Triskell Edizioni, acquistabile qui.
Giulio, quarant’anni, docente a La Sapienza di Roma, autore di saggi ed esperto di fiabe e folklore, è a una svolta cruciale della sua vita. La sua compagna lo ha lasciato e il suo lavoro di scrittura è a un punto morto.
Un giorno l’uomo riceve un messaggio di posta elettronica da parte di Francesco Marangon, giovane cuoco di Bussolà, un piccolo borgo medioevale della provincia di Padova. Il ragazzo asserisce di aver ritrovato tra gli effetti personali di sua nonna il manoscritto inedito di una fiaba di Ludovico Battista, il grande letterato italiano.
Giulio, incuriosito, contatta subito il giovane e si reca a Bussolà per verificare l’autenticità della fiaba. Fra i due uomini scatta subito una forte simpatia, sebbene l’uno sembri essere l’opposto dell’altro.
Un storia può essere un universo a sé, il libro che la racconta invece no. Un libro si inserisce in un sistema preciso, netto, nel caso de “L’ultima fiaba”, una nicchia.
L’approccio più giusto a un testo come questo è quello di totale umiltà: non è il mio genere, non sono uno dei suoi lettori tipo, ma non per questo il romanzo può non funzionare, anzi. Un bravo recensore – cosa che molto probabilmente io non sono – si affida alle proprie conoscenze e alle intuizioni per giudicare un libro con totale onestà. Non sono un bravo recensore, ma posso provare a esserlo.
“L’ultima fiaba” è un testo che funziona. Ha tutti i cliché del genere al punto giusto: il quarantenne di successo indeciso, che attraversa una fase critica, conosce un giovane di belle speranze, che fa scattare un cambiamento in lui. Inevitabili gli ostacoli pratici e romantici, inevitabili quanto il lieto fine.
Giulio è un bel quarantenne romano, professore universitario e saggista pluri-pubblicato. Ha un’agente pressante e risentita col fiato sul collo che prosciuga totalmente la sua ispirazione. Giulio ha il blocco della pagina bianca e della crisi di mezza età. Quando arriva la mail di Francesco – un trentacinquenne tutto muscoli uscito direttamente da una fantasia porno gay – Giulio sente la chiamata per una nuova avventura. Parte alla volta di Bussolà, un paesino da cartolina nell’entroterra padovano. Francesco ha per le mani una nuova e avvincente fiaba scritta nientemeno che da Ludovico Battista, storico e celeberrimo scrittore di fiabe italiane dell’anteguerra.
Chiamato a giudicare l’autenticità della fiaba, Giulio riversa su questo incarico un nuovo entusiasmo che lo avvicina a Francesco, il quale, con un bacio improvviso e inaspettato, trasforma il professore ranocchio in una principessa ansiosa che arde per un nuovo amore, svelando una bencelata inclinazione gay, esplosa come le canotte aderenti sul petto del nerboruto Francesco.
Da qui parte un tira e molla a tratti snervante, quasi meccanico: i due si piacciono ma prima si tira indietro uno, poi l’altro, poi subentra la madre, poi la ex, poi la casa, poi la pasticceria. Insomma, il lieto fine – come è giusto che sia – non è facile da raggiungere, ma tutto si aggiusta se c’è l’amore, no?
Passiamo alla parte tecnica: il romanzo ha una struttura a singhiozzo che sorprendentemente funziona, perché tiene piuttosto incollati. Insomma, si vuol sapere che tende i protagonisti metteranno alle finestre del loro nido d’amore.
L’inizio è tremendamente lento, scelta rischiosa se non sei Anne Rice, vista l’esiguità del numero di pagine a disposizione. Prima che la storia decolli, ci vogliono almeno una cinquantina di pagine. Troppe.
Quasi tutti i capitoli iniziano con un soggetto sottinteso, per mantenere la suspense della partenza in media res. A volte la cosa funziona, a volte è fastidiosa, perché quello che effettivamente accade è poca cosa per costruirci sopra un mistero, seppur linguistico. Ci sono delle sbavature grammaticali trascurabili e alcune ingenuità stilistiche tollerabilissime, trattandosi di un’opera prima. Ci sono delle belle frasi, alcune ad effetto, alcune perfino mai sentite e particolarmente efficaci, il che fa presagire il meglio per l’autore nelle sue opere future.
Per quanto riguarda i personaggi direi che sono centrali Giulio e Francesco, gli altri sembrano puro contorno e rimangono fuori a battere sulla vetrina per poter entrare, ma viene dato loro poco spazio. Ines, la ex di Giulio e sua agente letteraria, è quella con più spazio a disposizione ma, al pari di Carla, la madre di Francesco, è solo uno dei tanti pesci nella boccia: nuotano intorno ai protagonisti ma non influenzano la storia più di tanto. La madre devia leggermente la trama verso la fine, ma il suo “ostacolo” viene risolto in poche pagine e lasciato marginalmente.
Non mi sono trovato a tifare per nessuno dei due protagonisti, entrambi prigionieri di questo cliché che li vuole appetibili ma troppo insicuri per essere raggiungibili. In alcuni punti la reticenza di uno tira fuori l’umanità dell’altro, ma quando questa reticenza è troppo macchinosa, chi fa tirare indietro l’altro perde un po’ di umanità e quindi di credibilità.
Ho tifato per la coppia, sì, perché Giulio e Francesco sono tremendamente romantici, eroi d’antan di un ambiente che ti vuole sempre bello e impossibile, appetibile in chat come nella vita reale. In questo Frank J. Scotland riesce bene, crea un nucleo a sé, non getta i due nel turbinio della vita gay romana, folle e decadente. La storia sembra quasi ambientata negli anni ‘50, tanta è la tendenza a tenere fuori la contemporaneità da una storia così pura.
Peccato per quella piccola incrinatura di questo sistema idilliaco quando si precisa che Giulio viene messo a dieta e mandato in palestra per dimagrire (visto che Francesco è sì un bravo cuoco e pasticciere, ma calzerebbe alla perfezione un salotto defilippiano che si rispetti), rafforzato dalla battuta verso la fine “ti ho fatto le crêpe al cioccolato, sono le tue preferite ma dopo fili a smaltire in palestra”. Ecco, avrei preferito un ritratto meno patinato e più realistico. Non tutti i gay stanno bene in canotta e vanno in palestra e a nuoto tre volte a settimana: siamo gay perché amiamo gli altri uomini, non solo l’uomo riflesso nello specchio della palestra o di Instagram.
Come ho detto all’inizio, un libro si inserisce in un sistema preciso, ha una funzione specifica per il suo pubblico. Chi legge romance e ama le storie con gli “amori di una volta” non potrà non amare “L’ultima fiaba” di Frank J. Scotland, perché ha tutto ciò che serve per farvi battere il cuore e voltare pagina.
Quanto a me, mi rimane un ultimo, straziante e disperato quesito: che fine ha fatto la deliziosa gatta Dora?
Recensione a cura di:
Editing:
Commenti
Nessun commento ancora.