Avendo avuto tutto nella vita, non ti è mai venuto in mente che ci siano state occasioni mancate. Opportunità che erano solo temporanee. Sogni che non sarebbero stati realizzati.
Mentre Peyton, figlio di Peythone, nascondeva gli occhi dietro le lenti azzurre, fissava l’altra parte della sala relax del centro di addestramento. Paradise, figlia di sangue del Primo Consigliere del re, Abalone, era seduta di traverso su una poltrona ordinaria, le gambe che penzolavano da un bracciolo mentre la schiena poggiava sull’altro. La testa bionda era chinata, gli occhi ripassavano gli appunti sugli OEI.
Ordigni Esplosivi Improvvisati.
Sapendo di cosa trattavano quelle pagine – la promessa di morte, la realtà della guerra con la Lessening Society, il pericolo in cui si era messa iscrivendosi al programma di addestramento per soldati della Confraternita del Pugnale Nero – gli faceva desiderare di eliminare quegli appunti e riavvolgere il tempo. Voleva tornare alle loro vecchie vite, prima che lei venisse qui per imparare a combattere… e prima che lui si rendesse conto che era molto più che una femmina aristocratica con un eccezionale lignaggio e una bellezza classica.
Senza la guerra, tuttavia, dubitava che si sarebbero mai avvicinati.
Quella terribile notte quando la Lessening Society aveva attaccato le case della glymera, massacrando intere famiglie e legioni di servitori, era stata lo stimolo perchè entrambi stringessero i rapporti. Lui era sempre stato un accanito festaiolo, andando in giro con una cerchia di ricchi maschi dissoluti che credevano di potersi permettere tutto, che frequentavano club umani durante la notte e rimanevano a casa a fumare erba tutto il giorno… ma dopo gli attacchi? Entrambe le loro famiglie si erano trasferite alle case sicure fuori Caldwell, e lui e Paradise avevano preso l’abitudine di chiamarsi tra loro quando non riuscivano a dormire.
Il che era successo la maggior parte delle volte.
Avevano passato ore al telefono, parlando di tutto e di niente, dalle cose serie alle cose stupide, alla sciocchezza.
Lui le aveva raccontato cose che non aveva mai condiviso con nessuno. Le aveva confidato che era spaventato e che si sentiva solo e in ansia per il futuro. Aveva ammesso ad alta voce, per la prima volta, che pensava di avere un problema di droga. Era preoccupato dal fatto di poterlo eliminare – o meno – nel mondo reale, lontano dall’ambiente del club.
E lei era stata lì per lui.
Era stata la prima amica femmina che avesse mai avuto. Già, certo, se ne era scopate una marea del sesso opposto, ma con Paradise, non si trattava di voler scopare.
Anche se la desiderava. Certo che la desiderava. Lei era incredibilmente…
“Ammettilo.”
Quando Paradise parlò ad alta voce, si riprese bruscamente. Poi si guardò intorno. La sala relax era vuota tranne per loro due, tutti gli altri erano o nella sala pesi, negli spogliatoi, oppure gironzolavano fuori nell’atrio mentre aspettavano di andare via a fine giornata.
Quindi, sì, stava parlando con lui, e lo stava pure guardando.
“Forza.” I suoi occhi erano molto diretti. “Perché non lo dici finalmente.” Non seppe come rispondere, e quando il silenzio tra loro si allungò, sentì come se si fosse fatto una pista di coca, il suo cuore trasformò la sua cassa toracica in un caos pulsante, le mani cominciarono a sudare, le sue palpebre diventarono come tende veneziane a furia di batterle.
Paradise si raddrizzò nella poltrona, spostando le sue lunghe gambe e incrociandole in modo compito al ginocchio. Era un riflesso incondizionato, qualcosa che proveniva dal suo lignaggio e dalla sua educazione aristocratica: ogni femmina della sua posizione sociale sedeva in maniera appropriata. Era una cosa che si faceva, non importava dove si era o cosa si indossava.
Crate & Barrel o Luigi XIV, Lycra o Lanvin. Erano la norma, cara. La immaginò in un abito, ricoperta dai gioielli della sua mahmen morta, sotto un lampadario di cristallo di una sala da ballo, i capelli raccolti, il viso perfetto raggiante, il corpo… che si muoveva contro il suo.
“Dov’è il tuo uomo?” Disse con voce roca – per la quale sperava desse la colpa alla sua dipendenza dall’erba.
Il sorriso che raggiunse il viso di Paradise lo fece sentire vecchio e ubriaco perso in modo devastante, anche se avevano la stessa età e lui era sobrio.
“Si sta cambiando.”
“Grandi piani per la serata?”
“No.”
Già, certo. Quel rossore gli disse esattamente cosa avevano intenzione di fare – e quanto lei non ne vedesse l’ora.
Tirando su gli occhiali da sole, strofinò gli occhi. Era difficile credere che non avrebbe mai saputo come sarebbe stato… averla sotto di lui mentre la cavalcava, il corpo nudo a sua disposizione da esplorare, le cosce spalancate in modo da poter…
“E non cambiare discorso.” Si spinse in avanti sulla poltrona. “Andiamo. Dillo. La verità ti farà sentire libero, giusto?”
Quando il compressore della macchina della soda si mise in funzione, diede un’occhiata al bancone della ristorazione, dove pasti e snack venivano offerti quando facevano lezione in classe e in palestra. Anche se i Fratelli stavano permettendo alle reclute di stare fuori sul campo per un giusto coinvolgimento con il nemico, c’era ancora un sacco di teoria, di lavoro corpo a corpo e con le armi che veniva svolto sul luogo, regolarmente.
Almeno due o tre notti a settimana, lui mangiava qui…
Wow. Guarda un po’. Stava cercando di distrarsi.
Peyton spostò di nuovo lo sguardo su di lei. Dio, era così bella, così bionda, con quei grandi occhi azzurri…e quelle labbra. Morbide, di un rosa naturale. Il suo corpo era diventato un po’ meno formoso, un po’ più muscoloso, visto che aveva cominciato ad allenarsi molto, e la potenza fisica era eccitante.
“Sai,” mormorò lei, “c’è stato un periodo in cui non ci nascondevamo niente l’un l’altro.”
Non esattamente, pensò. Aveva sempre tenuto la sua attrazione per lei su un basso profilo.
“Le persone cambiano.” Si stirò e fece schioccare la schiena. “Anche le relazioni.”
“Non la nostra.”
“A che serve.” Scosse la testa. “Non può venire niente di buono da…”
“Andiamo, Peyton. Riesco a percepire che mi fissi in classe, fuori sul campo. È così dannatamente ovvio, e ascolta… so da dove arrivi. Non sono ingenua.”
La tensione in lei era evidente, le spalle tese, la bocca assottigliata. E – ehi, sai una cosa? – anche lui odiava la posizione in cui li stava mettendo. Se fosse riuscito a fermarlo, lo avrebbe fatto, ma i sentimenti erano come animali selvaggi. Facevano ciò che volevano e al diavolo ciò che nel frattempo calpestavano, addentavano o prendevano a calci.
“Per quanto cerchi di ignorarlo” – Paradise spinse i capelli oltre la spalla – “e per quanto sono sicura che vorresti sentirti in maniera differente, è ciò che è. Penso che abbiamo bisogno di parlarne in modo da chiarire le cose, no? Prima che danneggi noi o gli altri sul campo.”
“Non penso sia risolvibile.” A meno che non vuoi cominciare una dieta per eliminare 124 chili e perdere il tuo compagno. “E non credo che importi.”
“Non sono d’accordo.” Alzò le mani in segno di sconforto. “Oh, andiamo. Ne abbiamo passate così tante insieme. Non c’è nulla che io e te non possiamo gestire. Ti ricordi tutte quelle ore al telefono? Parlami.”
Mentre Peyton si domandava perché diavolo non si era portato un bong con lui, si alzò e si improvvisò bulldozer con l’arredamento del dormitorio che era stato disposto con la cura e la precisione di un gioco di biglie: le varie sedie, divani, e tavoli erano disposti ovunque in modo casuale, il risultato di diversi gruppi di studio e qualche scommessa discutibile su addominali, flessioni, e braccio di ferro che avevano incasinato la disposizione.
Quando finalmente si fermò, si voltò. E parlarono nello stesso momento.
“Bene, sono innamorato di te…”
“Lo so che ancora non approvi che io…”
Con un altro scatto di sincronizzazione, si ammutolirono entrambi.
“Cosa hai detto?” Sussurrò lei.
Una pistola. Aveva bisogno di una pistola. Così, in effetti, avrebbe potuto spararsi sul piede, invece di pensare solo a farlo.
La porta della sala relax si spalancò e il suo maschio, Creag, entrò a grandi passi come se fosse padrone di quel luogo. Enorme, muscoloso in modo massiccio, e uno dei migliori combattenti nella classe delle reclute, era il tipo di persona che poteva usare un chiodo arrugginito come stuzzicadenti mentre ricuciva le proprie ferite nel mezzo di un magazzino in fiamme con due lesser che lo attaccavano e un cucciolo di golden retriever terrorizzato sotto il braccio.
Creag si fermò e guardò alternativamente tra loro. “Ho interrotto qualcosa?”
Novo riuscì a malapena ad arrivare in tempo ad un enorme secchio in metallo della spazzatura. Mentre si piegava in due e vomitava, non comparve nient’altro che acqua, e quando il conato passò, si allontanò dal bordo e si lasciò cadere sui materassini. Appoggiandosi contro il duro muro di cemento, attese che il mondo smettesse di girare attorno a lei.
Il sudore le scendeva come lacrime lungo il viso, e la gola era in fiamme – anche se quello era dovuto non tanto al vomito quanto ai bruschi respiri che stava facendo mentre si esercitava nel sollevamento pesi. E per non parlare dei suoi polmoni. Si sentiva come se stesse cercando di trovare ossigeno nel mezzo di una nuvola calda di fumo.
Clank. Clank. Clank…
Quando fu in grado, sollevò la testa e mise a fuoco l’ambiente intorno. Dall’altra parte della sala pesi, un maschio enorme stava facendo esercizi con la pressa per le gambe in maniera lenta e controllata, gli avambracci gonfi per il modo in cui stringeva i manici ai fianchi, i muscoli delle cosce scolpiti nella pietra, le vene in evidenza ovunque.
Lui la stava fissando, ma non in modo inquietante.
Più nella maniera da okay è il momento di chiamare un dottore.
“Sto bene,” disse lei, distogliendo lo sguardo. Anche se con le cuffie alle orecchie, non è che potesse sentirla.
Stobene. Stobene. Nodavverostobene…
Piegandosi di lato, afferrò un asciugamano bianco nuovo da una pila su una delle panche e si ripulì. Il centro di addestramento della Confraternita del Pugnale Nero era un esempio di luogo all’avanguardia, il meglio del meglio, livello professionale in tutto e per tutto: da questo inattaccabile sotterraneo di dolore auto-inflitto al poligono di tiro, le aule, la piscina olimpica, la palestra, e poi la clinica medica, la struttura per la terapia fisica, le sale operatorie, nessuna spesa era stata risparmiata, e la manutenzione era tanto meticolosa quanto costosa.
Con un clank finale, il maschio si raddrizzò, consentendo al suo volto di essere visibile. Aveva i capelli castano scuro che erano stati tagliati di recente, i lati così corti da essere quasi rasati, mentre sulla parte superiore sinistra erano lunghi e sciolti. Gli occhi erano di una tonalità di marrone, e aveva un aspetto tipicamente americano – be’, tranne per le zanne, che erano in puro stile Bram Stoker, e il fatto che non fosse più umano o americano di lei. La maglietta bianca senza maniche aderente che indossava era incredibilmente tesa, mentre si stirava sopra i suoi enormi pettorali, e la pelle scura senza peli era esattamente la stessa cosa, tesa quasi al punto di cedimento strutturale lungo i suoi muscoli addominali e dorsali.
Non aveva tatuaggi. Niente atteggiamenti scorretti. Indumenti non ricercati, e parlava raramente – se apriva la bocca, era sempre per questioni di carattere logistico, tipo, quale attrezzo avrebbe dovuto usare dopo, o era questo il suo asciugamano? Era ineccepibilmente educato, distante come un orizzonte, e apparentemente ignaro che lei fosse una femmina.
In breve, questo straniero era il suo nuovo miglior amico. Anche se non conosceva il suo nome.
E passavano un sacco di tempo insieme. Alla fine di ogni nottata che le reclute trascorrevano in casa, loro due erano qui da soli; i Fratelli lavoravano durante il giorno, mentre le altre matricole erano già esauste da qualsiasi cosa avessero fatto in classe.
Novo, comunque, aveva sempre energia da sprecare.
Fanculo agli Energy o Xenadrine che durano 5 ore. I demoni personali erano moooooolto meglio per farti mettere in moto le chiappe.
Oh, e poi c’era l’altro motivo per cui preferiva vomitare in un sacco della spazzatura che avere a che fare con gli altri mentre aspettano il loro bus per portarli giù dalla montagna.
“Stai sanguinando.”
Novo sollevò di scatto la testa. Il maschio era in piedi accanto a lei, e quando si accigliò, le indicò le mani.
“Sanguini.”
Sollevando i palmi, vide che, già, stava certamente perdendo sangue. Si era dimenticata i guanti, e la sbarra con cui stava reggendo più di duecento venti chili l’aveva tagliata.
“Come ti chiami?” Chiese lei mentre premeva l’asciugamano nel punto scorticato.
Cavolo, quella cosa bruciava.
Quando non rispose, Novo sollevò di nuovo lo sguardo. E fu in quel momento che lui posò la mano sullo sterno e s’inchinò.
“Sono Ruhn.”
“Non devi farlo.” Piegò il tessuto di spugna a metà e asciugò di nuovo il viso. “La cosa dell’inchino. Non sono un membro della glymera.”
“Sei una femmina.”
“Quindi?” Quando sembrò onestamente confuso, si sentì una stronza. “Ad ogni modo, sono Novo, e ti stringerei la mano, ma… già.”
Mentre gli mostrava ciò che le aveva fatto notare, lui si schiarì la voce. “È un piacere conoscerti.”
Il suo accento era come il suo, senza le altere vocali lunghe dell’aristocrazia, e istantaneamente le piacque ancora di più. Come diceva sempre suo padre, la gente ricca può permettersi di parlare lentamente perché non deve lavorare per vivere.
Il che rendeva quel gruppo di mezzecalzette titolate davvero duro da rispettare o prendere seriamente.
“Ti unirai al programma?” Chiese.
“Cioè?”
“Il programma di addestramento?”
“No. Sono qui solo per allenarmi.”
Le rivolse un sorriso – come se ciò includesse la sua intera vita così come tutti i suoi piani per il futuro – e poi passò oltre verso la barra per le trazioni addominali. Le serie che fece furono incredibili. Veloci, ma controllate, ripetutamente, finché non perse il conto. E lui continuò a farle.
Quando finalmente si fermò, stava respirando profondamente, ma senza essere affaticato.
“Quindi perché non lo fai?”
“Cosa?” disse lui con sorpresa. Quasi come se si fosse dimenticato che lei era ancora seduta lì.
“Il programma di addestramento. Perché non ti unisci a noi?”
Scosse la testa bruscamente. “Non sono un combattente.”
“Dovresti esserlo. Sei davvero forte.”
“Sono solo abituato al lavoro manuale. È per quello che sono così.” Si interruppe. “Sei nel programma?”
“Già.”
“Combatti?”
“Oh , sì. E mi piace. Mi piace vincere e mi piace infliggere dolore agli altri. Particolarmente i lesser.” Quando gli occhi di lui si spalancarono, lei ruotò i suoi. “Sì, le femmine possono essere così. Non abbiamo bisogno del permesso per essere aggressive o forti. O per uccidere.”
Quando Ruhn si voltò, afferrando di nuovo la barra per le trazioni, e riprese il suo allenamento, si maledì.
“Mi dispiace,” borbottò. “Non era diretto a te.”
“C’è qualcun altro qui?” Disse lui tra le serie di sollevamenti.
“No.” Si mise in piedi e scosse la testa. “Come ho detto, mi dispiace…”
“È tutto a posto.” Su. E giù. “Ma…” Su. E giù. “…perché non stai…” Su. E giù. “…con loro?”
“Le altre reclute?” Guardò l’orologio sul muro. “Sono felici di oziare prima che arrivi il bus. Odio gironzolare. In effetti, è ora di andare. Ci vediamo.”
Era quasi alla porta quando lui parlò ad alta voce. “Non dovresti farlo.”
Novo lanciò uno sguardo oltre la spalla.”Scusami?”
Ruhn annuì verso il cesto della spazzatura. “Vomiti un sacco quando ti alleni. Non è salutare. Esageri troppo.”
“Tu non mi conosci.”
“Non devo.”
Novo aprì la bocca per dirgli di tenere per sé il suo complesso di superiorità, ma lui semplicemente si voltò e riprese quelle sue trazioni addominali.
Oh, giusto, pensò. Fottutamente bene. Perché non vado a guardare i video di Tasty su BuzzFeed e a fare dei selfie in pose yoga.
#zonavietatovomitare
Con l’umore che peggiorava, avrebbe voluto scontrarsi con lui. Anche se era stanca al punto di essere irragionevole, e lui poteva aver ragione riguardo alle vomitate, vaffanculo. Vivi e lascia vivere, okay?
O, vivi e lascia all’autodistruzione.
Be’, era la stessa cosa.
Ma va be’. Nessuna ragione di discutere con uno estraneo in merito a qualcosa che non aveva intenzione di fare in modo diverso.
Fuori nel corridoio, l’aria era più fredda – o forse era solo un caso di percezione – il lungo scivolo verso il parcheggio, con le pareti in cemento, la faceva sembrare come se ci fosse un sacco di aria in più a disposizione. Costringendosi ad andare avanti, si diresse verso lo spogliatoio che usavano lei e Paradise in quanto le sole due femmine del programma. E nell’attimo in cui entrò, chiuse gli occhi e prese in considerazione di andare a casa sudata e disgustosa.
Figliadiputtana.
Quel dannato profumo.
Lo shampoo di Paradise era come vernice spray sui muri, moquette sul pavimento, ventilatori a soffitto che turbinavano a migliaia di chilometri all’ora, luci stroboscopiche e una palla da discoteca: nella stanza angusta, occupava ogni metro quadrato di spazio.
Cosa era peggio? Non è che la femmina fosse odiosa o incompetente, o una bambola Barbie che poteva essere considerata inutile come Taylor Swift in un mondo Nirvana. Paradise era stata quella che era durata più a lungo durante quell’infernale orientamento, ed era eccezionale sul campo, con riflessi sorprendentemente veloci e una mira perfetta che doveva essere vista in azione per poterci credere.
Ma c’era un’altra cosa in cui era brava.
E anche se Novo non aveva nessun diritto di prestare attenzione, nessuna ragione per notarlo e nessun motivo per preoccuparsene, era irritante, in modo sublime guardare Peyton fissarla furtivamente, indugiare sulle porte e osservare con faccia estatica ogni volta che la femmina rideva.
L’unica cosa che era ancora più irritante? Che quella roba era continuamente sotto gli occhi di Novo.
Peyton, figlio di Peythone, non era qualcosa a cui era interessata. Dopo tutto, alcune cose, come non offrirsi volontario per l’amputazione di un arto fondamentale, erano evidenti.
In più salve, storia personale.
Non con lui in modo specifico. Eppure.
Quindi il fatto che avesse addirittura notato la fissazione di Peyton per quell’altra femmina era abbastanza da far desiderare a Novo di prendersi a calci in culo da sola.
Mentre si voltava per dirigersi verso le docce, vide se stessa su uno specchio a figura intera – un’istallazione che era proprio sicura non ci fosse nello spogliatoio dei maschi.
Il che era davvero così dannatamente sessista…
I suoi pensieri decisero di uscire di scena su quella invettiva familiare quando colsero il suo riflesso. Gli occhi erano diventati dei buchi infossati, il suo stomaco, lasciato scoperto tra il reggiseno sportivo e i leggins, era concavo, e le gambe erano gonfie di muscoli tranne per i rigidi nodi ossuti delle sue rotule.
Né fianchi, né tette, nessun identificatore femminile… anche i suoi lunghi capelli erano imprigionati in una treccia che pendeva come se stesse cercando di proteggersi da potenti ventilatori da entrambi i lati della sua spina dorsale.
Novo annuì a se stessa approvando.
Non avrebbe voluto le cose in altro modo.
Paradise poteva tenersi quella roba da bambola figa e tutti gli sguardi furtivi del mondo. Molto meglio essere forti invece di sexy. L’ultima cosa ti faceva sentire ammirata.
La prima ti teneva al sicuro.
Traduzione a cura di:
Editing a cura di:
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