Agnese ha diciannove anni, è la figlia di un senatore piuttosto influente e ha ricevuto un’educazione rigida. Le piace disegnare ma ha messo i sogni nel cassetto e si è iscritta a Giurisprudenza. Dopo la morte della madre, ha imparato a nascondere a tutti i suoi veri sentimenti ed è diventata la classica ragazza ricca, perfetta, composta e fredda, ma in realtà piena di insicurezze. Quando la sua incapacità di lasciarsi andare allontana il ragazzo di cui è innamorata da anni, Agnese capisce di avere bisogno di aiuto. Vorrebbe qualcuno che le insegni a essere meno impacciata e Brando, il suo fratellastro appena acquisito, sembra proprio la persona giusta. Lui lavora di notte, suona in una band, e cambia ragazza ogni sera. Peccato che il bacio che i due si scambiano per “prova” sia lontano anni luce da un esercizio senza conseguenze. Così le loro lezioni di seduzione ben presto diventano qualcosa di più… Brando saprà insegnare ad Agnese che la lezione più importante di tutte è abbandonarsi alle emozioni?
La realtà è più sporca, imperfetta. Più magica, anche. Con i sogni ci si fissa, della realtà ci si innamora.
Ho letto questo libro tutto d’un fiato, l’ho terminato dopo un paio di giorni, ma mi sono presa un po’ di tempo prima di recensirlo per metabolizzarlo al meglio. Sono stata a lungo in dubbio se baciare o strozzare l’autrice (tranquilla, Bianca, scherzo), ma non potevo che scegliere senza dubbio la prima opzione. Con questo romanzo la Marconero si è decisamente superata, visto che non è la classica storia romantica, piena di fiori e confetti, la classica fiaba per intenderci; se proprio vogliamo metterci dei fiori, di sicuro sarebbero delle rose e tutti sappiamo che le rose sono sì bellissime, ma hanno anche le spine. Ecco, questa è una storia agrodolce. Molte delle mie amiche che hanno letto il libro mi hanno consigliato fazzoletti e Malox, l’uno o l’altro o entrambi. Devo dire che dei fazzoletti non ne ho avuto bisogno, ma di un po’di Malox, sì.
Quando ancora ero all’inizio del libro ho avuto l’impressione (errata) di trovarmi di fronte alla “solita” storia d’amore difficile a causa delle diverse origini dei protagonisti. Insomma, il solito conflitto di classe, lei borghese, lui popolano e quindi sembrava scontato che le difficoltà tra i due fossero imputabili al differente contesto sociale di provenienza e, di conseguenza, alle differenti esperienze di vita. Ma proseguendo nella lettura, quella che in principio mi era parsa plausibilmente la causa dei dissapori tra Brando e Agnese, da unica fonte è diventata solo una delle cause, e non la più importante: e in realtà ho avuto l’impressione che le difficoltà tra i protagonisti fossero dovute più alle loro somiglianze, e a certe esperienze similari, che non alle loro differenze.
Sia Agnese sia Brando sono orfani di un genitore, e questo dolore per un’assenza così importante nella loro giovane vita li ha segnati nel profondo. Entrambi non sono ancora riusciti a elaborare completamente il dolore della perdita e quindi non sono riusciti ad accettare che i propri genitori siano andati avanti. Tutti e due condividono la certezza che il genitore dell’altro non sia all’altezza, né moralmente (e qui do ragione a Brando) né affettivamente, di sostituire la figura che hanno perso.
Brando vede Agnese come la classica figlia di papà, viziata e senza sentimenti, mentre lei lo considera un “debosciato”, senza arte né parte, ed entrambi preferiscono fermarsi alla prima impressione piuttosto che andare oltre e magari scoprire di sbagliarsi e di essere più simili di quanto non vorrebbero; i due sono vittime della loro immaturità dovuta alla giovane età.
«… Ma possiamo decidere di amarci per quello che siamo o accusarci a vicenda di ciòche non siamo: affidabili, perfetti, infallibili e costanti».
I personaggi secondari sono tratteggiati benissimo, ho adorato Pier (non vedo l’ora di leggere la sua storia) e tra tutti i gli amici mi è sembrato il più maturo. In certi momenti ho avuto l’impressione che, suo malgrado, si trovasse a ricoprire il ruolo di “grillo parlante” per Agnese, ma soprattutto per Brando.
Un personaggio che ho trovato controverso è stata la mamma di Brando. In un primo momento l’ho etichettata come una debole, poiché il suo accettare supinamente ogni decisione del marito mi ha causato l’orticaria: io e lei siamo agli opposti caratterialmente, ma verso la fine del libro l’ho un po’ rivalutata.
Devo dire che l’autrice ha caratterizzato benissimo tutti i personaggi, protagonisti e secondari, e a quelli negativi ha dato particolare rilievo, tanto che mi sono trovata per un attimo indecisa poiché non sapevo a chi indirizzare il mio odio, ma è stato un attimo, infatti, inutile dire che lui ha vinto facilmente… Lui, il cattivo per eccellenza, il manipolatore, il viscido, colui che ha fatto del “passare sopra gli altri” una vera e propria arte, il senatore Goffredo Altavilla, affettuosamente chiamato da me “il bastardo”. Lui c’è in tutte le pagine, o quasi, se non fisicamente di sicuro emotivamente. La sua presenza aleggia in ogni riflessione dei protagonisti, in gran parte dei loro comportamenti specie in quelli negativi, lui e la sua “influenza in negativo” raggiungono tutti quelli che lo circondano.
In questo libro Bianca ci ha narrato uno scorcio di vita vissuta molto realistico e con dei personaggi così imperfetti da essere per questo motivo ancor più reali. Pur avendo intuito dove saremmo andati a parare, alla fine non ho potuto fare a meno di rattristarmi. All’autrice va il merito di essere riuscita a farmi apprezzare anche il finale e, nonostante non fosse quello che avrei voluto, si è rivelato quello più giusto per i protagonisti. In fin dei conti nella vita non sempre le cose vanno bene, e a volte certi amori e certi dolori capitano quando non si è pronti per viverli, e si ha bisogno di crescere e di maturare per poterli poi apprezzare.
Se non la bacio, muoio. E qualcosa mi dice che il bacio che sto per darle sarà una botta al cuore. Le sfioro le labbra con le mie. Se prima erano sembrate morbide ora sono velluto, mi sembra dolce, dolce sul serio, come se fosse fatta di miele e di fuoco.
Concludo citando una canzone di Antonello Venditti, che mi è venuta in mente quando ho letto di Brando e Agnese, soprattutto quando ho letto il finale: “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano, amori indivisibili, indissolubili, inseparabili.”
D’altronde chi meglio di un cantautore romano per una storia ambientata a Roma?
Recensione:
Editing:
bellissimo libro e bellissima recensione!