ReBurning Prison, carcere di massima sicurezza, anno 2020 circa. Melice Redding è una condannata a morte, ma non ricorda il perché. La causa dell’amnesia è la separazione da sua figlia appena partorita e per questo Mel entra in stato di shock.
Grazie a Gabriel uscirà dalla catatonia e, sempre grazie a lui, avrà la possibilità di tornare indietro, prima che il crimine per cui è condannata venga commesso.
Melice viaggia nel tempo per rivivere il suo passato senza nessun ricordo dell’arresto, senza condizionamenti. Tutto procede regolarmente, fino alla notte di Halloween.
Fin dalle prime parole del libro veniamo catapultati a fianco di Melice, in un carcere di massima sicurezza che ci immerge in un futuro che odora di distopia.
Siamo travolti dall’angoscia che circonda le donne chiuse nella Zona Nera, contrassegnate da un numero e destinate alla pena capitale. Percepiamo la disumanizzazione di una struttura che mira a portare all’esecuzione persone già del tutto svuotate dalla loro voglia di vivere.
Il tempo scorreva pigro, lasciandomi solo la sensazione costante di marcire.
Questa era l’unica descrizione reale. Il resoconto di dieci anni di reclusione.
Tic tac, tic tac, all’infinito. Una montagna di secondi usati male che non sarebbero tornati più.
Ma Melice è diversa: lei non ha memoria di cosa l’abbia condotta lì, quale fosse il suo crimine, ricorda solo che le hanno portato via alla nascita sua figlia Sadie. La consapevolezza di aver avuto una bambina la tiene attaccata alla vita, a quello che era prima, anche se ora lo ha dimenticato.
Ad attenuare la sua solitudine all’interno della Zona Nera, come Guardiano di Anime, c’è Gabriel, una figura misteriosa ed enigmatica con qualcosa di… sbagliato.
Era bello. Incredibilmente bello. Aveva i tratti del volto spigolosi ed eleganti. Il naso, le labbra, gli zigomi: tutto di lui portava a qualcosa di delicato e feroce. La carnagione rosea, l’espressione vivace, i capelli luminosi, i ciuffi lunghi e lisci che gli ricadevano disordinati sugli occhi, come nastri di seta color sabbia, lo rendevano perfetto.
Perfetto.
Con qualcosa di assurdo: l’iride destra era grigia, accesa da un vago bagliore azzurro, e la sinistra risultava uguale soltanto per i tre quarti. L’ultimo spicchio riluceva di un rosso rubino completamente innaturale.
Non ricordavo nulla, ma sapevo che era strano.
Non solo la figura di Gabriel le ricorda di essere viva, ma le concede un’inaspettata seconda occasione. Tornare indietro di dieci anni, a prima del suo crimine…
Da qui il tono del romanzo cambia completamente. Troviamo una Melice universitaria, rivolta alla vita e al suo futuro, circondata da amici e da persone che la amano, ma anche segnata da un brutto, per non dire inesistente, rapporto con il padre.
La detenuta Melice, nel passato, è una ragazza intelligente e spigliata e nulla fa pensare che nel suo futuro si celi un avvenimento così terribile da condurla a uccidere.
Cosa è successo?
Se da un lato la narrazione è fluida e piacevole e la curiosità di sapere cosa succederà ti costringe a continuare a leggere, viene naturale, per un lettore che si aspetti un romanzo con venature fantascientifiche, chiedersi perché l’autrice dedichi tante attenzioni alla vita di una studentessa “normale” in una città moderna, ma assolutamente attuale. Una ragazza che potremmo incontrare in biblioteca o al cinema. Il tempo della “Melice ragazza” è l’oggi o forse, addirittura, qualche anno fa: è indistinguibile dal mondo che ci circonda ora, e anche l’ambientazione statunitense è percepibile.
Questo espediente narrativo, serve sicuramente a farci capire, poco a poco, gli avvenimenti, a tenerci in sospeso, ma dall’altra parte ho sentito la mancanza di quei segni che dovrebbero portare una società come la nostra, quella occidentale, verso un futuro prossimo con un carcere di quel genere; futuro nel quale si percepisce una certa facilità nel comminare condanne a morte, quando nel mondo attuale, per fortuna, i paesi occidentali la utilizzano sempre di meno.
Ecco quindi il mio dubbio: questo fresco romanzo ha numerosi pregi, una narrazione scorrevole, evocativa, personaggi a cui affezionarsi, vividi e reali, una storia che per la gran parte potrebbe essere quella di chiunque, non fatta solo di giorni luminosi, ma segnata anche da avvenimenti oscuri. Un avvenimento, in particolare, segnerà Melice talmente tanto da farla isolare dal mondo. Soffriamo con lei, lottiamo con lei per riemergere. Vediamo svelarsi dei misteri, ritroviamo personaggi, seguiamo una storia che ci conduce verso l’imprevedibile… ma a un lettore amante della fantascienza potrebbe non bastare.
Come ho accennato, la somiglianza con la realtà dei nostri giorni mi ha reso difficile credere alla verosimiglianza del futuro incombente, ma non mi sento di dire che altri lettori potrebbero trovare altrettanto difficile l’immedesimazione. Ho apprezzato entrambe le parti (no, non è vero, ho amato la parte nel futuro), ma non sono riuscita a percepire l’omogeneità del tutto.
Sono sicura che piacerà a chi non apprezza scenari futuri troppo marcati e riesce a immergersi completamente nella vita di un’universitaria piena di vita e combattiva fino all’ultimo.
Gli rubai incautamente quell’istante prezioso, quel calore improvviso su tutto il corpo. La delicatezza si stemperò in ansia, poi in forza violenta. Ci assaggiavamo impazienti, trovando infinita disperazione e smania.
Dio mio, era questo baciarlo?
Perdevo i miei confini, cercando di riallacciarli coi suoi limiti.
C’erano frasi importanti non dette. C’era un bisogno nascosto da troppo tempo. C’erano fame e distruzione.
Le mani scavalcavano la stoffa ruvida, tiravano il tessuto sottile della tuta, facendolo scricchiolare. Il suo petto teso pulsava sotto le mie dita sgarbate.
Mi stringeva forte, e di nuovo era meno di quello che volevo.
Quante volte ci avevo pensato, senza volerlo ammettere neppure a me stessa?
Dall’università.
Dalla biblioteca.
Da sempre.
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