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Tre amici e le loro bravate, l’ingenuità, il sogno, l’incoscienza, la malattia, l’omosessualità, gli abusi e “la morte che pone fine a una vita, non a una relazione”. Due registri diametralmente opposti, il giorno e la notte, la gioia e il dolore, scandiscono il ritmo e le sensazioni.
Il primo all’insegna dell’adolescenza, dei giochi, la spensieratezza, o presunta tale, e un viaggio che segna la fine di un’epoca. Il viaggio più strampalato e impraticabile cui si possa ardire.
L’altro registro assume toni e circostanze drammatiche e anche l’inesorabile e lento spegnersi del protagonista finisce in secondo piano spodestato dai racconti della sua adolescenza. Il progressivo disvelarsi dell’omosessualità di Raffaele si impossessa della scena ma le scoperte circa la sua malattia e la sua convivenza con don Peppino, benefattore incontrato all’oratorio del Santuario della Madonna di Pompei, rubano la scena e infittiscono la trama.
L’ordine cronologico non viene rispettato. Raffaele racconta, e chiede di raccontare, avvenimenti assolutamente disparati nei toni, nei tempi e nelle ambientazioni. Il suo umore e le sue condizioni fisiche la fanno da padrone. Il tempo stringe e non intende terminare il suo viaggio terreno tormentato da rimorsi e rimpianti. Nulla vorrebbe fosse indiviso, incompiuto. Dove può, mette rimedio, ma alcuni avvenimenti non dipendono dalla sua sola volontà e così la madre, sorda e tracotante, incapace di accettare la sua natura, nulla compie nonostante il richiamo disperato del figlio morente la vorrebbe al suo capezzale.
Un romanzo d’Amore. E non si intenda quello che alberga tra uomo e donna o tra persone dello stesso sesso. Si narra anche dell’amore che lega indissolubilmente le vite di tre amici, amici da bambini e fin all’ultimo respiro, dell’amore incredibilmente incompiuto, non corrisposto, tra una madre e un figlio, dell’amore per un fratello e per una sorella. Dell’amore per “l’uomo dei due sogni” e l’escamotage che finge utilizzare il protagonista attuando una fuga al fine di raggiungere il più grande calciatore di tutti i tempi all’alba della finale dei mondiali di “Mexico ‘86”, dell’amore per padri assenti e silenti, dell’amore che resta comunque e sempre più forte della morte.
Prima di tutto un ringraziamento a Mario Artiaco per avermi dato l’opportunità di leggere questo suo libro quando ancora doveva essere pubblicato, addirittura in fase di prima revisione, accordandomi una fiducia che spero potermi meritare, e poi un ulteriore grazie di cuore per averlo scritto, per averci fatto conoscere la storia del gigante buono: Raffaele, nome, questo, fittizio al contrario della storia che finta non lo è affatto.
Si tratta, infatti, del racconto reale della vita di tre ragazzi, dagli albori della loro amicizia fino all’epilogo, sancito dalla prematura scomparsa a causa di una malattia che ancora si fa fatica a pronunciare, il cancro, di colui intorno al quale ruotano tutte le vicende. Non si tratta però di una vera e propria fine, perché il ricordo dell’amico è ancora forte e la sua presenza, anche se non fisica, ancora tanto potente da aver spinto l’autore, che è uno dei tre ragazzi, a voler far conoscere la sua storia, segno evidente che la morte non è la fine di tutto, ma l’amore che abbiamo saputo suscitare in chi ci sta intorno non cesserà mai e ci mantiene “vivi”.
Il racconto di una vita difficile quella di Raffaele, fin dall’inizio si capisce che qualcosa tormenta questo ragazzone, buono, semplice, sempre con un cappellino in testa e talmente appassionato di calcio da riuscire a convincere gli amici a recarsi in Messico per assistere alla finale dei mondiali con una barca a remi (esilarante questo episodio). Andando avanti con la lettura si apprendono sempre più cose, che nella mia ingenuità non avrei mai creduto potessero capitare: praticamente viene venduto dalla madre ad un vecchio pervertito che ne abusa e lo fa sentire in colpa dopo la scoperta della sua omosessualità, a causa della quale viene allontanato dalla famiglia e isolato. Quando Raffaele riesce finalmente, con un atto di forza, ad uscire dalla situazione e, nel tempo, a trovare un compagno deve affrontare una nuova prova, quella finale e più difficile di tutte. Il suo coraggio, la sua forza e determinazione sono da esempio per tutti, fino alla fine lotta per vivere e per risolvere tutte le questioni che ritiene di avere in sospeso, soprattutto il rapporto con la madre, che fino all’ultimo gli nega la sua presenza, salvo poi, quando accade l’inevitabile, presentarsi al suo capezzale piangendo e disperandosi, quanto l’ho odiata!
Devo ammettere che inizialmente ho avuto qualche difficoltà a seguire lo svolgimento dei fatti, in quanto si alternano e si sovrappongono i diversi momenti, si passa dal racconto attuale ai ricordi del passato, ma procedendo viene tutto superato e la lettura scorre veloce, fino a quando le lacrime mi hanno causato alcuni problemi e mi sono dovuta fermare più volte.
In conclusione non posso far altro che consigliarvene la lettura, con la consapevolezza che non si tratta di una storia fatta per trascorrere ore spensierate, ma per riflettere su temi importanti: l’amore, l’amicizia, il pregiudizio.
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