Narrativa con tematiche lgbt.
C. K. Harp (10 luglio 2020), acquistabile qui.
Esistono dee invincibili di un mondo “ideale”, divinità a cui immolare la propria vita, i propri chili e le speranze di essere e sparire nello stesso istante. Queste dee sono Ana e Mia, ovvero Anoressia e Bulimia, voci guida di una depressione latente che sormonta, avvolge e alla fine soffoca.
Dopo la morte di suo fratello, e la scoperta di un sentimento che non avrebbe mai voluto provare per il migliore amico, Marco si immerge senza neanche pensarci nella bolla ovattata che è il mondo di Ana. Insensibile al resto del mondo, si lascia trasportare da un vortice di bilance, chat motivazionali e privazioni fisiche oltre il limite dell’ossessione. Dimenticando ogni problema che non sia il cibo.
Ma Riccardo, proprio quel migliore amico, non è pronto a vederlo spegnersi fino a diventare niente. Neanche se questo vuol dire rinunciare a tutto. Neanche se i suoi sentimenti contrastanti lo stanno gettando nella confusione più nera.
Perché in fondo siamo solo anime di passaggio che vivono momenti di passaggio. Ed è meglio camminare insieme, che da soli. Ma come fai a renderti conto dell’aria che ti sfiora se tu stesso sei convinto di essere un alito di vento?
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Nessuno lo sa, neanche quella stronza della psicologa da cui mio padre si è ostinato a mandarmi.
Sì, la lingua batte dove il dente duole, è così che dicono, ma cazzo, mi ha trattato come se fossi uno dei tanti, come se io fossi “uno da manuale”, e invece proprio no, vaffanculo! Io non sono come gli altri: io sono io, ed è proprio perché nessuno lo vede che io devo continuare a fare quello che faccio.
Mi ha chiesto di disegnarmi per come mi vedo… come se non sapessi la strategia che c’è dietro, come se non sapessi che era pronta a dirmi che “i miei parametri” erano sbilanciati, che mi vedevo più grosso di quello che sono, che ho le ossa, che il grasso non c’è, che i peli sono cresciuti anche sulla schiena perché questa è una delle ultime risorse che ha il corpo per tenere al caldo ciò che vuole proteggere.
Come se non sapessi.Ma io so.
Ogni. Fottuta. Cosa.
Ogni. Fottuto. Trucco.
Ho studiato prima di affidarmi ad Ana, sono consapevole.
Consapevole.
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Dolore.
Bruciore.
Emozione.
«Sul serio, Marco, ti seguo. E corro abbastanza veloce per starti dietro. Dobbiamo parlare, che tu lo voglia o no.»
Il suo alito è caldo, le sue dita vere, reali, e il sussurro della sua voce, così profonda e adulta, è talmente eccitante che per un attimo dimentico anche di respirare. Potrei morire adesso, qui, e ne sarei felice. Per una volta, sarei felice.
È il momento perfetto, quello che uno come me sogna sperando non si realizzi mai. E ho solo voglia di piangere, perché mi sento vivo come la prima volta che mi sono tagliato fino a urlare dal dolore.
E di dolore si muore.
Per questo non volevo che il desiderio si realizzasse.
Nulla di positivo può uscire da questa storia. Nulla di positivo può uscire da me.
Cerco il mio elastico al polso, ma non c’è.⇔
«Il discorso è questo» esordisco, mettendo le mani avanti, poi le unisco e mi guardo intorno con fare quasi cospiratorio. «Sono venuto in scooter, non lo sa nessuno, e se tuo padre ci vede e spiffera tutto, mia madre mi fa il culo» continuo, piegandomi su di lui il tanto che basta a rendere la nostra una conversazione confidenziale. Spero che lo sia. Spero che Marco accetti questa specie di cameratismo e mi dia corda.
Ti prego, dammi corda.
Batte le ciglia.
Una. Due. Tre volte.
«Quindi?» domanda, arcuando un sopracciglio – e, merda, questa sarà la foto di lui che porterò con me indietro, stasera – mentre cattura il labbro inferiore tra gli incisivi pur di non ridacchiare come vorrebbe. Le fossette lo smascherano, il mio cuore rimbalza.
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