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Emmie Elliot non aveva in programma di rimettere piede a Metlin, in California, e di sicuro non pensava di restarci. Era tornata nella sua città natale con una missione: vendere l’edificio che ospitava la libreria di sua nonna, prima di andare avanti con la sua vita.
Tuttavia, le cose non vanno sempre secondo i piani e, quando Emmie cambia idea, decidendo di riaprire il negozio, serve qualcosa che attiri l’attenzione. Lei ha bisogno di una strategia e di… Ox?
Miles Oxford non è il tipo a cui piacciono le proprietarie di librerie dal carattere riservato. È un tatuatore senza un negozio in cui lavorare e l’ultima cosa che desidera, dopo la fine di una relazione disastrosa, è frequentare qualcuna. Per Ox non bisogna mai mischiare lavoro e piacere, ma, dato che non prova alcun interesse per quella ragazza carina che gli ha fatto una proposta d’affari audace, è sicuro che non si ritroverà in situazioni imbarazzanti e complicate… giusto?
Lei “vende inchiostro”. Lui lo usa per tatuare. Insolito? Sì. Tuttavia, una libreria/negozio di tatuaggi potrebbe essere il biglietto vincente per arrivare a ottenere quel successo che entrambi desiderano. A condizione che ci si concentri sugli affari.
Soltanto sugli affari.
Quando inizi e finisci un libro in due giorni, facendo anche altro, significa solo una cosa: quella storia ti è entrata dentro. Ed è esattamente quello che mi è successo. Sono tante le emozioni che ho provato leggendo “Ink”: prima di tutto mi sono divertita, cosa essenziale per un buon libro, poi mi sono innamorata, a tratti mi sono arrabbiata, soprattutto mi sono fatta coinvolgere non solo dai personaggi, ma anche dai luoghi descritti con abile maestria. Sono entrata più volte in libreria insieme a Emmie, girando tra gli scaffali, odorando il legno e le pagine fresche di stampa, mi sono seduta sulla sedia del negozio di tatuaggi di Ox e ho riscoperto la sensazione unica degli aghi che ti bucano la pelle mentre il tuo corpo viene dipinto, mi sono anche ritrovata coperta di fango e pioggia tra una vacca e una capra. Ho visto le strade di una classica cittadina americana, ho ammirato le montagne innevate, montato a cavallo e su un vecchio pick-up. Ho perso un ombrello in un ristorante, pianto un po’ per alcune insicurezze difficili da scacciare, e bevuto litri e litri di caffè.
“Ink” è la storia d’amore tra Emmie (Marianne Elliot), la libraia che sceglie la piccola città natia invece della grande metropoli (mettendo in gioco tutta se stessa), e Ox (Miles Oxford), grande, grosso, fico e tatuato (e ovviamente possessore di una Harley, cosa che lo mette subito ai piani alti della mia personale scala di figaggine dei personaggi librosi), nato e cresciuto in un ranch, che decide di scommettere per la prima volta su se stesso e aprire un negozio tutto suo, ma fatica terribilmente a lasciare la famiglia.
«Che tipo di moto hai? Ho venduto la mia auto, quindi stavo pensando di prendere uno di quei cruiser che vendono al Valley Cycle.»
Sogghignò. «Io ho una Harley.»
«Oh.» Una vampata di calore le imporporò il viso. «Ovviamente.» Era naturale che guidasse una motocicletta, perché i ragazzi dall’aspetto di muscolose divinità tatuate come Miles Oxford guidavano moto rombanti parecchio cromate. Probabilmente.
“Ink” è uno di quei romanzi che ti scalda il cuore, come una tazza di tè in un pomeriggio d’inverno, è una coccola che ti concedi facilmente, un sorriso che ti scoppia sul viso quando leggi la parola “fine”, perché sai che un pezzetto dei due protagonisti te lo porterai dentro, forse per sempre. Ogni donna è un po’ Emmie, pochi uomini sono Ox. Non perché lui sia macho-macho-macho in modo assurdo, ma perché alla fine scopre se stesso, lascia indietro il ragazzo e diventa uomo. Entrambi a volte andrebbero presi a palate sulle gengive, ma sono loro, sono così, con i loro dubbi, le incertezze. Emmie non si fida del tutto di Ox per le sue relazioni passate in cui non è mai riuscito a concludere molto, Ox è un sensuale bambinone che fino alla fine resta intrappolato in un “vorrei crescere ma forse non posso”, legato a perdite del passato e incombenze del presente che non gli appartengono veramente, ma di cui si fa carico.
La storia tra Emmie e Ox parte lenta, si conoscono, si desiderano, ma lavorando fianco a fianco (eh sì, il negozio di tatuaggi occupa una parte della vecchia libreria rimessa a nuovo), temono che mischiare lavoro e piacere possa alla fine dare come risultato, non solo un danno economico, ma anche dei cuori infranti. La Hunter scrive bene, accidenti se lo fa, e il crescendo di desiderio e conoscenza tra i personaggi che riesce a mettere nero su bianco, è una delle cose che mi fa amare così tanto il genere romance. Insomma, il sesso vero e proprio quasi non è essenziale quando trovi una tensione emozionale così intensa (comunque un po’ di rotolamento tra le lenzuola c’è, non vi preoccupate). Niente drammi assurdi tra loro, ma i problemi di tutti i giorni quelli sì, e parecchi. Una ex fidanzata pregna di rabbia repressa e una famiglia difficile da lasciare per lui, un altro spasimante che sembra proprio non voler mollare il colpo per lei. Di contorno un po’ di amici, alcuni veramente spassosi, altri di un certo spessore (parlatemi ancora di Spider, vi prego, quanto vorrei saperne di più su di lui). Il romanzo è autoconclusivo, che non guasta, forse in alcuni tratti un poco scontato, ma vale tutto il tempo passato a leggere. Un’ultima cosa, non lo dico spesso, però stavolta devo: la copertina di questo libro è “wow”, anzi, per citare una parola che i protagonisti ripetono spesso… “forte!”
Recensione a cura di:
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Qui l’autrice su Feel.
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