Penelope ha ventidue anni ed è una ragazza romantica e coraggiosa con una ciocca di capelli rosa e le unghie decorate con disegni bizzarri. Orfana, vive con la nonna malata nella misera periferia di una città americana, e ha rinunciato al college per starle vicina. Di notte prepara cocktail in un locale e di giorno lavora in biblioteca. Aspetta l’amore da sempre, quello con la A maiuscola. Un giorno Marcus, il nuovo vicino, entra nella vita di Penny come un ciclone. È tutt’altro che l’eroe sognato: ha venticinque anni, è rude, coperto di tatuaggi, ha gli occhi grigio ghiaccio e un piglio minaccioso. È in libertà vigilata e fa il buttafuori in un club. Tra i due nasce subito ostilità e sospetto ma, conoscendosi meglio, scopriranno di avere entrambi un passato doloroso e violento, ricordi da cancellare e segreti da nascondere.
Una storia d’amore e rinascita, dolce e sensuale, tragica e catartica. L’incontro di due anime profondamente diverse darà vita a un amore che guarirà il dolore e l’odio del passato.
Vorrei iniziare questa recensione in modo un po’ diverso. Salirò in cattedra, per cui perdonatemi fin da ora l’attacco di deformazione professionale.
Vorrei parlarvi del concetto di attitudine. Viene definita in molti modi: inclinazione dell’animo, disposizione innata, predisposizione a svolgere certe attività. La definizione tecnica è questa: “L’attitudine può essere considerata una capacità, ossia una disposizione a fare bene determinate cose, definisce un saper fare meglio di altri, non tanto perché si è avuta la possibilità di imparare meglio e di esercitarsi maggiormente, quanto perché presente una sorta di predisposizione innata a ottimizzare l’apprendimento e l’attivazione di determinate conoscenze o esecuzioni”.
Comunque la si chiami, è quel qualcosa che rende l’atleta medaglia d’oro, porta l’attore a vincere l’oscar o il musicista a rapirti in estasi. Se è presente te ne accorgi, lo senti, e distingue le persone in modo inequivocabile.
Amabile Giusti ha l’attitudine alla scrittura, è in questo campo un cavallo di razza che vincerà il gran premio, senza ombra di dubbio. Punto.
Sulla base di questa premessa potrebbe risultare inutile fare la recensione del suo ultimo libro, ma la farò lo stesso perché ci sono cose che vanno dette comunque.
Partiamo dalla trama, come sempre. Non mi sentirete usare parole quali “originale” e “oltre ogni aspettativa”, perché non è la trama il punto di forza di questo libro. Come nei romance più classici l’autrice ha inserito tutti gli archetipi del genere. Marcus, bello e dannato, ma che conserva a modo suo un codice morale, con un passato doloroso che gli impedisce di relazionarsi in modo “normale” con un mondo che lo ha già tradito in mille modi.
Per il momento lavoro come buttafuori in una discoteca. Mi hanno preso, nonostante i miei trascorsi, e dire che si sono informati. Anzi, pare che avere un ex galeotto come guardia del corpo sia figo. È un posto per figli di papà, i primi ad avere bisogno di essere messi a posto quando esagerano. ’Sti bambocci coi soldi si scolano una birra in più e diventano matti. E diventano stronzi con le donne. Ecco, ditemi tutto, puttanate ne ho fatte nella mia vita, ma dare fastidio a una donna mai. Mai presa una con la forza. E non li reggo questi che allungano le mani anche se le tipe dicono no.
Penny, ragazza dolce e ingenua, ma anche forte e determinata, che conserva valori solidi e ha un’idea precisa di come debba essere la sua vita. La sorregge un’ironia di fondo che è uno dei punti di forza di questo libro e anche, mi piace crederlo, quello che la rende unica e attraente.
La casa nella quale abitava con nonna Barbara, che gli amici chiamavano Barbie da sempre, era un piccolo appartamento senza pretese e con poche finestre. Due stanze, un bagno e un soggiorno che faceva anche da cucina, tutto in dimensioni ridotte. La nonna diceva sempre: «Io sono Barbie e questa è la casa di Barbie, per questo è piccola!». Anche i sogni di Penny si erano rimpiccioliti come bambole. Avrebbe voluto iscriversi al college, ma non era riuscita a ottenere una borsa di studio. Meglio così, altrimenti sarebbe stata costretta a combattere una breve battaglia mentale e sentimentale per decidere il proprio destino. Breve perché alla fine si sarebbe data la stessa risposta: resto con la nonna. In questo modo, invece, ogni possibilità di conflitto era azzerata. Barbie aveva comunque insistito affinché si trasferisse al campus e si cercasse un lavoro per mantenersi agli studi, ma Penny sapeva che la sua dolce nonnina, che si sentiva sempre giovane nonostante i settant’anni ampiamente passati, ne avrebbe sofferto in mille modi. Così era rimasta, e non si era pentita. Amava sua nonna più di qualsiasi altra persona sulla terra.
Francisca, anima persa che, come un buco nero, attrae nella perdizione tutto ciò che ama; Grant, il cattivo della situazione, caricatura di tutto ciò che può e deve essere odiato in un uomo; Igor, il cavaliere dall’armatura lucida che risulta però banale e che stravolge i canoni del principe azzurro.
I personaggi di contorno sono deliziosi e, a mio parere, rappresentano la speranza, la possibilità di riscatto che ognuno di noi ha, non solo per esorcizzare un passato burrascoso o triste, ma per sperare in un futuro migliore. Alludo alla nonna di Penny, che ci regala la meravigliosa sensazione che la saggezza, quella vera, alberghi nella dolce follia di abbandonare le inutile sovrastrutture sociali e vivere davvero; a Sherrie, ex prostituta saggia e materna; a Malkovich e a sua moglie, che credono nel buono presente in ciascuno e sono disposti a rischiare in prima persona per difendere le loro convinzioni.
No, il punto di forza di questo romanzo non è la trama, ma come gli elementi, sia pur presenti in mille altri libri, sono stati amalgamati. Un’opera non è la semplice somma delle sue parti, è qualcosa che va al di là del mero contenuto, dei dialoghi o dell’uso corretto della lingua.
La Giusti ha creato qualcosa che scivola dentro come una colata di caramello, non lo so descrivere con altre similitudini. Ti colpisce forte allo stomaco e crea un’onda emotiva che ti spinge a vivere i personaggi, a trattenere il fiato per loro, a ridere delle loro azioni, a sperare che facciano certe cose più di altre. Li odi, a volte vorresti picchiarli, sussurri loro “no, non farlo”, e poi ti guardi intorno perché hai paura che qualcuno ti prenda per pazza.
Questo è un libro. Un italiano perfetto, un uso della sintassi e della grammatica ineccepibile che crea una melodia unica, come unico è lo stile della Giusti, che scriva di vampiri o di ex galeotti dal fascino animale. L’idea di usare la terza persona per Penny e la prima per Marcus è semplicemente geniale e, benché all’inizio possa spiazzare, infine contribuisce a rendere questo libro unico.
Vi lascio un altro piccolo passo, che mi ha fatto eccitare e contrarre il cuore nella sua semplicità.
Grandinava ancora. Il rintocco di quelle lacrime di ghiaccio non era più ipnotico e aggraziato, come la mattina, osservato dalla propria stanza, ma intimidatorio. Per giunta, per la fretta di salire in ambulanza, Penny non aveva portato neanche un dollaro con sé. Come torno a casa? Mi toccherà chiedere un prestito alla dottoressa? I piedi le si stavano congelando e cominciava a venirle da piangere. Almeno le lacrime erano calde e le intiepidivano le guance. E in mezzo a quei gelidi colpi, a un tratto, ebbe la sensazione di perdere l’equilibrio. Per un attimo pensò di essere scivolata sulla strada bagnata e attese di avvertire il tonfo delle proprie ossa sul marciapiede. Ma poi si rese conto che si trattava di qualcosa di completamente diverso. Marcus, giunto come per magia, la stava prendendo in braccio. Così, sospesa, patì quasi un assalto di vertigini. Non era abituata a volare tanto in alto. Non era abituata a volare affatto. «Andiamo» le disse con decisione.
«Ma tu, come…» Non le rispose e percorse un centinaio di metri continuando a portarla in braccio, in mezzo alla gente che sciamava, sotto la grandine incessante. Infine si avvicinò a una vecchia Camaro rossa parcheggiata accanto al marciapiede. Riportò Penny a terra e aprì lo sportello. Lei lo guardò stranita.
«Non è rubata, se è quello che pensi.»
Penny, un po’ confusa, non se lo fece ripetere due volte. Salì sulla macchina, chiedendosi vagamente di chi fosse, mentre Marcus montava dall’altro lato e metteva in moto. Le domandò come stava sua nonna. Poi le domandò come stava lei. Poi ancora, mentre guidava, le prese una mano.
«Accidenti, sei gelata.» Benché ingranasse le marce, non la lasciò fino all’arrivo.
Mi rendo conto di doverla finire qui, altrimenti potrei perdere aplomb e dignità.
Mi congedo con una battuta, come è nella mia natura: Amabile non scrive, compone forte.
Metto cinque stelline perché non ne ho altre a disposizione, ma pensate al cielo e capirete. Leggetelo, davvero.
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