♦ Amarganta (acquistabile qui) ♦
Will incontra per la prima volta Bran nel 1963. Will è un meccanico di 28 anni e trascorre una sera a settimana in un bar insieme a uomini soli e nascosti come lui. Bran è un bambino senza padre e non sa nuotare. Will aiuta Bran al meglio, lo vede crescere, finché a diciotto anni, Bran trova lavoro in un ranch. Tornerà con uno scopo preciso: essere iniziato da Will a quell’amore proibito da cui si sente a sua volta avvinto. Bran non ha molto tempo perché è stato chiamato alle armi, dovrà combattere in Vietnam. Ma Bran sa che la battaglia più dura, tuttavia, sarà al suo ritorno, quando diventerà un soldato in più nelle fila degli uomini che vivono la loro vita apertamente. Senza nascondersi.
Benché si tratti di un romanzo breve, solo 64 pagine, devo confessare che è stata una delle recensioni più difficili da fare per me finora. Non fraintendetemi, tutto ciò non ha nulla a che fare col fatto che il libro abbia qualche difetto, tutt’altro. Il problema in realtà è che la storia, seppur breve, è così bella e coinvolgente da rendere necessario un certo periodo di sedimentazione prima di poter scrivere qualcosa di diverso da “oh-mio-dio-quanto-è-bella”, con il fazzoletto in mano.
Dicevamo quindi, storia breve ma intensa, con molteplici livelli di lettura e argomenti anche molto seri e difficili che, anche se solo accennati, non lasciano un senso d’incompiuto ma danno maggiore concretezza al contesto in cui si muovono i protagonisti.
Innanzitutto il periodo storico, quel decennio che ha portato profondi cambiamenti nella società americana, dove per la prima volta le minoranze hanno cominciato ad alzare la testa e a gridare “ehi io ci sono, non potete ignorare me e i miei diritti”.
E Bran si considera proprio un soldato nell’esercito di chi invoca la libertà ad amare alla luce del sole, in contrapposizione a Will che, dopo una vita passata a cercare il piacere di nascosto non si sente parte di questa guerra.
Vi è poi anche la differenza di età tra i due, che viene vista da Will, almeno inizialmente, come un ostacolo. Will conosce Bran quando questi è solo un ragazzino pelle e ossa e lui già un adulto segnato dalla vita. In un certo senso diventa per lui la figura maschile di riferimento, gioisce dei suoi successi e soffre per le scelte che la vita gli impone.
Quando si rivedono dopo anni, quello che si trova davanti non è più il ragazzino allampanato di una volta, ma un giovane uomo molto avvenente e provocante. Nonostante i tentativi di seduzione Will fatica a scindere il bambino dall’adulto, ed è solo la consapevolezza che da parte di Bran c’è desiderio vero, unito alla paura che non ci possa essere un domani, che lo spinge tra le braccia di Bran.
«Will» sussurrò contro le mie labbra «tra meno di sei mesi, l’esercito americano mi metterà un fucile tra le mani e farà di me un assassino. Se sono grande abbastanza per quello, come posso non esserlo per questo?».
Molto belle e delicate le scene hot, anche se esplicite, con l’iniziazione di Bran ai piaceri del sesso che avviene per gradi e che mostra, prima ancora della dichiarazione vera e propria, quanto amore ci sia dietro le azioni di Will.
I nostri pomeriggi in piscina erano stati intimi e divertenti. Questo era qualcosa di assolutamente diverso, qualcosa di primordiale ed ero perso esattamente quanto lui, senza pensiero alcuno. Solo quel senso di urgenza e di dolore e piacere, uno sull’altro, parte l’uno dell’altro, nessuno dei due in grado di annullare l’altro. Non sapevo neppure chi dei due facesse cosa, entrambi ci spingevamo oltre, ci spostavamo più in alto.
ATTENZIONE POSSIBILE SPOILER
Ci sarebbe potuto essere un futuro?
La dichiarazione d’amore era profonda o solo dettata dal trasporto del momento? Non ci è dato saperlo perché il destino ha deciso diversamente. Comunque non è importante, perché ciò che conta veramente è la presa di coscienza di Will che, vedendosi privato della possibilità di esternare il proprio dolore per la perdita della persona amata, decide di intraprendere la strada mostratagli da Bran e diventare un soldato in più nella lotta per la libertà.
«Ho lavorato con un ragazzo nero laggiù, al ranch. Parlava sempre di “guerra delle razze”. Bene, anche la nostra gente sta combattendo una guerra, Will. Ci sono uomini come noi che vivono le loro vite apertamente. Senza nascondersi affatto. Ognuno di loro è un soldato nella nostra guerra. Quando tornerò a casa, non mi nasconderò. Combatterò.» «Combatterai chi?» Domandai esasperato, ma lui sembrava non prestarmi più attenzione. «Tutti.» «Per cosa?» «La verità» disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Penso che tu sia matto.» «Forse» rispose «ma non me ne importa. Quando tornerò a casa dal Vietnam, andrò a San Francisco. La nostra gente a Cali ha bisogno di avere un soldato in più.»
E viene da pensare a quante storie simili ci siano alle spalle di chi ha combattuto le battaglie di quegli anni per ottenere diritti che dovrebbero essere naturali, e quante di chi ancora quelle battaglie, le combatte. E forse anche noi dovremmo ascoltare il richiamo alle armi della guerra per il diritto ad amare, perché c’è sempre bisogno di un soldato in più.
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