Forse non abbiamo tanto bisogno di un futuro, ma di un presente…
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Lawrence Leyton è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. È il primo uomo che ricopre questa importante carica dopo aver dichiarato pubblicamente la sua omosessualità. Christopher Lowen è un giovane ragazzo che, dopo aver messo piede alla Casa Bianca per uno stage, ha rubato il cuore dell’uomo più potente del mondo…Agli occhi di tutti lui è il first boy.
Il loro rapporto è destinato a una brusca evoluzione con il primo viaggio ufficiale che Christopher compirà per raggiungere Limania, un’isola nel Pacifico Sud-Orientale, teatro di misteriosi esperimenti genetici. Il giovane capirà che nulla è come sembra e che lui stesso ha in sé qualcosa che non sapeva di possedere.
Sarà l’arrivo sull’isola del Presidente, alla ricerca del suo amato, insieme a un evento raro e imprevisto, a mettere in crisi i sentimenti tra la coppia. A Limania, Lawrence, scoprirà la verità sul misterioso “cigno nero”.
Scavare in quel mucchio di rifiuti abbandonati sul ciglio della strada, guardarsi attorno nella speranza che nessuno potesse vedermi. Sussultare per ogni piccolo rumore che faceva sprofondare il mio cuore nel terrore, sforzarsi di riconoscere ogni ombra che la luce della luna, alta in cielo, proiettava attorno a me.
Quante sensazioni mi accompagnavano ogni volta che mi avvicinavo a quel luogo. E anche se per molti quell’ammasso informe rappresentava lo scarto della società, per me era una miniera preziosa a cui attingere per saziare la mia fame. Mi ritrovavo a gioire davanti a una crosta di formaggio a un tozzo di pane raffermo, a uno spicchio di mela, che integravano in qualche modo quel poco che riuscivo a raccogliere nella foresta.
Per mia fortuna, l’inciviltà di alcuni aveva trasformato quel luogo sul ciglio della strada, a pochi passi dalla rigogliosa vegetazione che mi teneva al sicuro da giorni, in una discarica a cielo aperto che veniva rifornita di continuo, aumentando le mie speranze di sopravvivere.
Capitava a volte che, conclusa la mia ricerca, l’ansia e la paura si esaurissero come per magia, lasciando posto a un senso di sollievo per essere di nuovo riuscito a passare incolume un altro giorno. Mi sedevo ai piedi di un albero, con lo sguardo fisso al cielo limpido, nel quale spiccava timida la luna. Senza volerlo mi ritrovavo a domandarmi quale desiderio avrei potuto esprimere, nella speranza di vederlo avverato. Era lo scampolo di una fantasia che ancora non era stata vinta dagli eventi crudi e inesorabili a cui la sorte mi aveva sottoposto. Recriminare non serviva a nulla, l’unico da incolpare per quella situazione ero solamente io. La mia venuta, in quel mondo, era stata guidata solo dalla presunzione di sapere cosa fosse giusto, ignorando la storia e il passato di quella parte di me che aveva offuscato il mio giudizio, facendomi commettere un errore dietro l’altro…
Errori a cui ora non sapevo rimediare…
Noah si lasciò vincere dalla stanchezza di quella giornata infinita, simile a molte altre che aveva vissuto dalla sua fuga… la flebile speranza che si sarebbe destato in un mondo diverso accompagnò i suoi ultimi pensieri.
***
Il Vice Ammiraglio Albert Hood amava fissare le onde che si aprivano davanti alla prua della sua nave, lasciando che un mix di orgoglio e soddisfazione animasse i suoi pensieri. Del resto, la Uss New York era una delle navi anfibie più grandi e potenti in servizio nella marina americana, le sue venticinquemila tonnellate e le sue forme squadrate incutevano un sano rispetto e il suo armamento era un valido deterrente per tenere a distanza ogni tipo di malintenzionato. L’uomo, un vecchio lupo di mare con una carriera ormai trentennale, era originario del nord del Texas, nato e cresciuto nella piccola cittadina di Perrynton, a uno sputo dal confine con l’Oklahoma. Spesso si domandava come aveva fatto un ragazzo nato a oltre seicento miglia di distanza dal mare ad arruolarsi in marina, raggiungendo quella importante posizione. Poi si ricordava che anche una leggenda come l’ammiraglio Nimitz, eroe della guerra del Pacifico, era un suo conterraneo.
Aveva supposto che il compito della sua unità, scortata da un cacciatorpediniere di classe Arleigh Burke, il Dewey, fosse quello di mostrare la bandiera e garantire la
protezione della missione delle Nazioni Unite, che da un mese aveva assunto il controllo dell’isola nell’Oceano Pacifico. Fine diplomatico e abile negoziatore, Hood era stato facile
profeta, ma un piccolo particolare era sfuggito alla sua perspicacia. C’era un ospite che, suo malgrado, aveva dovuto accogliere a bordo e con esso il suo piccolo seguito che occupava le cabine sul ponte A, a poca distanza dalla sua. Lo aveva visto di persona solo una volta, a un ricevimento alla Casa Bianca. Era accanto al Presidente e non riuscì ad
evitare di immaginare che tutte le voci e le illazioni sul loro rapporto fossero vere. Il suo comandante in capo non aveva alcuna remora a tenersi accanto quel ragazzino che tentava di ricoprire un ruolo che molti mass media gli avevano tributato forse troppo in fretta.
L’ufficiale appoggiò le braccia sul bordo del parapetto osservando attorno. Certo era lieto che Christopher Lowen avesse salvato il Presidente, ma il suo apprezzamento non andava oltre, e ora si ritrovava a scarrozzarlo per l’Oceano. A quel compito se ne aggiungeva un secondo, molto più impegnativo: garantire la sua protezione in una delle zone più rischiose del pianeta. Fortunatamente l’idea che restasse a bordo della New York per tutta la durata della missione, eccezion fatta per una breve visita a terra, lo rassicurava.
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