La fama di Ranulf Ombrier per la sua abilità con la spada è pari solo alla sua notorietà come assassino prediletto di re Edward I. Le sue azioni gli hanno fatto guadagnare terre, un titolo e una pessima reputazione. Ma inizia a temere per la sua anima e segue la sua coscienza fino alle terre selvagge del Galles. Gwenllian di Ruardean, da fanciulla, è stata maritata per procura, solo per ritrovarsi vedova prima ancora di incontrare il suo sposo. Ha evitato di fare la vita di una dama, studiando invece le arti della guerra, del combattimento e della guarigione, arte quest’ultima che usa per curare le ferite di Ranulf. Salvare la vita del suo nemico, però, ha delle conseguenze e, ben presto, Gwenllian e Ranulf si ritrovano coinvolti in pericolosi intrighi, scoprendo anche un sorprendente e intenso desiderio reciproco. Ma nemmeno l’amore conquistato a fatica può prosperare, quando la lealtà è divisa e venti di ribellione spazzano la terra.
Ho appena finito la lettura di questo splendido libro e mi sto chiedendo quali possano essere le parole migliori per descrivere le emozioni e le sensazioni che mi ha dato. Comincio dicendovi di non aspettarvi uno storico tale solo di nome: questo è un romanzo davvero accurato nell’ambientazione, nel linguaggio, nelle sensazioni, nell’animo e nelle menti dei suoi protagonisti. Già, i protagonisti. Perfetti, nella loro imperfezione, vivono le loro vite e sono quello che il fato ha deciso che fossero, ma, in nulla di tutto questo, riconoscono se stessi. Il destino beffardo li fa incontrare nel fango e nel buio di una capanna nelle colline gallesi:
Non poteva essere l’angelo che lui aveva chiesto. Aveva pronunciato il suo nome, il che andava contro il suo espresso desiderio. Gli pareva che lo avesse pronunciato. Gli stava premendo di nuovo il boccale contro le labbra, ma lui fece resistenza e si costrinse a guardarla, sopportando il dolore della luce che gli andava negli occhi, per vedere quale genere di creatura gli stesse reggendo la testa: morte, oppure vita? Sul suo viso non c’era alcuna indicazione di cosa lei fosse. La morte di sicuro non avrebbe avuto un aspetto così paziente e quasi gentile, né una bocca così carnosa e piena come una melagrana. Una bocca terrena e umana. Fatta per cose terrene e umane. Come se lei conoscesse la china lussuriosa che i suoi pensieri avevano preso, le ciglia pesanti si sollevarono a rivelare occhi di un sorprendente grigio chiaro, e che fosse mortale o no non ebbe più importanza. Qualunque cosa fosse era qualcosa di santo, qualcosa inviato a cercare i lacerti di anima rimasti dentro di lui. Lo seppe con un singolo sguardo, e rendersene conto lo bruciò come se avesse carboni ardenti sulla sua pelle. Gli occhi di lei gli guardavano dentro, la sua mano reggeva il boccale, e lui non osò disobbedire. Bevve quel sorso amaro, senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi. E con quell’atto seppe di essersi legato a lei senza che tra loro fosse stata pronunciata una sola parola.
Ranulf, normanno, fama di assassino a sangue freddo, sicario del re, spietato guerriero dalla fama sinistra, in cerca di misericordia, e Gwenllian, il destino scritto nel nome, guaritrice e imbattibile con la spada, il corpo duro forgiato per essere un soldato, non una dolce dama:
No, non un uomo, ma una donna che conosceva la vita degli uomini. Da bambina, quando aveva iniziato, aveva dovuto dimostrare di essere forte quanto i suoi cugini, perché loro la accettassero. E poi aveva dovuto dimostrare di essere più forte di loro, e poi di essere la più forte di tutti… fino a che, ora, se mostrava anche solo il minimo accenno di debolezza, era come se non avesse mai fatto nulla in vita sua tranne stare seduta nel solario a ricamare e fare pettegolezzi. E poi aveva dovuto dimostrare di poter combattere bene quanto loro… e poi meglio, poi meglio ancora, fino a che, ora, doveva essere imbattibile, oppure sarebbe stato come se non avesse mai impugnato la spada.
Un avvenimento lontano lega le loro vite a doppio filo, e i nodi devono essere sciolti. O tagliati di netto con un pugnale affilato. La via che scelgono, invece, è quella del riconoscersi, esseri lacerati nei loro ruoli, e di innamorarsi, malgrado tutto. Tra rivendicazioni, lotte per il potere, sospetti e tradimenti, loro si riconoscono e si amano per quello che sono in realtà, perché la rabbia, il dolore, la paura, sono gli stessi e solo chi li ha negli occhi li riconosce in altri occhi:
Era stato quello sguardo a rimanerle dentro, visitando i suoi sogni ogni notte sin da quando lui l’aveva toccata, e ogni minuto da quando erano giunti a Windsor. Uno sguardo raro, diretto e semplice. Con la stessa chiarezza che se lui avesse pronunciato parole sotto giuramento, lei aveva conosciuto il suo intento. Aveva saputo che lui l’avrebbe protetta da scorno e vergogna. Dio solo sapeva il perché. Era più schiava del ricordo di quello sguardo di quanto lo fosse stata della sua bocca, delle sue mani.
Personaggi complessi, profondi, sfaccettati, in uno dei momenti più bui e sanguinosi della storia britannica, quella storia che non solo si muove intorno a loro, ma vuole usarli. Però, insieme, sono più forti e, insieme, al di là dei sospetti e delle trappole, resistono e vincono. Vincono il diritto di stare insieme. A casa, finalmente.
Un romanzo storico che consiglio di cuore e una menzione speciale alla traduzione, non facile né mai banale nelle scelte lessicali e sintattiche. Grazie Quixote, per averci regalato questo piccolo gioiello.
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