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Mar dei Caraibi, 1669.
Il Capitano Lennox ha appena affondato una nave nemica e riportato a bordo del suo vascello un ricco bottino, ma non trae alcun piacere da quell’effimera vittoria.
Il suo animo è segnato da una profonda cicatrice, proprio come il suo viso. Ha scordato il calore e la tenerezza. Non crede nell’amicizia, non cerca legami. Tutto ciò che desidera è la vendetta.
Nessuno tra i suoi uomini è in grado di capirlo fino in fondo. Almeno fino all’arrivo di Jack Smith, l’ultimo acquisto della ciurma, il giovane uomo che tiene sempre la schiena ben dritta, anche se ha provato sulla propria pelle il morso della frusta. Forse lui potrebbe comprendere.
Lennox lo osserva e prova emozioni contrastanti. Jack risveglia i suoi sensi, lo incuriosisce, riesce ad abbattere le sue difese. Il Capitano ne è quasi spaventato. Ha una missione da compiere, un giuramento al quale tenere fede, non può lasciarsi distrarre.
Eppure non c’è scampo. Jack lo travolge con la forza di una tempesta. Lo spinge a porsi domande scomode. Il passato conta più del presente? Davvero per quelli come lui non esiste un futuro? È sensato sperare ancora nella felicità?
Trovare le risposte a questi interrogativi, per Edward Lennox sarà l’impresa più rischiosa di tutte.
Edward si schermò gli occhi con la mano e guardò in su, verso la punta dell’albero di mezzana. Per quanto non fosse il più alto della nave, arrivare fino in cima rappresentava comunque una bella scalata. E Jack era appollaiato lassù, sull’ultimo pennone. Stava lavorando per finire di fissare il troncone finale che lo sovrastava e perfino da quella distanza era possibile notare che la sua schiena aveva i muscoli tesi ed era lucida di sudore. Ciononostante, Jack sembrava totalmente a proprio agio. E non si poteva nemmeno accusarlo di soffrire di vertigini.
Il lavoro era quasi finito e presto Jack e i due uomini che lo stavano aiutando sarebbero scesi di nuovo sul ponte. Di sicuro sarebbero stati accaldati; il sole picchiava da ore, anche se in alto la brezza doveva mitigare la sensazione di afa. Quel tipo di operazioni venivano lasciate per le ore più fresche della giornata, ma andavano comunque completate finché c’era abbastanza luce. Bisognava stare attenti a tutto: alla propria incolumità e a quella dell’alberatura e delle vele. Bastava un giramento di testa o un piede messo in fallo per fare una pessima fine e, intanto, ci si doveva concentrare sulle riparazioni perché dovevano essere eseguite a regola d’arte.
«Vecchio.» Edward chiamò a sé il Nostromo. «Fai portare dell’acqua fresca e qualcosa da mangiare a Mastro Smith e alla sua squadra quando tornano giù. Se lo sono meritato.»
McGrann, che aveva lo sguardo puntato nella stessa direzione del suo, grugnì una riposta affermativa e Edward disse: «Bene,» e poi si avviò con tutta calma verso la sua cabina. Doveva ammettere che avrebbe preferito restare a godersi lo spettacolo, perché la vista era decisamente intrigante, ma appunto per quello era meglio allontanarsi. E poi anche a lui non mancavano le incombenze di cui occuparsi.
Avrebbe dovuto essere maggiormente turbato dal fatto che osservare Jack gli aveva risvegliato istinti per nulla casti e morigerati. In un’altra occasione si sarebbe infastidito o arrovellato, quel giorno no. Non sapeva spiegare il motivo ma, tanto per cambiare, era di ottimo umore ed era intenzionato a restarci.
La Barebones sembrava appena uscita dal cantiere in cui era stata costruita, i venti erano favorevoli, la stiva era piena di provviste. A breve la nave sarebbe salpata in cerca di nuove prede e Edward non vedeva l’ora. Si sentiva energico e aveva voglia di avventure, anche a prescindere dal suo odio per gli inglesi.
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