Il loro amore li ha portati a mentire
La loro verità li ha condotti alla fine
Brigs McGregor sta risorgendo dalle ceneri. Ha perso sua moglie e suo figlio in un incidente d’auto, e in preda allo sconforto ha perso anche il suo lavoro, ma finalmente sta voltando pagina. Gli viene assegnata una prestigiosa cattedra all’Università di Londra e lo aspetta una nuova vita in città. Lentamente, ma inesorabilmente, sta sconfiggendo il senso di colpa e si sta lasciando alle spalle il suo tragico passato.
Finché non incontra lei.
Natasha Trudeau amava un uomo così tanto che pensava di morire senza di lui. Ma il loro amore era sbagliato, destinato a finire già dall’inizio, e quando il loro mondo va in frantumi, Natasha rimane quasi sepolta sotto le macerie. Ci sono voluti anni per dimenticare, e ora che è a Londra è pronta a ricominciare.
Finché non incontra lui.
Alcuni amori sono troppo pericolosi per essere vissuti.
E alcuni amori sono troppo potenti per essere ignorati.
E no, diamine, proprio non ci siamo. Dopo la quasi perfezione della storia di Kayla e Lachlan, narrata nel terzo volume della serie, Karina Halle ritorna a toppare. Non è facile per me spiegare i motivi per cui ho trovato questo libro squilibrato, forzato, quasi una parodia in alcune scene, senza timore di essere fraintesa. Anche perché è solo quando arrivo ai ringraziamenti, che comprendo a pieno cosa abbia portato l’autrice a fare delle scelte a mio parere poco opportune nel raccontarci la storia di Brigs e Natasha. Questo volume avrebbe dovuto narrare di una relazione adulterina e delle sue terribili conseguenze, e della sofferenza dei due amanti per ciò che accade, dei sensi di colpa e lo strazio dell’anima, fino a rendere quasi impossibile continuare a vivere. E poi narrare del lungo percorso intrapreso dai due per tornare a una parvenza di vita, per imparare a convivere col dolore della perdita e la vergogna per gli errori commessi, fino ad accettare che la loro sola colpa, se così la si può definire, sia stata quella inevitabile di innamorarsi perdutamente l’uno dell’altro. Questo, fino al giorno in cui, quattro anni dopo, si rincontrano per caso e, pur comprendendo che sarebbe meglio per loro rimanere lontani, ora che le ferite hanno appena iniziato a cicatrizzarsi, il bisogno di ritrovarsi e di riscoprire quell’amore mai sopito, si rivela più forte dei tormenti e delle paure. Ciò detto, mi sarei aspettata una storia sofferta, intensa, che presentasse anche momenti di leggerezza, come è nello stile della Halle, e non una sequela di esasperazioni dovute all’ansia dell’autrice di porre nella miglior luce possibile la coppia di “fedifraghi”, a discapito della credibilità di tutti i personaggi, principali e secondari. Già! A mio parere l’intoppo che scompensa il tutto non sta affatto nell’argomento trattato, come la Halle confessa di temere nei ringraziamenti, ma proprio nel suo eccessivo tentativo di far piacere la coppia anche a quelle lettrici che giudicano il tradimento una colpa imperdonabile, caricando in maniera esagerata sull’onore e l’integrità morale di Brigs, sulla glacialità quasi robotica della moglie, sull’invidia della “migliore amica” di Tasha, e così via. A dimostrare la correttezza di Brigs basterebbe il fatto che, nonostante l’amore e l’attrazione che prova da mesi per Natasha, i due non abbiano mai fatto sesso, o il fatto che, prima di iniziare una vera relazione con Tasha, chieda la separazione alla moglie, consapevole che il loro matrimonio sia vuoto e infelice e che a unirli sia solo l’amore per il figlio. Basterebbe la scelta di Brigs di non voler vivere nella menzogna, in barba al titolo, che non ci azzecca niente. E invece, fin dal prologo, in cui è presente la scena potenzialmente più drammatica del libro, quella in cui moglie e figlio perdono la vita in un incidente, si scade decisamente nel ridicolo. Ma davvero il marito in procinto di chiedere il divorzio alla moglie, la fa prima accomodare sul divano, le porge da bere e le si inginocchia dinanzi? Tant’è che la moglie gli fa la stessa battuta che era venuta in mente a me: “vuoi chiedermi di nuovo di sposarti?”. Ma dai, ma su. Mi perdonerete se qui ho iniziato a ridacchiare e a pensare tra me e me “questo è il cugino scemo di Linden l’idiota. Stessi geni dell’imbecillità, perbacco.” E che dire della moglie che viene dipinta come un iceberg, interessata a fare la propria vita e a coltivare i propri interessi senza prestare la minima attenzione al povero diavolo, tanto da non scomporsi affatto se da mesi ormai l’elettroencefalogramma del suddetto rimane piatto in camera da letto. Anzi, la di lui signora ne approfitta per proporre camere separate, pensate un po’. E poi? Quando lui le chiede il divorzio, e finalmente direi, lei passa da gran dama di ghiaccio a pazza squilibrata nel giro di una manciata di secondi, tanto da prelevare il bambino mezzo addormentato, correre all’auto sotto il diluvio universale, con Brigs che la insegue nel fango cercando di fermarla, mettere in moto e filare via a tutta velocità, col risultato che già conosciamo. Con questo non voglio dire che tutto il libro sia una ciofeca, assolutamente no, ci sono anche momenti belli, commoventi, ben descritti, ma in linea generale tutti i personaggi vengono caratterizzati in maniera esasperata, tanto da risultare ben poco credibili, al limite del macchiettistico.
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