♦ Traduzione a cura di Cristina Bruni
Triskell Edizioni, acquistabile qui ♦
Sono trascorsi tre mesi da quando hanno sparato al detective Jared MacLean. È in via di guarigione, ma teme di non riuscire a rimettersi abbastanza da tornare al lavoro. Non ha però alcuna intenzione di arrendersi. La sua identità di poliziotto è ben radicata nelle sue vene e farà il possibile per riprendersi il distintivo.
Un tempo, Tony desiderava che Mac rimanesse per sempre a casa, al sicuro, ma vedere il marito combattere i suoi handicap è qualcosa di completamente diverso da un sogno che si avvera.
Quando Mac è chiamato a offrire una consulenza per un’indagine che riguarda uno degli studenti di Tony, dovranno entrambi affrontare vecchi demoni e nuove paure per trovare il modo di continuare il loro cammino assieme.
L’ultimo capitolo di una serie molto amata ha sempre un sapore dolceamaro, perché alla gioia di vedere finalmente dei personaggi a cui si è affezionati trovare la tanto meritata felicità, si aggiunge un briciolo di nostalgia per essere costretti a salutarli per l’ultima volta.
Tony e Mac hanno percorso moltissima strada, sono cresciuti e hanno lottato per formare la loro famiglia, è tempo di lasciarli alla loro serenità, ma questo non significa che non ci mancheranno. Il romanzo inizia qualche mese dopo la conclusione di quello precedente e li vediamo ancora alle prese con le conseguenze del ferimento di Mac, che sta lavorando duramente per recuperare fluidità di linguaggio ed essere riammesso al lavoro. I suoi progressi sono stati impressionanti eppure, al di là delle conseguenze fisiche, a colpire di più e far letteralmente stringere il cuore per lui è vedere come l’aggressione l’abbia segnato nella psiche, minando alla base la sua sicurezza di sé. Senza snaturarlo, l’autrice è stata abile a farci vivere insieme a lui cosa significhi subire un trauma del genere e doverci convivere ogni giorno, impegnandosi con caparbietà per superarlo e ritornare alla propria vita.
Gli bastavano cinque minuti dall’istante in cui Tony varcava la soglia per spogliare suo marito, preparalo ed essere dentro di lui. Tre minuti, nei giorni in cui avevano più fretta. Nulla riusciva a rimettere a posto le cose meglio di quello. E poi si raddrizzava, si puliva e si rivestiva, gli occhi fissi su un Tony beato e disteso sul letto, sul divano o, diamine, sul tavolo in cucina. Poi andava a prendere i bambini, sapendo che a casa Tony si faceva la doccia, metteva in ordine e aspettava il loro ritorno. Un tempo, pensava che la parola “casa” non avrebbe mai potuto significare qualcosa di più profondo. E invece si era sbagliato.
La forza di Mac deriva in gran parte dalla sicurezza donatagli dal rapporto con Tony, l’amore che li unisce non viene mai messo in discussione e li sostiene in ogni istante. Anche Tony deve fare i conti con quanto accaduto: la paura di perdere il marito non lo abbandona mai, tuttavia si rende anche conto che chiedergli di rinunciare a un lavoro che è una missione di vita non sarebbe giusto nei suoi confronti, nonostante la tentazione sia costantemente in agguato dentro di lui. Ancora una volata, in molti frangenti, è la forza d’animo di Tony a guidare la coppia, mantenendola salda di fronte alle difficoltà.
Mac lo abbracciò. «I veri nonni di Anna… loro sì che non sono la stessa cosa.»
Tony evitò con fatica di irrigidirsi. Era la seconda volta in poco tempo che Mac accennava ai suoi genitori. Forse era finalmente pronto a parlarne. «Credi che proverai ancora a farglieli conoscere?»
«No.» Mac esitò. «Forse. Quando sarà grande, magari, potrebbe incontrare mia madre. O magari no. Mia mamma non sarebbe capace di andare abbastanza oltre il colore della sua pelle da vederla davvero.»
«Anna è asiatica solo a metà. Si nota a malapena.»
«Ai tuoi occhi. I miei sono, mmm, dei bigotti che sbraitano.»
«Ci vuole un cuore duro come la pietra per resistere ad Anna.» Tony si era innamorato della figlia di Mac fin da subito. Anna scintillava.
Il ruolo di genitori occupa gran parte delle loro giornate, adesso che la loro famiglia si è stabilizzata e nessuno potrà portare via i loro bambini. Dopo aver conosciuto la famiglia di Tony nei libri precedenti, in questo ci viene presentata anche quella di Mac e, finalmente, comprendiamo cosa lo abbia reso l’uomo solo e angosciato che era prima di conoscere il giovane insegnante: è un altro tassello del mosaico che compone la personalità complessa di questo personaggio, uno che se possibile ce lo fa amare ancora di più.
«Guarda lo specchio,» sussurrò. «Lì. Quel meraviglioso uomo massiccio e scuro, e quell’altro tizio più magro. Siamo io e te. Ed è fottutamente sexy, bellissimo e quasi perfetto. Vero, è gay quanto la parata di Pasqua, ma rimaniamo comunque e completamente due uomini veri. La tua famiglia può anche coprirci di insulti e volerci evitare, discriminare e tutto ciò che vuole, ma non potrà mai rendere tutto questo inferiore all’essere quasi perfetto, cazzo.»
Attese, lo sguardo agganciato a quello di Mac nello specchio, fino a quando il marito annuì. Allontanò la mano.
Mac si voltò e lo abbracciò, protendendosi per affondare la faccia nel suo collo. «Tu mi, mmm, annienti. Sempre.»
Rispetto agli altri libri della serie, stavolta il lato investigativo della storia è leggermente secondario, ma è una scelta giusta, a mio avviso, perché c’era bisogno di tirare le fila di tutta la vicenda. L’autrice l’ha fatto in modo perfetto, senza lasciare nulla in sospeso: ci ha consegnato un finale pienamente soddisfacente, che apre le porte di un futuro felice ampiamente meritato dalla meravigliosa famiglia composta da Mac e Tony insieme ai loro figli.
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