabilità, suo fratello Eduardo.
Era quello il modo in cui andavano gli affari in cui erano tutti coinvolti, era quello il modo in cui andava la vita che era stata determinata a lasciare dopo la sua guarigione.
Del resto, dopo essere stata catturata dai dei folli e aver pregato Dio di rivedere tua nonna, e quello era veramente accaduto? Solo uno stupido non avrebbe mantenuto la propria parte dell’accordo.
Salve, Miami.
Sola premette la punta delle dita sulla fronte e cercò di allontanare il suo cervello dal quel sentiero trito e ritrito che sembrava spingerla a elaborare e rielaborare, anche se era passato un anno, per amor del cielo. Non riusciva a credere che fosse così ossessionata da una decisione legittima che aveva preso, in primo luogo, per la sua sopravvivenza.
Le notti erano ancora le peggiori.
Durante il giorno, quando era occupata con imprese di alto livello come la spesa, andare a messa con la sua vovò, e guardare costantemente da sotto la visiera del cappello da baseball per vedere se erano state seguite, la gestiva meglio, ma con l’oscurità arrivava il tormento, il fantasma di un uomo con cui non sarebbe mai dovuta andare a letto, che la perseguitavano.
Era stata a lungo consapevole di avere un desiderio di morte. La sua attrazione per Assail ne era stata la conferma, e anche di più.
Diavolo, non conosceva nemmeno il suo cognome. Con tutto il lavoro di spionaggio che era stata ingaggiata a fare su di lui, e poi quello che aveva fatto per conto suo, non sapeva quasi niente di Assail. Aveva una casa tutta in vetro sull’Hudson che era di proprietà di una società immobiliare. I collaboratori più stretti erano i suoi cugini gemelli, e entrambi erano muti come un muro di mattoni quando si trattava dei dettagli personali. Non aveva moglie o figli. Almeno non intorno a lui, ma chi poteva saperlo. Un uomo come quello era certamente pieno di alternative quando si trattava di compagnia.
Spostandosi di lato, tirò fuori il suo vecchio iPhone e fissò lo schermo nero. Quando lo accese, c’era una foto della spiaggia fatta subito dopo che era arrivata lì.
Nessun messaggio, nessuna chiamata persa, nessuna segreteria telefonica.
Per molto tempo, da un numero riservato, aveva ricevuto queste costanti telefonate in cui riattaccavano.
Quelle chiamate erano l’unica ragione per cui teneva il telefono. Chi altro avrebbe potuto raggiungerla sul cellulare se non Assail? Chi altro aveva il numero? Non era il telefono che aveva usato con Benloise o per qualcuno dei suoi traffici oscuri, e l’account era sotto uno pseudonimo. Lui era l’unico che aveva il numero.
Avrebbe proprio dovuto lasciare il telefono al nord e annullare il servizio. Un taglio netto sarebbe stata la cosa migliore. La più sicura.
Comunque, il problema sembrava essersi risolto da sé. Supponendo che l’unico a chiamare fosse stato Assail, aveva smesso, e forse non perché era morto. Probabilmente era andato avanti, era ciò che le persone facevano quando venivano lasciate indietro. Tutta questa cosa dello struggersi per tutta la vita accadeva solo nei romanzi vittoriani, e solitamente da parte della donna.
Già, non c’era nessun Mr Havisham che era andato avanti con la sua vita, al nord. In alcun modo…
Un altro ricordo la riportò indietro nel tempo, ed era uno ricordo che odiava. Anche dopo che Benloise le aveva ordinato di tirarsi fuori, lei aveva seguito Assail in una proprietà, sulla quale sembrava ci fosse un cottage per il custode. Non era andato lì per una transazione d’affari. No, ci era andato per una donna dai capelli neri con un corpo magnifico, e l’aveva fatta sdraiare su un sofà come se lo avesse già fatto prima. Proprio mentre stava per fare sesso con lei, aveva fissato la finestra da cui Sola stava guardando, come se lui avesse messo su lo spettacolo per lei.
A quel punto, aveva deciso di ritirarsi dalla sorveglianza e si era convinta di non vederlo mai più.
Tuttavia, il destino aveva avuto idee diverse, e aveva trasformato lo spacciatore di droga dagli occhi d’argento in un salvatore.
La cosa triste era che, sotto circostanze differenti, avrebbe potuto stare con lui in quella casa di vetro, ma alla fine, il suo piccolo accordo con Dio aveva sostituito quel tipo di fantasia.
Alzandosi, indugiò al balcone ancora un po’, chiedendosi cosa esattamente sperasse di trovare nel panorama. Poi si voltò, si ritirò di nuovo nel suo appartamento, e calciò via le infradito. Sui silenziosi piedi nudi, attraversò con passo leggero il soggiorno e andò in cucina. Gli standard di sua nonna erano tali che non solo potevi mangiare sul pavimento, potevi mescolare l’insalata in uno qualsiasi dei cassetti, stendere la pasta per il pane dentro gli armadietti, e usare i ripiani per tagliarci sopra la tua bistecca.
La cassetta degli attrezzi era sotto il lavandino, e tirò fuori un martello grande.
L’iPhone finì in due sacchetti Ziplock con la chiusura a incastro, mentre si dirigeva verso la porta e disinseriva l’allarme prima di uscire nel corridoio. La scala antincendio era in fondo sulla destra, e mentre avanzava per raggiungerla, ascoltò per abitudine, ma non per necessità. Le persone nell’edificio erano anziane, e quel poco che li aveva visti, aveva avuto conferma che aveva scelto l’appartamento giusto. Questa era la terra dei turisti stagionali e che non avevano i soldi per volare avanti e indietro in primavera e in estate, quindi l’edificio non era mai vuoto.
Ci sarebbero sempre stati testimoni rumorosi, anche se quegli occhi e quelle orecchie non erano esattamente così scaltri come lo erano stati una volta, e i suoi “colleghi residenti” rappresentavano una complicazione per cui le persone che le davano la caccia ci avrebbero pensato due volte.
In più, come sempre, aveva con lei una compatta nove millimetri con un puntatore laser. Per-ogni-eventualità.
La scala era più fresca, ma non più secca che all’aria aperta, e non andò molto lontano. Mise il telefono, nel suo piccolo sacchetto-bara di plastica, sul pavimento in cemento, sotto il tubo attorcigliato della manichetta dei vigili del fuoco, e controllò un’ultima volta che non ci fossero state altre chiamate.
Poi cominciò a colpire con il martello, una volta. Due. Tre volte.
Ci volle solo quello per distruggere il cellulare.
Mentre tornava all’appartamento, rigirò i pezzi di ciò che rimaneva nelle mani, i due sacchetti a tenere insieme il tutto. L’indomani mattina, da un computer sicuro sarebbe andata online e avrebbe cancellato il servizio; il suo ultimo legame, seppur sottile qual era, tagliato per sempre.
L’idea che non avrebbe mai saputo cosa era successo ad Assail era tanto brutta quanto la realtà che non lo avrebbe mai più rivisto.
Rientrando di nuovo in casa, decise di andare a letto, ma fu di nuovo attirata dalla vista dell’acqua e della luna.
Le mancava l’uomo che non avrebbe mai dovuto avere, come se fosse un pezzo della sua anima lasciato indietro.
Ma era così che doveva andare.
Il destino era un ladro.
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