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A quattordici anni Savannah ha visto la morte in faccia, ma non le ha permesso di sconfiggerla e rubarle i suoi sogni. Ora lavora nella redazione di un giornale di New York e sogna di vedere il suo nome in fondo a un articolo. Non può immaginare che il suo primo incarico sarà quello di scrivere su ciò che odia di più al mondo: le armi.
Leo è un ex marine e lavora in un poligono di tiro. Cresciuto in Texas, ha sempre avuto a che fare con le armi e ne possiede sin da quando è ragazzo. Savannah e Leo non hanno niente in comune, ma, quando si trovano costretti a lavorare insieme, i loro mondi entrano in rotta di collisione. Pieni di cicatrici, spaventati dalla chimica che nasce immediatamente tra di loro, Leo e Savannah dovranno trovare un modo per coesistere e accettare che l’attrazione che scorre tra di loro non è solo un compromesso passeggero.
Questo libro è arrivato nel mio kindle due mesi fa, poco prima di entrare in un bel tunnel lungo. Uscita dal tunnel, e riemersa una fioca luce, ero indecisa se fosse il libro per me in questo momento. Dopo poche pagine la risposta è stata subito chiara. Sì, senza alcun dubbio sì.
Quando portiamo fardelli immensi colmi di dolore e ferite i casi sono due: o cadi nel baratro più profondo e lasci che la sofferenza si prenda inesorabilmente gioco di te, oppure indossi una maschera, quella del sorriso, la stringi forte per non farla cadere e ti rialzi, combattendo ogni giorno con il peso dei ricordi.
Ecco cosa succede ai protagonisti del romanzo, Leo e Savannah. Lei una giovane donna con l’obiettivo di diventare una giornalista, determinata e intraprendente. Lui un uomo segnato dagli orrori della guerra, e non solo, insegnante al poligono di tiro, apparentemente ombroso e di poche parole. Lei donna del Connecticut, lui texano fino al midollo. Nord e sud. Non potrebbero essere più “lontani”, e non solo per le loro radici , ma soprattutto per una visione del mondo agli antipodi. Ed è su un particolare aspetto che fin dal loro primo incontro, avvenuto perché Savannah doveva entrare suo malgrado in “contatto” con le armi per un articolo, nascono scintille.
“Non ti succederà assolutamente niente, Savannah,” la rassicurai, abbozzando un sorriso. “E io sarò qui accanto a te per tutto il tempo, okay?”
“Okay”, disse lei, poi ritrovando un po’ del suo spirito battagliero aggiunse; “Non c’è alcun motivo di trattarmi da decerebrata, comunque. Potrò non saper sparare un colpo, ma parlo benissimo la nostra lingua.” Mi rendevo conto che quelle risposte un po’ taglienti erano il suo modo per scendere a patti con quello che stava per fare. Come se, fingendosi forte, alla fine potesse convincersi di esserlo.
Non potrebbero apparire più distanti di così. Leo e Savannah. Troppo “diversi”. Ma sappiamo bene che dietro un’apparente diversità di carattere e di mentalità, in realtà si cela una strana sintonia. Come se gli opposti di un cerchio fossero improvvisamente uniti dal diametro stesso che sì li allontana, ma permette anche loro di mantenere la perfetta forma sferica. E così, pagina dopo pagina, scopriamo dapprima una forte attrazione fisica tra i due, che da persone adulte e consenzienti decidono di saziare senza complicazioni, ma sia Leo che Savannah sentono che qualcosa, in questa strana relazione, permette loro di mettere insieme i pezzi mancanti. Pezzi strappati loro da un destino crudele e beffardo.
Ma lì, nell’abbraccio di un uomo che avevo promesso a me stessa di non amare, mi sembrava di aver ritrovato un senso. Di poter afferrare il codice che mi avrebbe mostrato come incastrare i mille pezzi di cui era fatta la mia mente.
Ho amato moltissimo il personaggio di Savannah, arguta e perspicace, segnata dal suo passato ma anche decisa a trovarne un senso per poter finalmente darsi pace. Leo, però, mi ha letteralmente rubato il cuore. Sì, perché se pensate di trovarvi di fronte al solito maschio alfa ex marines vi sbagliate di grosso. È un animo buono, gentile, a tratti timido e fin troppo schivo. Un uomo che non nasconde mai le sue debolezze e che ammette (magari ci mette un po’, ok ve lo concedo!) i propri errori davanti alla donna che ha scoperto di amare e di cui non può più far a meno. Ho apprezzato molto anche il senso di famiglia che emerge dal romanzo: non le classiche famigliole americane da film, ma famiglie segnate fortemente dal dolore che si “allontanano per unirsi” e riconoscersi poi in quell’abbraccio di cui tutti abbiamo sempre bisogno.
Lo stile narrativo è molto scorrevole, a mio gusto personale alcune parti descrittive tendono a rallentare la storia, ma il ritmo è comunque incalzante.
Un romanzo in cui immergersi per vivere una storia d’amore fuori dagli schemi, per avere la certezza che il dolore per una perdita può spezzettarti in coriandoli, ma sta a te prenderti per mano, rialzarti e guardare oltre. E proprio in quell’”oltre” si può scorgere qualcosa di inaspettato, di totalmente diverso da noi. O, forse, non è nient’altro che un “oltre” simile a noi. E sarà il nostro collante. La nostra Luce.
“Non mi domando più
Se ci sarà qualcuno a tendere la rete
Pronto a soccorrere
Me lo ricordi tu
Chi vola impara a sfottere le sue cadute
Come a difenderle
E cosi fai tu e nascondi piano
La tosse e il cuore nella stessa mano
Arrivi tu
Che sai chi sono”
(Simili – Laura Pausini)
Recensione a cura di:
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