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Remington Tate è uno dei nomi di spicco tra i pugili che si affrontano nei combattimenti clandestini in città. Ha un carattere difficile e una pessima reputazione, e tutto quello che lo circonda è un mistero. Perché la mente di Remy è un insieme di luci e ombre, di complessità e logica. A volte il suo comportamento è gelido, perfettamente misurato, ma altre volte i suoi eccessi d’ira gli fanno perdere il controllo. Questa è la sua versione della storia. Nonostante tutte le difficoltà che abbia mai affrontato, l’unica costante della vita di Remy è stata amare perdutamente Brooke Dumas. Dalla prima volta in cui ha posato gli occhi su di lei, la sua fisioterapista, non ha avuto dubbi: avrebbe lottato contro qualunque difficoltà pur di essere degno di lei. Perché amare Brooke è la cosa più autentica che gli sia mai successa e non ha nessuna intenzione di lasciare che i suoi demoni interiori prendano il sopravvento.
Prima di iniziare a parlarvi di Remy (questo è il titolo in originale del terzo volume della serie), una doverosa avvertenza: non leggete questa recensione se non avete già letto i primi due volumi, o quantomeno il primo, perché dovrò dare per scontato che lo abbiate fatto, che alcune informazioni vi siano note e il citarle da parte mia non vada a inficiare la vostra futura lettura.
Premesso allora che la storia di Remington e Brooke la conosciamo già, dal punto di vista di lei, passo a descrivervi le mie impressioni su questo libro, in cui tutto ci viene raccontato nuovamente, stavolta però dal pov esclusivo del nostro ragazzone. Chi si aspetta di trovarvi fatti nuovi e sorprendenti, eventi non inclusi nei romanzi precedenti, potrebbe rimanere deluso. Altrettanto dicasi per coloro che non amano conoscere già ciò che accade. Se siete lettrici che rientrano in questa tipologia, il rischio che possiate annoiarvi è alto. Ecco, penso di avervi terrorizzato abbastanza, eheheh. Ora, se invece, come me, anelate a entrare nella testa di Remy e a rivedere e rivivere gli eventi coi suoi occhi, la sua mente e il suo cuore, azzerate tutte le spaventose premesse e non lasciatevi sfuggire questo romanzo.
Non vi parlerò della trama, che conoscete già bene, se non per aggiungere che il filo conduttore dei ricordi verrà srotolato in poco meno di mezza giornata, nel giorno del loro matrimonio, con un Riptide che rivive tutto mentre attende la sua sposa all’altare, nervoso e agitato molto più di un qualsiasi altro futuro marito. Lasciatevi dunque trasportare dai pensieri di Remy e dal ritmo col quale l’autrice li scandisce, perché sarà questo, più di ogni altra cosa, a farvi immergere nella sua realtà. Al di là dei fatti in sé, il ritmo della narrazione è ciò che più vi colpirà, altalenante come l’umore di Remington. Un ritmo pacato e riflessivo, seppur tendente al pessimismo, accompagnerà i giorni “buoni”, quelli in cui Remy vive il presente in maniera propositiva ma anche con una certa cautela, memore delle invalidanti esperienze passate.
Detesto pensare che quando la farò mia e verrà fuori il mio lato oscuro, lei se ne andrà, solleverà un muro e non mi farà più entrare, costringendomi a essere soltanto un divertimento per le donne. Un dio del sesso e un trastullo. Non sarò la realtà di nessuno. Non sarò la scelta di nessuno. Non sarò mai niente per nessuno.
Non dovete pensare, però, che il nostro pugile passi il tempo ad autocommiserarsi per tutto ciò che di storto è andato finora nella sua vita o per la gravità della sua patologia. Nulla di tutto questo, anzi il contrario. Remy si proietta in avanti, sempre, in ogni cosa, con positività. Se prima il suo unico obiettivo era vincere il campionato Underground, da quando vede Brooke per la prima volta, lei diventa il suo obiettivo più importante. Semplice attrazione? Amore a prima vista? Chiamatelo come volete, ma per me non poteva andare altrimenti, per una persona che vive le emozioni in maniera viscerale come Remington.
Sono incasinato e imperfetto, ma sono umano e voglio delle cose. E quello. Che. Voglio. È. Lei. La voglio troppo per mandare tutto a puttane.
Una volta messo a fuoco il bersaglio, tutto il resto diventa per lui irrilevante. Ve ne renderete conto, come me, dal fatto che nei ricordi non si sofferma mai su ciò che ha dovuto fare, sui sacrifici da sostenere, sul prezzo da pagare pur di ottenere lei, di esserne degno e in grado di prendersene cura. Un esempio per tutte: nel secondo libro, dal pov di Brooke, leggiamo una delle scene più emozionanti e commoventi, quando Remy si sottopone volontariamente ad elettroshock. Ebbene, in questo volume non ne troverete menzione. Perché? La risposta di Riptide sono certa sarebbe questa: “è irrilevante, cazzo!”
Adesso non voglio che la donna che amo. Voglio soltanto che mi ami come nessuno mi ha mai amato prima d’ora. E combatterò più forte, solo per lei.
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Ho sempre combattuto per controllare i miei sbalzi di umore. Ho combattuto per la mia salute, per divertimento, per sfogarmi. Ho combattuto arrabbiato, stanco, depresso, affamato, eccitato. Ho combattuto per dimostrare il mio valore ai miei genitori quando a loro non importava niente. Ho combattuto per dimostrare a me stesso che sono forte. Ma adesso combatto per dimostrare il mio valore a lei. E otterrò questa vittoria.
Ma lasciatemi tornare un attimo al discorso del ritmo narrativo variabile. Sappiamo che i primi accenni di nervosismo sono spesso il sintomo dell’arrivo per Remington della fase maniacale, e qui devo fare un applauso alla Evans, consentitemelo. Il ritmo in quelle parti accelera, prima lentamente, poi in maniera parossistica, rendendo perfettamente l’idea dell’agitazione e della frenesia di cui R. diventa preda. Leggevo e mi mancava il respiro, non tanto per la megalomania e per gli scoppi di rabbia di R., quanto proprio per l’ansia che la Evans è riuscita a trasmettermi, scandendo il tempo con parole che si accavallano, che perdono quasi ogni riferimento temporale, lasciando sentire al lettore solo un continuum di esagitazione, di cuore che corre, veloce, veloce, sempre più veloce, come i pensieri di R., fino alla brusca frenata farmacologica. Diamine, porca paletta, che giostra! Una giostra che, grazie alla presenza di Brooke, a volte e per fortuna, non raggiunge la velocità di fuga, ma fa solo un giro per poi tornare gradualmente al punto di partenza.
Solo Brooke ha questo effetto sul mio corpo. Il rumore dentro di me si ferma, e mi sento completo e appagato, in pace, non appena i miei occhi incrociano i suoi.
Manca, o lo troverete solo accennato, il ritmo lentissimo dei lunghi giorni di depressione che seguono alle fasi maniacali, e questo perché Remy stesso preferisce sorvolare, come ho già accennato prima, sui giorni “brutti”, di cui ha tra l’altro solo ricordi vaghi e confusi.
Sta di fatto che posso dire di aver trovato, nella storia narrata dal punto di vista di Remington, tutto ciò che mi aspettavo, ovvero entrare nella sua testa, nelle sue distorsioni, nei suoi sbalzi d’umore tremendi, vivendoli insieme a lui e uscendone con lui, mentre per tutto il tempo tiene gli occhi puntati sul suo unico faro a indicargli la via: Brooke.
Cosa potrei aggiungere? L’ho amato, lo amo, questo ragazzo così forte e così fragile allo stesso tempo. Ma più di tutto così determinato a prendersi dalla vita ciò che gli hanno sempre detto di non poter avere, di non poter meritare. Amo la sua risolutezza a meritarsi l’amore di Brooke, costi quel che costi, e a esserne degno. In teoria rimanergli vicino dovrebbe essere difficile, a volte pericoloso. In pratica invece, amarlo è la cosa più facile e naturale che ci possa essere al mondo.
Sono un pendolo. Se qualcosa turba il mio equilibrio, comincio a oscillare. Me lo hanno insegnato i medici. E quando oscillo verso l’alto, non c’è niente al mondo che poi possa impedirmi di cadere. Cado per gravità. È il desiderio naturale del corpo di ritrovare l’equilibrio. Un pendolo cerca sempre un equilibrio. E ora il mio equilibrio è lei.
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