Un ragazzo spezzato alla ricerca della propria identità; un uomo taciturno e carico di mistero.
Mary Durante, acquistabile qui.
Tabula rasa.
È così che Tyler sente la propria mente quando si sveglia, confuso e dolorante, in una stanza sconosciuta.
Ricorda solo il suo nome e pochi sprazzi di un passato carico di abusi, che hanno segnato la sua pelle e la sua psiche.
Nella casa in mezzo al nulla dove comincia il suo nuovo presente, ogni giornata diventa presto uno sforzo per la sopravvivenza.
C’è la mente che non risponde al suo volere. Ci sono gli incubi che lo aggrediscono, strascichi di un tempo in cui veniva trattato come uno schiavo da tormentare e deridere.
E poi c’è Butch, l’uomo che ha trovato accanto a sé al proprio risveglio.
Dice di averlo strappato ai suoi vecchi aguzzini, sembra prendersi cura di lui, ma al contempo rimane un minaccioso carceriere che lo possiede e ha le chiavi della sua nuova prigione.
Se davvero non vuole fargli del male, per quale motivo non gli permette di uscire? E perché oscilla tra la figura di un salvatore e quella di un carnefice di cui avere paura?
Tra momenti di terrore e inaspettate parentesi di gentilezza da parte di quel gigante taciturno, Tyler deve cercare la verità sul proprio passato, per poter ricostruire se stesso.
Quello era lui: il loro giocattolo, un corpo su cui rifarsi, da segnare a loro piacimento, da scopare, abusare e a cui forse, in rari momenti di buon umore, concedere una gentilezza.
Mai è stato per me così difficile scrivere una recensione.
Tabula rasa mi ha sorpreso. Forse ho frainteso, forse la trama mi ha ingannato, forse mi sono lasciata fuorviare dalle avvertenze, forse… mi aspettavo una storia diversa.
Come previsto ho incontrato, leggendo, molto dolore, ma non mi aspettavo così tanto Amore. Amore con la A maiuscola; un sentimento fatto di promesse e totale devozione, fatto di rinunce e speranze, di parole sussurrate e sguardi d’intesa. Ogni gesto, ogni pensiero, ogni attimo di silenzio, ogni parola pronunciata, tutto trasmette una valanga inarrestabile di emozioni.
Sono stata travolta da questa storia, sono stata totalmente catturata, sono arrivata a piangere, a mordermi le labbra per la tensione e la paura, a sperare in un respiro di sollievo che ho ottenuto solo alla fine.
Era il suo carceriere.
Era il suo padrone buono.
Era il mostro dei suoi incubi.
Era la persona che lo aveva strappato ai mostri e ora lo consolava.
Il suo aguzzino e il suo salvatore.
Non posso parlarvi del libro, non voglio svelarvi nemmeno il più piccolo dettaglio perché preferisco che questo bellissimo e difficile romanzo sia una sorpresa per voi come lo è stato per me.
Tabula rasa è una storia di abusi, di sofferenza fisica e mentale, ma soprattutto è una storia di profonda perdita. Perdere il proprio cuore, la propria mente, i propri sentimenti e qualsiasi speranza e, alla fine, perdere la memoria per non dover affrontare una realtà orribile. La perdita, tuttavia, è facile, ciò che davvero è difficile è il ritrovare se stessi facendo un passo avanti e due indietro, non sapendo come muoversi, cosa pensare, di chi fidarsi.
Tabula rasa toglie il fiato e fa vivere il lettore di sole speranze.
“Non vuoi essere fatto a pezzi, vuoi essere salvato.”
Scorrevole, privo di errori, con personaggi abilmente descritti, dialoghi brevi e importanti.
Un piccolo capolavoro con cui l’autrice ci mostra, ancora una volta, la sua bravura nel raccontare storie non semplici, la sua maestria nel catturare il lettore per renderlo schiavo delle parole.
Armatevi di coraggio e leggetelo. Soffrite e amatelo come ho fatto io.
Recensione a cura di:
Editing:
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