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1875 – Rimasto vedovo, lord Moncrieff, deve trovare una governante che si occupi di sua figlia, o meglio della figlia di sua moglie, visto che non è certo di essere lui il padre della bambina. Assume la signora Tate, una donna giovane e affascinante, con un passato non proprio cristallino. L'idea di spedire figlia e governante lontano da Londra si rivela poco funzionale all'attrazione che inevitabilmente i due finiscono per provare…
– All’annuncio per il posto di governante a Moncrieff Park risposero tre donne. Le prime due a Leonard sembravano molto qualificate professionalmente, ma avevano l’aspetto di orsi.
Si mise nei panni di Penelope e pensò che non le sarebbe piaciuto essere accudita da una donna-orso. Si augurò che la terza candidata fosse più graziosa.
Trovò riduttivo definirla graziosa. La terza candidata era decisamente bella. –
Lord Leonard Montcrieff è alla ricerca di una governante. Deve allontanare da Londra sua (forse) figlia Penelope, confinandola in campagna, in una delle sue numerose proprietà, e dimenticarsi di lei.
Alle selezioni per l’ambita posizione si presenta, tra le altre, la signora Sidonie Tate, giovane vedova di bell’aspetto e lingua tagliente…
Il conte Montcrieff è un uomo disilluso, vedovo di una nobildonna capricciosa e bellissima, i cui amanti potevano certamente formare un reggimento, tanto da non sapere neanche se Penelope sia davvero sua figlia.
Sidonie Tate entra a far parte della vita del conte e della bambina e, senza che davvero all’inizio lo voglia, stravolge completamente la triste routine di entrambi. Non è solo bella, è intelligente, arguta, tenera, accogliente.
Penelope scopre cosa voglia dire essere amata e Lord Montcrieff torna a vivere e a combattere per ciò che vuole. E lui vuole Sid, a dispetto di tutto:
– Leonard la guardò senza nessuna inibizione. La guadò come un uomo guarda una donna e scopre che quella donna gli piace moltissimo. Indugiò nei suoi occhi turchesi, sulle sue labbra piene e sul collo profumato di violette.
“Penny vi vuole molto bene. Se voi andaste via sarebbe peggio della morte di sua madre” le disse lui d’un fiato.
“Lo so. E non andrò via, se non sarete voi a volerlo” rispose seria lei.
“Perché dovrei volerlo?”
“Perché io non so obbedire, me ne sto rendendo conto in questi giorni”, ammise lei.
Leonard le sorrise come se quell’ammissione fosse un trionfo per lui.
Come se non fosse la cosa che più gli piaceva di lei.-
Rebecca Quasi ha confezionato una storia delle sue, dove la fa da padrona l’intelligenza: i dialoghi serrati e ironici, l’eleganza della scrittura, il percorso di crescita dei personaggi, il romanticismo asciutto e frizzante, dove i sensi vibrano, ma all’unisono con il cervello. E con il cuore.
Una fiaba con i buoni e i cattivi, gli innocenti e i colpevoli, gli intrighi e i colpi di scena che, come in teatro, raccontano per archetipi la vita di ciascuno di noi. Raccontano del mondo, della luce e del buio, dell’avidità e della generosità, dell’amore e della lussuria, della falsità e della sincerità, in barba a ogni convenzione.
Un gioiellino da leggere. E rileggere. Si sorride molto. E si pensa, anche.
Editing a cura di:
Ho appena ultimato la lettura del secondo romanzo storico della Quasi edito dalla Dri e posso dirmi davvero molto soddisfatta: una bella storia, d’amore ma non solo, anche di crescita emotiva, di cambiamento, accettazione e rinascita, il tutto narrato nello stile tipico dell’autrice, ovvero con ironia e apparente leggerezza. Uno stile un po’ alla Mary Poppins il suo, perché come l’ideale “governante” letteraria è capace di addolcire con un poco di zucchero anche le pillole più amare, che nel caso di questo romanzo sono l’iniziale inesistente rapporto genitoriale, il cinismo e la freddezza del conte, le passate difficoltà di Sidonie, nonché un’ampia serie di ostacoli che i nostri due protagonisti dovranno affrontare durante il loro percorso di crescita personale e come coppia.
Come in ogni romance che si rispetti, quindi, non saranno solo rose e fiori, eppure col suo modo di scrivere e descrivere, la Quasi riesce a rendere frizzante, vivace e spiritosa qualsiasi storia. Questa, in particolare, è stata una lettura talmente piacevole da trasmettermi la sensazione di bere un bicchiere di acqua limpida e fresca, per dissetarmi nella calura estiva.
Anche stavolta però, come nel precedente libro, Dita come farfalle, la “frizzantezza” si perde un pochino solo nelle scene di passione e a questo punto ho la certezza che dipenda da una direttiva editoriale. Peccato! E non per il mancato approfondimento di tali scene, ma per le battutine, i giochi e le risate che mi sono immaginata tra i due in quei frangenti, sostituiti da una pudicizia che mal si addice allo stile del resto del romanzo.
Si tratta, è chiaro, solo di una sfumatura, che io colgo avendo letto tutto ciò che la Quasi ha pubblicato in questi anni, e che non va a inficiare il risultato finale, che rimane ottimale.
Vi lascio con una citazione da “La Governante” e l’invito, per le amanti dello storico, a non lasciarselo sfuggire:
“È molto imbarazzante non riuscire a smettere
di desiderarvi con un’intensità quasi dolorosa. Venite con me a
Oxford. Andiamo a prendere Penny alla fine delle due
settimane. Ci vorranno due giorni, due giorni in cui
viaggeremo da soli.”
“Perché?” lo implorò lei.
“Per sapere com’è.”
“Com’è cosa?”
“Un matrimonio ben riuscito.”
Lei rimase muta.
A cosa sarebbe servito saperlo? A essere ancora più disperati.
Forse lui sperava che non fosse un granché.
Ma come poteva illudersi di restare deluso quando solo lo sfiorarsi li scuoteva
come canne al vento?
E non potevano nemmeno accampare la scusa che non
andavano d’accordo. Si capivano, si accudivano, si prendevano
cura uno dell’altra in mille piccoli modi segreti. Che senso
aveva allora spingersi oltre per sapere ciò che già sapevano e
soffrire più di quanto già soffrivano?
Editing a cura di:
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