♦ Traduzione a cura di Raffaella Arnaldi
Josh Lanyon, acquistabile qui ♦
L’ultima cosa che Jason West, giovane e ambizioso agente speciale dell’FBI della squadra Crimini Artistici, vuole – o desidera – è la relazione segreta e traballante che ha con il leggendario ma irascibile Sam Kennedy, capo dell’Unità di Analisi Comportamentale.
E sembra che anche Sam non sia elettrizzato all’idea.
Ma i sentimenti personali devono essere messi da parte quando Sam richiede l’aiuto di Jason per catturare un folle serial killer che ha preso di mira dei facoltosi e distinti collezionisti d’arte. Un assassino il cui biglietto da visita è una serie di grotteschi dipinti che raffigurano i delitti stessi.
C’erano una volta due tranquille lettrici che scoprirono di avere in comune una (in)sana ossessione per una serie di libri. Una delle due aveva anche un’altra dipendenza in cui cercava ripetutamente di coinvolgere l’altra lettrice finché questa, ispirata da un titolo accattivante e con in mente le lodi dell’amica, prese in mano “Gli omicidi della Sirena” e… fu amore a prima vista! Questa lettrice sono io, ChibiTora, e dopo aver divorato il primo e il secondo libro di questa serie posso ufficialmente affermare di essere divenuta Lanyon-dipendente, per la gioia della mia psyco-compare Catford.
Per una lettrice con piccole, insignificanti ossessioni non c’è niente di più soddisfacente che trascinare nelle proprie manie compagni di letture con cui condividere le proprie frustrazioni, le emozioni trasmesse dai libri, la rabbia e le aspettative. Quindi benvenuta Chibi nel club delle Lanyon-dipendenti! Non avevo dubbi sul fatto che prima o poi saresti arrivata e del resto la Lanyon non perde un colpo: riesce a creare storie sempre perfette, con una trama poliziesca capace di tenerti incollata alle pagine, di farti sprecare una perfetta manicure portandoti a rosicchiare unghie e gel per poi passare alle falangi (le manderò il conto) e vogliamo parlare della parte romance? Sofferenza, sempre. Sì perché la nostra cara Lanyon è una di quelle autrici sadiche che. se da un lato vorresti strozzare, dall’altro… ma chi vogliamo prendere in giro? La amiamo proprio per questo! La parte più bella della lettura condivisa con la mia compare Chibi è che, a un certo punto, ci accordavamo su come picchiare selvaggiamente Sam. Ma alla fine, Chibi, non ho ben capito: lo tieni fermo tu e io lo picchio o il contrario?
Uhm… be’… E se ti dicessi che non è che ho proprio proprio tutta questa voglia di picchiare Sam? Sai, io ho un debole per i maschi arroganti che nascondono sotto strati e strati, e ancora strati – ma molti strati, eh! – di strafottente sicurezza e superiorità un animo sensibile e ferito, capaci poi di travolgerti con l’incredibile forza romantica di un… grugnito. Soprattutto se grugnisce frasi come questa: «Mi ucciderebbe dirti addio adesso.»
Va bene, lo confesso, ma non dirlo a nessuno: anche a me piace Sam, in fondo. La fragilità che lascia intravedere, ma solo intravedere eh, stimola l’istinto da crocerossina che, diciamocelo, chi più chi meno abbiamo un po’ tutte. Ciò non toglie che si meriti almeno una piccola strigliata, anche solo per averci illuso alla fine del precedente capitolo della serie, che si chiude, se non con un vero e proprio legame amoroso tra i due, almeno con la speranza di un tentativo di costruirne uno.
E invece… invece si comporta come i classici uomini del tipo “ti lascio, ma non te lo dico, vediamo se sei così bravo da capirlo” e alla frase “non sei tu, sono io” converrai con me che una randellata ben assestata sul secondo incisivo da destra ci stava tutta.
Il legame con Sam – Kennedy – era sorto in modo inaspettato, ed era l’ultima cosa di cui lui avesse bisogno. Da una simile prospettiva, quel cambiamento era non solo inevitabile, ma preferibile. E allora perché si sentiva così… vuoto? Senza speranza. Affranto. Ecco una bella parola desueta per descrivere la sensazione di essersi preso un calcio nello stomaco dal mondo.
Ahahahahah… Dai Cat, ricomponiamoci un attimino e scriviamo qualcosa di meno delirante, che poi pensano che siamo davvero pazze!
(Ehi, nascondi meglio il randello, che si vede il manico che ti spunta dalla spalla).
Allora, facciamo il punto della situazione: avevamo lasciato Jason e Sam che, incapaci di accantonare i fragili sentimenti appena sbocciati tra loro (vedi come sono romantica?), si dichiaravano disposti a un tentativo di “relazione”. Qui scopriamo che questa relazione (di cui noi poveri lettori avevamo immaginato chissà quali prodezze, orizzontali e non) si è concretizzata in lunghe telefonate stile confessionale – no comment, please! – che in Jason hanno tenuto viva la speranza di poter veder svilupparsi qualcosa tra lui e Sam, speranza che si sgretola nel momento stesso in cui viene chiamato in qualità di consulente, da Sam stesso, sulla scena di un crimine.
Muovendosi rapido attraverso la stanza, non poté evitare di pensare che quella fosse una rimpatriata molto strana. E molto tesa. Non si era certo aspettato di cadere tra le braccia di Sam, ma… Negli ultimi nove minuti erano stati insieme da soli per la prima volta dopo mesi, e Sam sembrava non avere niente da dire. Pareva non essere neanche consapevole di trovarsi nella stessa stanza con lui. Non sarebbe stata una violazione del codice di condotta professionale se avesse detto: Ehi, bello rivederti, Jason! No? Specialmente dopo tutti quei mesi di telefonate. Tutte quelle conversazioni a mezzanotte quando Sam aveva forse bevuto un bicchiere di troppo o Jason era mezzo addormentato. Tutti quei commenti scherzosi e provocanti su quello che avrebbero fatto quando si fossero rivisti. Be’, ora si erano rivisti. Jason occhieggiò l’ampia schiena del collega. A dire il vero, non pensava che Sam fosse ignaro della sua presenza, ma che la ignorasse di proposito.
Dici che sembriamo pazze, Chibi? Bah…
(Jason, un momento, sto scrivendo, non mi distrarre!)
Effettivamente ritrovarsi di nuovo a indagare insieme su quello che sembra essere un serial killer non è proprio ciò che Jason si aspettava per il loro incontro dopo mesi, ancora meno si aspettava la freddezza e indifferenza di Sam, per cui la sua prima reazione è, a ragione, di rabbia e delusione e cercherà in ogni modo di evitare la collaborazione con il suo ex… amico. Ma un assassino che si diverte a lasciare sulla scena del crimine degli orribili dipinti ispirati a Monet e un innegabile connessione con un importante caso di truffa, che Jason segue da mesi, lo costringono a cedere, suo malgrado.
(Ah, Chibi? Il randello si vede ancora?)
(No. Tranquilla è nascosto bene. Sam, smettila! Adesso glielo dico che tu hai le tue ragioni… sì sì… no, aspetta! Quello non posso dirlo, se no è spoiler e ci linciano!)
Infatti l’omicidio che inizialmente sembrava potesse essere connesso a un caso su cui sta indagando l’unità di analisi comportamentale di cui Sam è divenuto capo, in realtà si scopre avere più connessioni del previsto con il caso di truffa di Jason, e addirittura pare intrecciarsi con un vecchio caso di persona scomparsa/presunto omicidio avvenuto parecchi anni addietro. Questo allontanerà ancora Sam da Jason, poiché il primo deve seguire la sua indagine che sembra spostarsi in Oregon. Per inciso, ho trovato curioso e ben costruito l’intrecciarsi della trama con la storia raccontata in “Omicidio d’inverno”, dove Sam faceva un’apparizione come capo dell’unità di analisi comportamentale che segue il caso del Roadside Ripper.
(Non è necessario leggerlo, ma se siete curiose come me, vi assicuro che non ve ne pentirete).
Bene, Jason è quindi lasciato solo a investigare sul caso e costretto a fare rapporto a Sam sugli sviluppi.
(Jason, tesoro, non puoi farti venire un mancamento ogni volta che lo nomino, un po’ di contegno!).
Jason decide quindi di seguire una pista che lo porta sull’isola in cui si trova uno dei principali sospettati, dove dovrà affrontare un ammiratore inaspettato e non pochi problemi che porteranno Sam a intervenire, in suo aiuto.
I misteri si infittiscono sempre di più, mentre alcune scelte dei protagonisti vengono finalmente chiarite; riusciamo a capire perché la caccia ai serial killer non è solo un lavoro per Sam, ma una missione, un voto. Questo farà sicuramente aumentare la stima dei lettori nei confronti del nostro agente, portandoli a riporre il randello (o nel mio caso a nasconderlo meglio).
Cat, direi che conviene fermarci qui, per non svelare troppo della storia, che è costruita con un incastro a mio parere perfetto, dove ogni particolare trova la sua collocazione anche se a distanza di interi capitoli.
(Per l’amore del cielo, Sam! Non ti agitare! Jason sta bene, e poi comunque è solo per colpa tua se ogni tanto gli prende male, eh!)
Sono rimasta molto colpita dalla maestria di questa autrice nell’intessere una trama investigativa solida, dalla sua capacità di accompagnare il lettore passo passo lungo una strada di indizi e di rivelazioni coerenti con la storia, e nello stesso tempo dalla naturalezza con cui la storia privata dei protagonisti si inserisce in tutto questo. Anche la scelta di un unico punto di vista, quello di Jason, è secondo me giusta: il punto di vista di Sam avrebbe tolto molto al pathos della vicenda, e poi sinceramente un po’ mi avrebbe spaventato l’idea di essere nella sua testa.
(Senza offesa eh, Sam! Ma sai essere veramente tenebroso…)
Hai ragione, Chibi, lasciamo ai lettori il piacere di arrovellarsi sull’intricata trama di misteri intessuti magistralmente dall’autrice. Devo confessare che, fino all’ultimo, sono stata in dubbio su chi potesse essere il colpevole.
(Sì, Jason, lo so! Tu ci sei arrivato prima di tutti, hai un ottimo intuito, blablabla, ma non vantarti troppo perché nella sfera personale invece sei un bel po’ tonto.)
Come sempre una storia avvincente, una di quelle letture che ti lasciano soddisfatta, appagata e nello stesso tempo delusa perché ne vorresti di più, ancora e subito. Che dici, Chibi, se proviamo a essere… persuasive? La Lanyon potrebbe decidere a pubblicare il seguito tipo… ieri? Facciamo così, io porto la mazza da baseball e tu la corda e vedrai che si convince.
(Jason, fermati! Non correre a chiamare Sam, non siamo stalker psicopatiche! Siamo solo fans… ansiose).
A proposito di stalker, Chibi, pensi anche tu quello che penso io?
Eh già, Cat, ho come la sensazione che l’ombra della Sirena potrebbe ben presto allungarsi sui nostri eroi…
(Sam… Sam cos… Jason!!! Oddio, Cat, credo sia meglio svignarcela, le cose qui si stanno facendo… bollenti. Oddio, ragazzi, aspettate almeno che io e Cat ce ne andiamo via!)
Be’, Chibi, potremmo anche rimanere a guard… ehm, a parlare con loro, no?
(Jason, aspetta, non spingere… No, un attimo, non chiudere la porta… Sbammmm… Parliamoneeee!)
Quindi sì, io ti capisco, Sam. Capisco la tua vocazione alla missione. Credo però che la tua routine da monaco guerriero sia uno sbaglio. Penso che saresti efficiente nel tuo lavoro anche avendo una sorta di vita personale. Non intendo insieme a me. Intendo con chiunque. Qualcuno che accetti di stare con te alle tue condizioni.» Kennedy lo fissò per un lungo momento. Appoggiò il bicchiere sul tavolo. «Il problema è che non voglio “chiunque”. Io voglio te. Sempre.»
Recensione a cura di
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Editing:
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