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«Averla Sanguinaria, Laia di Serra, Traghettatore di Anime. Il vostro destino è intrecciato. Se uno fallisce, tutti cadranno. Se uno muore, gli altri lo seguiranno. Tornate dove tutto è cominciato e troverete la verità. Combattete con tutte le vostre forze, fino alla fine, altrimenti perderete ogni cosa.» È questa la profezia che viene fatta al Traghettatore di Anime prima che, con un incantesimo, gli vengano restituiti tutti i ricordi che aveva perduto. Adesso può ricordarsi di Helene, l’Averla Sanguinaria, sua migliore amica e compagna d’armi, che ha sacrificato tutto ciò in cui credeva per aiutarlo; di Laia di Serra, della loro fuga da un Impero tiranno che ha vietato l’arte e la cultura, e del profondo amore che li legava e cui ha dovuto rinunciare; e di sé stesso, Elias, guerriero addestrato a difendere lo stesso regime cui si è ribellato. Ed è fondamentale che torni a essere sé stesso, perché la battaglia finale sta per cominciare: lo spietato Signore della Notte ha risvegliato un’orda di spettri, che ora vaga per le terre mortali, pronto a distruggere chiunque provi ad ostacolare la sua vendetta. Solo Elias può riunire i prescelti e compiere la profezia. E non importa se, per riuscirci, dovrà compiere un sacrificio estremo…
Non è mai stato uno. Sono sempre stati tre. L’Averla Sanguinaria è stata la prima, Laia di Serra, la seconda. E, il Traghettatore di Anime, il terzo e ultimo. La Madre veglia su tutti quanti. Se uno fallisce, tutti falliscono. Se uno muore, tutti muoiono.
E siamo arrivati alla fine. Un libro che attendevo con ansia, ma anche con paura.
Anzi terrore.
Le premesse poste dai libri precedenti non davano spazio a una soluzione che non fosse dolorosa. Chi è arrivato sin qui sa che aprire questo libro senza timore è impossibile.
Un libro che ho dovuto leggere posandolo di tanto in tanto, perché non ce la facevo ad affrontarlo tutto d’un fiato.
Lo stile di Sabaa Tahir travolge, ferisce, conquista. Mi piace in tutto per tutto anche e soprattutto quando fa soffrire, cosa che peraltro le riesce benissimo.
«Guardami», sussurra, ma non ci riesco. «Helene.» Il suono del mio nome sulle sue labbra è meraviglioso. Mi solleva il mento con la mano. «Guardami.»
Ma forse questo libro è leggermente sottotono rispetto agli altri, o forse le mie aspettative, visto soprattutto quanto ho amato Una fiamma nella notte, erano diventate troppo alte. Magari un po’ dispersivo, terzo e quarto volume potevano forse essere snelliti, e il worldbuilding ricco, con tanti personaggi secondari, nazioni, etnie, che, se da un lato è un’immensa ricchezza, dall’altro può facilmente creare confusione.
Elias, Laia e Helene li riconosciamo, hanno fatto un percorso, hanno sacrificato affetti, hanno negato affetti o combattuto per diventare quello che il destino ha deciso per loro o per contrastarlo. Non vengono snaturati, per quanto la conclusione sia in parte diversa da quello che mi aspettavo (più corretto: temevo) nessuno dei tre protagonisti perde la sua unicità. Helene in particolare rimane la mia preferita, non per niente la maggior parte delle frasi che ho sottolineato appartengono al suo punto di vista. Helene è quella che subisce le prove più difficili e cambia pur rimanendo quella che conoscevamo all’inizio, l’onorevole Aquilla più che l’Averla Sanguinaria. E deve venire a patti con i suoi sentimenti, e le sue emozioni, positive e negative. Emozioni che potrebbero renderla vulnerabile.
Devo allontanarmi da lui. È troppo vicino. Troppo arrabbiato. È Harper l’impassibile a piacermi. Harper il freddo. Harper l’impetuoso, quello che mi guarda con occhi adoranti… è lui che devo evitare.
Laia si è già dimostrata forte, è il perno che li tiene insieme, all’inizio la più debole in apparenza che però niente può fermare. Ma non per questo non è sfaccettata, ha dubbi, ha ripensamenti. È vera.
Elias. Elias è il Traghettatore di Anime, senza sentimenti, rassegnato grigio. O forse no. Forse anche per lui è tempo di cambiare. Come nel libro precedente sembra il più apatico, il meno coinvolgente, ma è il Traghettatore di Anime, appunto.
Poi ci sono gli antagonisti. Se Il Signore della Notte ha ancora tanto da dire, Keris Veturia, la Comandante, mi ha deluso. Il suo finale è affrettato, forse nel tentativo di restituirle un po’ dell’umanità che ha perso nei libri precedenti, anzi che non ha mai avuto. E un personaggio negativo che si smarrisce per me è una grave perdita.
Questo però era necessario per arrivare al finale, un finale che… mi ha sorpreso, forse più buono di quanto mi aspettassi. Un finale che ogni lettore valuterà secondo il suo modo di vedere, un finale che mantiene la coerenza ma allo stesso tempo non è esattamente quello che ci si aspetta, ma che pretende comunque il suo tributo di sangue.
Serie che mi sento ancora di consigliare senza nessun dubbio, per la capacità che ha di incantare, di unire elementi diversi, trascinandoti con una scrittura che è una lama nel cuore.
Recensione a cura di:
Editing a cura di:
Qui le recensioni dei romanzi precedenti della serie.
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