♦ Traduzione a cura di Cornelia Grey
L.A. Witt, acquistabile qui ♦
Il sottufficiale di prima classe Eric Randall non è certo entusiasta di essere trasferito a Okinawa. Tre lunghi anni solitari su un’isola di merda a migliaia di chilometri da sua figlia? Oh, sì. Non vede l’ora. Ma, finché è bloccato lì, tanto vale cercare di godersela, quindi esplora discretamente la scena gay del posto, dove incontra Shane Connelly.
Comincia tutto come un’avventura di una notte, ma vogliono di più; poi Eric scopre che Shane non solo è di rango più alto, è un ufficiale. Non è più illegale essere gay nella Marina ma, per un sottufficiale, avere una relazione con un ufficiale è considerato condotta indecorosa per un gentiluomo, e potrebbe costare a entrambi la carriera. Hanno tutti e due figli a cui pensare, future carriere da civili da considerare, e sono ormai vicini al congedo.
Ma non riescono a resistere l’uno all’altro. Passano segretamente le notti insieme e il loro desiderio di esplorare la bellissima isola di Okinawa è la scusa perfetta per passare insieme anche le giornate. Finché nessuno fa domande e loro non dicono niente, non c’è motivo per cui debbano essere scoperti.
Ma segreti del genere tendono sempre a venire a galla…
Non dovremmo farlo.
Dobbiamo farlo.
Non possiamo farlo.
Abbiamo bisogno di farlo.
Queste poche parole possono riassumere alla perfezione questo romanzo, descrivendo quello che provano i due protagonisti e la loro irresistibile attrazione. Entrambi stazionati in una base della Marina americana a Okinawa, si incontrano per caso in un locale e quella prima notte infuocata rende loro impossibile dimenticarsi, al punto che, persino dopo aver scoperto quanto le rispettive posizioni escludano qualsiasi rapporto troppo stretto, rivedersi è l’unica opzione che riescono ad accettare.
“Quindi, mi sa che non avrebbe senso scambiarci i numeri di telefono, eh?”
Guardai la mia mano passargli avanti e indietro sulla vita. “No. Probabilmente no.”
Non c’era nessun ‘probabilmente’. In teoria avremmo potuto essere amici. Non ero un suo superiore diretto. Lui non mi rispose. L’unico problema era che eravamo gay. Se qualcuno ci avesse visti passare regolarmente del tempo insieme? Avrebbero tratto un’unica conclusione, e quella conclusione sarebbe stata sia vera che il bacio della morte per le nostre carriere. In un momento in cui l’esercito stava riducendo il personale e la gente era ancora ostile all’abolizione del DADT, praticamente stavamo dando a chiunque la volesse la scusa perfetta per sbarazzarsi di noi.
Le scene di sesso sono molte, è innegabile, eppure L.A. Witt è abile a gestirle, mostrandoci l’evoluzione di un rapporto che non si limita al piano fisico e sfruttando l’ambientazione scelta per portare i due personaggi in luoghi di una bellezza unica.
“Pensi davvero che sia una buona idea?” chiesi.
“Per niente, se ci teniamo alle nostre carriere.” Si voltò verso di me. “E ci tengo alla mia carriera, ma questo…” Sospirò. “Per quanto mi ripeta che non dovremmo, la conclusione è sempre che voglio farlo.” Deglutì. “Che voglio te.”
L’autrice ha vissuto in Giappone e si capisce dal modo in cui parla dello straniamento di trovarsi in un luogo talmente straniero che addirittura i cartelli stradali ti fanno percepire la nostalgia di casa. Nel medesimo tempo, però, ci permette di scoprirlo attraverso gli occhi di Eric e le spiegazioni di Shane, che funge da guida vivendo lì da più tempo. I castelli e le isole visitati dalla coppia diventano lo sfondo del loro inesorabile innamorarsi, luoghi affascinanti e meravigliosi le cui atmosfere sono descritte così bene che pare di essere lì insieme ai personaggi. Quando si parla dei posti legati alla Seconda Guerra Mondiale, in particolare, la narrazione assume dei tratti toccanti, sobri eppure chiaramente molto sentiti.
Alla fine Eric parlò, senza alzare lo sguardo.
“Non dovremmo essere costretti a fare i genitori due settimane alla volta,” sussurrò. “I nostri figli meritano di meglio.”
“E anche noi,” dissi, strofinandogli delicatamente la nuca.
“Ma l’abbiamo scelto noi.” Il suo tono era chiaramente amareggiato. “Abbiamo venduto l’anima al fottuto Zio Sam per poterci fare sparare addosso e sentire la mancanza dei nostri figli più di quanto riusciamo a vederli.”
La possibilità di una storia d’amore non è l’unica cosa che la Marina nega a Shane ed Eric, entrambi hanno rinunciato a moltissimo in nome del lavoro, a partire dal tempo trascorso con i figli. Le loro differenze come padri sono un altro modo in cui L.A. Witt ci racconta cosa significhi avere una famiglia per dei militari come loro, mostrandocelo brevemente anche tramite altri personaggi e le loro vicende.
Essere a rischio di un’accusa di condotta indecorosa per un gentiluomo comporta mantenere il segreto sulla loro relazione e questo, ovviamente, non sarà possibile per sempre: Eric e Shane dovranno dare un nome a ciò che provano e decidere se valga la pena affrontarne le conseguenze, oppure se esista una soluzione al problema. Forse l’epilogo finale è leggermente affrettato, ma la cosa non incide troppo su questa bella storia.
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