Terra, 2144. Judith ‘Jack’ Chen è una vera e propria scienziata-pirata: la sua base operativa è un sottomarino, la sua missione piratare costosi farmaci e produrne delle alternative a basso costo, accessibili a tutti. Una sorta di Robin Hood in un mondo dominato dalle case farmaceutiche. Eppure, qualcosa è andato storto con la sua ultima partita di Zacuity: coloro che ne hanno fatto uso, sono andati incontro a effetti collaterali imprevisti, ridotti a veri e propri automi costretti ad azioni meccaniche e ripetitive che conducono la mente alla follia. Jack sa che se il farmaco da lei messo a punto si diffondesse, l’umanità intera ne sarebbe minacciata. Sulle tracce della scienziata, una coppia alquanto improbabile al soldo delle case farmaceutiche: Eliasz, un tormentato agente sotto copertura, e il suo fedele partner Paladin, un robot. Sarà nella frenetica ricerca di informazioni sul misterioso e potente farmaco di Jack che Eliasz e Paladin riusciranno a stabilire un legame inaspettato, oltre i confini tracciati dalle loro nature così diverse.
Un’avventura visionaria, intensa, che esplora i temi della libertà e del libero arbitrio in una società frenetica e frammentata, in cui la differenza tra umanità e intelligenza artificiale è ormai sempre più labile.
Anno 2144
Siamo in un futuro in cui i bot (robot) girano tranquillamente nelle strade, raramente autonomi, e in cui tutta la conoscenza medica è in mano alle multinazionali che la rendono disponibile a caro prezzo, chi può permetterselo ha farmaci che allungano la vita e curano ogni tipo di malattia.
Tra questo monopolio e la gente comune ci sono persone come Jack Judith Chen, lei è una pirata, ma prima di tutto è una scienziata. Il suo scopo è di rendere disponibile a un prezzo accessibile i farmaci replicandoli esattamente.
«Le chiavi per una buona vita sono però nelle mani avide di poche società per azioni, i cui brevetti hanno una durata di validità più lunga di una vita umana. Se loro non vogliono dare libero accesso alle medicine, noi lo prenderemo con la forza! È tempo di combattere questo sistema che definisce la salute un privilegio!»
Quando qualcosa va storto, Jack diventa oggetto di una feroce caccia all’uomo da parte di Eliasz e Paladin, inviati dalle case farmaceutiche per trovarla e arrestarla.
La lotta contro il tempo di Jack per fermare la diffusione del farmaco pirata si contrappone alla caccia della squadra messa sulle sue tracce.
Jack da un lato deve nascondersi per evitare di essere arrestata, se non uccisa, ma la sua natura di scienziata e la sua stessa coscienza la costringono a cercare una cura per lo Zacuity, utilizzando le sue conoscenze nell’ambito delle ricerche libere. Al suo fianco il caso mette Trezeta, un ragazzo in apprendistato, poco più che uno schiavo liberato dalla donna.
Appoggiata al piano di cucina, Jack lo osservò, chiedendosi se quel ragazzo conoscesse il proprio nome. A volte, le famiglie indigenti vendevano i loro figli ancora piccoli a scuole di apprendistato, i cui dirigenti li addestravano a essere sottomessi come se fossero stati un bot programmato. Almeno, i bot dopo un po’ potevano guadagnare abbastanza da pagarsi la libertà dal proprietario, essere aggiornati e diventare pienamente autonomi. Anche gli umani potevano guadagnare abbastanza da comprarsi la libertà, ma non c’era un pulsante dell’autonomia che potesse disfare i danni prodotti da un’infanzia di quel genere.
Nonostante Jack cerchi costantemente di liberarsi di Trezeta, per non coinvolgerlo nelle sue attività illegali e pericolose, il ragazzo si rivela una risorsa e anche un sollievo alla solitudine della pirata, in un legame che si consolida giorno per giorno.
Dall’altra parte della barricata seguiamo Eliasz e Paladin. Eliasz è un militare, per lui ottenere il rispetto della legge è la cosa più importante e il fine giustifica i mezzi. Ha due facce: il militare a volte senza cuore e l’uomo solo che cerca un contatto umano nel suo partner che umano non è.
A fianco a Eliasz c’è Paladin. Paladin è un bot, ma un robot un po’ particolare, con un cervello umano, che anche se non influisce sulla sua programmazione e sulle sue decisioni, gli consente di riconoscere con facilità i volti e anche di interpretarne le emozioni.
Inaspettatamente, il legame di squadra tra i due diventa molto profondo, nonostante la natura non umana di Paladin.
Scena dopo scena, la caccia diventa sempre più serrata. Jack suscita le simpatie del lettore, è una pirata ma a fin di bene, è generosa e responsabile. Ma anche Paladin, nella sua ricerca di se stesso, diventa un personaggio a cui affezionarsi.
L’avventura che intreccia le loro vite tocca molti argomenti sensibili e induce alla riflessione.
Oltre alla domanda di base sulla proprietà dei brevetti, che consente alla ricerca di finanziarsi ma priva i non abbienti dei farmaci necessari, altre questioni sorgono durante la lettura.
Umani e robot sono diventati sempre più simili, tanto che anche gli umani possono essere privati delle loro libertà e asserviti mentre i robot possono essere autonomi a tutti gli effetti.
Attraverso i finestrini vide una donna che indossava una tuta di gomma colore opaco spruzzata direttamente sul corpo. Sembrava quasi un robot. Accorgendosi che lui la stava guardando, la donna ruotò lentamente su se stessa, con le labbra perfette che si schiudevano a mimare un bacio altrettanto perfetto. Un annoiato addetto alle vendite la teneva al guinzaglio; sulla sua camicia figurava il logo increspato e illeggibile della ditta che la metteva in vendita.
Paladin è quasi più umano dello stesso Eliasz, che per perseguire l’obiettivo della missione non guarda in faccia a nessuno. Siamo spesso nella mente del bot e seguiamo il suo percorso di maturazione di una consapevolezza di sé, che supera i limiti della sua programmazione fino ad ambiti squisitamente umani, e il confine tra umano e macchina diventa sempre più labile. Possiamo davvero sapere dove si trova? Possiamo decidere noi se una intelligenza è umana o no?
Lui però voleva sopravvivere, quell’impulso era parte della sua programmazione, era ciò che lo definiva come equivalente di un essere umano e pertanto meritevole di autonomia. Non aveva altra scelta che quella di combattere per la sua vita, ma Paladin non vedeva la cosa come una mancanza di scelta. La recepiva come speranza.
La lettura è interessante anche se non semplice. “Autonomous” è un libro a cui va dedicata un po’ di attenzione, non tanto per un linguaggio complesso, ma perché l’immersione in questo futuro è totale e non preceduta da lunghe spiegazioni. L’autrice ci descrive il suo mondo come se fosse del tutto ovvio, con le reti di informazioni che pervadono l’aria, i robot di tutte le forme, le persone che per moda si modificano nelle maniere più stravaganti. Nulla viene descritto come strano o insolito, è il lettore che deve districarsi tra termini e invenzioni. Niente è lasciato al caso, nemmeno i sentimenti, in un mix di avventura ma anche di ricerca di se stessi, della propria identità, dei propri desideri, in un modo che – specialmente per il contrasto con le descrizioni tecniche frequenti – riesce a coinvolgere.
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