«Ognuno di noi può essere tutto e niente,
può essere vita o morte,
odio o amore,
può essere finzione o realtà.
Tu, Ryana, cosa credi di essere stata per Usheen Doherty?»
Il controllo sulle proprie emozioni è una necessità, per Ryana Murphy.
La sua esistenza è scandita da regole ben precise, almeno finché Samuel McQueen, reporter con una passione per gli alcolici, irrompe nella sua vita portando con sé dubbi e agghiaccianti sospetti sul passato della famiglia Murphy.
Vivere a Derry, in Irlanda del Nord, non è facile; tra quelle strade, spesso è il credo religioso a fare la differenza. Usheen Doherty indossa una divisa, mentre percorre i quartieri intrisi del sangue di una guerra solo apparentemente sedata e rincorre la giustizia con metodi non sempre convenzionali. Qualcuno pensa che combatta dalla parte sbagliata, altri credono che la sua missione sia legittima. Solo Usheen sa quale sia la verità.
Sotto la sottile pioggia irlandese, Ryana e Usheen incroceranno i loro destini, lotteranno una contro l’altro per reclamare la vendetta che da anni bramano, fino a illudersi di averla vinta. Le varianti al loro piano saranno numerose, i tranelli insidiosi e la verità brutalmente distorta.
Ci sono libri che giudico carini, che mi danno un piacere e una soddisfazione momentanei, che mi fanno trascorrere qualche ora in pieno relax, e che dopo qualche tempo dimentico o ricordo solo per sommi capi. Poi ci sono i libri che mi spiazzano, che mi trasmettono emozioni contrastanti, su cui continuo a rimuginare per giorni, dopo averne ultimato la lettura. Ci sono libri che vanno giù come acqua, che disseta in quel momento fino alla prossima sorsata, o che vanno giù come un buon vino corposo e piacevole al palato o, ancora, ce ne sono di frizzanti e freschi. E poi ci sono quelli che potrei paragonare a un liquore forte e amaro, che punge sulla lingua e brucia nello stomaco, il cui gusto persistente rimane in bocca a lungo, ed è solo dopo che inizi a sentirne tutto il suo complesso bouquet che lo apprezzi. Sono i libri che entrano dentro e che vi restano. Uno di questi è “Usheen”.
Se non vi siete annoiati già solo leggendo la premessa, vorrei dunque parlarvi di questo romanzo, di ciò che mi ha comunicato e lasciato.
Anzitutto mi sento di dire che non sono i personaggi i veri protagonisti della storia, ma l’ambientazione, il contesto geopolitico che condiziona la vita di ognuno e ne determina il percorso per larga parte, con scelte obbligate, giuste o sbagliate che siano, coraggiose e riprovevoli al contempo: Irlanda del Nord, Derry/Londonderry, a seconda dei punti di vista, cattolico o protestante. Leggendo avvertivo le catene emotive che stringono con maglie strettissime una libertà solo apparente, fili invisibili che avvincono lo spirito e costringono tutti gli attori a recitare un ruolo, un copione, a indossare una maschera che diventa, col tempo, parte di loro.
Per rendere ciò, vi è alla base un lavoro di ricerca minuzioso e accurato da parte dall’autrice, con riferimenti a fatti realmente accaduti e un’attinenza e un realismo assoluti per gli episodi creati dalla sua fantasia. Chi, come me, conosceva solo superficialmente la storia recente di quella regione, grazie a questo romanzo darà un significato più profondo a termini come I.R.A. o R.I.R.A., alla realtà da cui nacque il terrorismo cattolico, alla ghettizzazione che i cattolici subivano e in parte ancora subiscono dai protestanti leali alla Corona inglese, alle indiscriminate repressioni nel sangue, di cui l’esempio più eclatante fu l’episodio universalmente conosciuto come Bloody Sunday.
Non vi racconterò la trama del libro, né come esso si svolge. Mi limiterò al mio punto di vista sui protagonisti principali della vicenda, per quanto la storia sia in realtà corale e la parte romance non sia centrale.
Ryana Murphy è una ragazza di 24 anni, vive a San Francisco, dove si è trasferita con la madre 13 anni prima; proviene dall’Irlanda del Nord, da famiglia protestante, ed è fuggita dalla violenza che le ha strappato suo padre. Ryana è una ex ballerina classica molto dotata, che è stata costretta ad abbandonare la danza per motivi di salute, dopo aver irrimediabilmente compromesso le proprie articolazioni a causa dei massacranti allenamenti cui si è sottoposta fin da bambina. Ryana è caparbia, disciplinata, schematica, addestrata al sacrificio, chiusa, dura con se stessa e con gli altri. Il suo unico obbiettivo è sempre stato sfondare nel ballo, a questo ha dedicato tutta la sua vita, trascurando vita privata, contatti umani, amicizie, amori. Quando il suo sogno viene meno, tutto il suo mondo sembra crollare, fino a quando non si rialza trovando in un rapporto dominatore/sottomessa un valido sostituto della danza:
“Aveva trovato nello spirito di sacrificio delle sottomesse analogie simili a quelle della danza ed era proprio per questo che si era innamorata di quel mondo.”
Non dovete però pensare che le piaccia essere umiliata, anzi. Naike riesce a rendere comprensibile il difficile concetto di “dominazione dal basso”, perseguito dalla perfezionista Ryana che, nel suo rapporto Dom/sub, assume il nome di Samedi: la ragazza del sabato, la migliore, la preferita dal Maestro. Un giorno Ryana viene contattata da un giornalista, deciso a far luce sulla morte di suo padre e sul ruolo svolto dai poliziotti cattolici che lo arrestarono. I ricordi del passato la investono e risvegliano il suo desiderio di vendetta, o anche solo di verità, e questo la spinge a ritornare nel suo Paese alla ricerca di quelli che, ai suoi occhi di bambina, sono stati i carnefici del padre.
Usheen Doherty è il poliziotto che quel giorno le puntò un mitra in faccia e ora è il suo nuovo vicino di casa. Usheen è un leader nato, dominante, duro, rude, complicato, vive la vita che in parte si è scelto, in parte è stato costretto a scegliere; persegue il suo obbiettivo, la causa cattolica, in maniera spesso discutibile e indossando una divisa che lo rende inviso sia ai cattolici che ai protestanti, persino alla sua stessa madre. Usheen e i suoi fratelli/colleghi sono una squadra solida, di spregiudicati e manipolatori, ma completamente leali l’uno con l’altro, e tutti dediti alla stessa superiore causa di riscatto da una realtà di oppressione e miseria. Usheen non ha tempo di pensare ad altro e legarsi a qualcuno, nel suo mondo, è qualcosa di molto pericoloso, che non può e non deve permettersi.
Per ultimo voglio spendere due parole sul Maestro, colui che metterà in moto tutto, il personaggio che mi ha dato più da pensare sulle motivazioni che lo spingono. Escluderei motivi sentimentali in senso stretto: Samedi è solo una delle sue sottomesse, per quanto preferita, e anche se è probabile che abbia sviluppato un certo affetto per lei, mi sento di escluderlo dall’equazione dei suoi motivi. La psicologia del Maestro non ci viene rivelata in maniera chiara, si può solo ipotizzare che porti all’eccesso il patto tra sé e la sottomessa, cercando di renderla felice o, meglio, di svegliarla da una vita/non vita, spingendola ad affrontare e venire a patti con ciò che secondo lui la blocca, impedendole di vivere appieno la sua giovane età. Un Maestro che comprende benissimo che il gioco tra loro non è sufficiente a tirarla fuori dal guscio o per usare i pensieri della stessa Ryana:
“Con la morte nel cuore, si rese conto che anche quello che credeva essere il suo unico paracadute era in realtà uno zaino vuoto.”
Che nella suddetta equazione rientrino poi anche interessi di altro tipo, economici e/o politici, questo potrebbe essere solo un vantaggio collaterale.
Tutti personaggi difficili da amare, impossibili da dimenticare, forti e contorti. In particolare i primi due: apparentemente su opposte barricate, eppure così simili, svilupperanno un legame contraddittorio, fatto di forte attrazione, negazione, comprensione, rancore, malessere, continui contrasti e saltuari incontri passionali. Un legame a cui nessuno dei due oserà attribuire un nome, un legame senza futuro, impossibile anche solo da sognare, perché su tutto prevale la lotta per la sopravvivenza, la battaglia combattuta per strada, l’impegno profuso in segreto nella costruzione di un domani migliore per l’intero Paese.
Infine il mio personale parere tecnico sul romanzo: definirei lo stile utilizzato dall’autrice come volutamente essenziale, secco, duro, soprattutto nei dialoghi e comunque perfettamente calzante al tipo di storia raccontata. Nella versione in mio possesso ho notato pochi refusi e giusto qualche verbo coniugato in maniera non ottimale, ma nulla di che. Disturbante invece la presenza di un paio di paragrafi che erroneamente si ripetono in un capitolo diverso da quello originale, interferendo con la godibilità della lettura di una scena bruscamente tagliata, che riprende solo dopo i paragrafi sopra indicati.
In ogni caso, cinque stelle sono poche.
Grazie Naike Ror.
Recensione a cura di: ARTEMIS
Editing a cura di:
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