Rune Germaine ha una splendida voce, paragonabile a quella di un angelo, ma è afflitta da una terribile maledizione: ogni volta che si esibisce, infatti, si sente malata e stanca, come se la bellezza del suo canto le rubasse ogni volta un po’ di vita. Sua madre, nel tentativo di aiutarla, decide di iscriverla a un conservatorio poco fuori Parigi, convinta che l’arte potrà curare la strana spossatezza di Rune. Poco dopo il suo arrivo nel collegio di Roseblood, la ragazza comincia a rendersi conto che c’è qualcosa di soprannaturale in agguato. Il misterioso ragazzo che vede spesso in cortile, infatti, non frequenta nessuna delle classi a scuola, e scompare rapidamente come è apparso non appena Rune distoglie lo sguardo. Non ci vuole molto perché tra i due nasca un’amicizia segreta. Thorne, è questo il nome del ragazzo, indossa abiti che sembrano provenire da un altro secolo e in sua presenza Rune comincia a sentirsi meglio, quasi cominciasse davvero a guarire. Ma tra i corridoi di Roseblood c’è una terribile minaccia in agguato, e l’amore tra Rune e Thorne, che comincia a sbocciare, verrà messo a dura prova. Dalla scelta di Thorne, infatti, potrebbe dipendere la salvezza di Rune o la sua completa distruzione.
“Proteggete le vostre gole e nascondete i vostri occhi. Lui non è morto, oh sciocchi. Le leggende non muoiono mai.”
Il fantasma dell’opera è stato, probabilmente, uno dei romanzi più discussi della storia della letteratura. Ciò che Gaston Leroux ha inventato – oppure raccontato – nel corso degli anni ha sviluppato una vera e propria ricerca di informazioni su scala mondiale. Vagliando tutte le ipotesi possibili per riuscire a comprendere questo personaggio così crudele, ma allo stesso tempo capace di amare in maniera totale, triste e solo, costretto a vagare per i tunnel sotterranei per nascondere quello che si cela dietro alla famosa maschera.
È un romanzo difficile da spiegare dato che una vera e propria verità non si è mai trovata.
A.G Howard, con il suo stampo “Burtoniano”, ha voluto, in RoseBlood, dare la propria visione della storia, piazzando al suo interno elementi propri della versione originale e dando voce a tutte le supposizioni di cui si sente parlare.
Ha mantenuto, per esempio, il nome del Fantasma, Erik, il suo essere un mostro egoista, un reietto della società, genio della musica con un intelletto superiore, e la sua amata Christine.
Ma veniamo a noi.
Rune è un’adolescente con un dono: una voce che incanta, la capacità di interpretare alla perfezione opere liriche. Ma si porta dietro una maledizione: la musica prosciuga tutte le sue energie, facendola svenire durante le esibizioni e, ugualmente, impazzire se non canta.
“La melodia si contorcerà come un serpente nel fuoco e brucerà creando dei fori dietro le palpebre chiuse sotto forma di note musicali finché non la canterò. È una tortura fisica, come una scintilla perpetua nel cranio che arde la spina dorsale, vertebra dopo vertebra.”
La madre, preoccupata per la sua incolumità, decide di mandarla a RoseBlood, una scuola d’arte dove la sua diversità diventa talento.
Ed è qui che ritrova se stessa. Per la prima volta riesce ad avere degli amici anche se il peso del segreto che porta con sé, insieme a un avvenimento che le ha distrutto la vita, non le consente di viverli appieno.
Ed è sempre qui che incontra un’ombra di cui, inizialmente, scorge solo il profilo; un ragazzo dall’aria antica, veste abiti di un’altra epoca, e la segue in un corteggiamento perverso che si paleserà a poco a poco.
Thorn è il suo nome. Un nome che cela un passato crudele, un bambino abbandonato dalla madre e salvato da colui che presto diverrà suo padre: Erik.
Per la prima volta si sente amato e, proprio per questo, si sente in debito verso di lui e, per colmarlo, decide di seguirlo in tutta la sua follia.
“Un angelo vendicativo chiuso nelle catacombe che cantava con una tale feroce dolcezza e accuratezza critica da far pregare le anime per essere liberate dalla dannazione eterna.”
Erik, il Fantasma dell’opera, che dopo cento anni continua a vivere per vendetta e per amore della sua Christine.
Rune e Thorn sono legati: flamme jumelle, fiamme gemelle. Thorn suona il violino e con la sua musica aiuta, in sogno, Rune a superare la sua maledizione, ad accettare quel dono che la rende unica e speciale.
“Sono qui, nella tua mente. Ascolta la voce del mio violino nei tuoi sogni. Tieni tutto fuori tranne me. Insieme, abbiamo già le note… le ultime.”
Insieme. Ecco la parola chiave che racchiude l’essenza del libro. Insieme, Thorn e Rune, sono una bomba a orologeria, riescono a vivere tutto quello che hanno sempre desiderato e, soprattutto, riescono a capire che l’opera tanto amata dal Fantasma altro non è che la loro vita. E scopriranno che per amore si è disposti a sacrificare ogni cosa: l’affetto di un padre, le missioni che avevano costruito durante le loro esistenze, gli amici… tutto.
In un crescendo di emozioni che vanno dall’inizio alla fine del libro si giungerà alla verità. Il Fantasma c’è ed è pronto a tutto.
Una trama molto particolare e per questo non posso parlarne più. Rune e Thorn sono tante cose messe assieme, creature letali dall’animo fragile, vite separate che si ripetono finché non riusciranno a unirsi fino a diventare una cosa sola.
A.G. Howard riesce nell’impresa di una rivisitazione complessa e articolata, a volte persino troppo.
Il suo stile inconfondibile, con le accurate descrizioni dei luoghi e degli avvenimenti consentono al lettore di immergersi completamente.
Una cosa che ho trovato ridondante, soprattutto nella prima parte del libro, è il continuo uso di similitudini inutili che rendono pesante la lettura, ma a un tratto cambia e la narrazione diventa fluida. Unico dubbio: avendo letto altri testi della Howard, non so quanto sia una scelta stilistica dell’autrice o quanto una scelta in fase di traduzione. L’utilizzo del “come” per allacciarsi al termine di paragone, a mio parere, poteva essere ovviato in altro modo.
Un appunto che devo assolutamente fare alla casa editrice è l’errata terminologia. Essendo una rivisitazione, ovviamente, alcuni elementi possono essere cambiati ma il “Laccio del PUNJAB” – arma letale che usa il Fantasma dell’opera per spezzare le vite altrui – non può diventare “Laccio del PENJAB”. Non esiste.
Detto ciò, per gli amanti del romanzo di Leroux, è un libro che non può mancare.
P.s: ci sono lettori a cui piace leggere i ringraziamenti prima di immergersi nella lettura, a loro dico di non farlo assolutamente. Contengono spoiler micidiali che tolgono tutta la sorpresa che RoseBlood racchiude.
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