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Il web designer Jodi Peters è una creatura solitaria. Pranzare due volte a settimana con la sua ex fidanzata, diventata la sua migliore amica, e qualche occasionale avventura superficiale in un malfamato bar gay gli forniscono tutta la compagnia di cui ha bisogno, giusto?
Poi una notte si imbatte nel pompiere neodivorziato Rupert O’Neil. Rupert è confuso e solo, ma è il ragazzo più dolce che abbia mai conosciuto. Aggiungeteci l’elettricità inebriante tra loro, e Jodi non può fare a meno di innamorarsi perdutamente. Offre a Rupert un luogo in cui vivere tra le mura del suo accogliente appartamento a Tottenham – un rifugio dove costruire la loro famiglia ideale – e per quattro meravigliosi anni, la loro vita non può essere più felice.
Fino a quando un crudele scherzo del destino porta via tutto. Un momento di distrazione lascia Jodi a lottare per una vita che non riesce a ricordare e spezza il cuore di Rupert. Jodi non lo riconosce, o non vuole farlo. È rimasto poco dell’uomo che adora, e Rupert deve aggrapparsi a quel che resta della sua fede vacillante e pregare affinché Jodi impari ad amarlo di nuovo.
«Accompagni spesso a casa ragazzi gay ubriachi?»
Non starò qui a parlarvi della storia, non vi racconterò nulla degli eventi che si susseguono o dei personaggi. Vi parlerò di quello che è successo a me.
Chiuse gli occhi. Forse, se nessuno dei due avesse parlato, il mondo avrebbe smesso di girare e sarebbero potuti rimanere così per sempre.
Credo di essermi sbriciolata, splendidamente frantumata, fottutamente disintegrata e, allo stesso tempo, sorprendentemente ricomposta; ed è stato, ed è, meraviglioso. Meraviglioso.
Ho rivissuto paure che credevo di non aver “bisogno” di rivivere, ma evidentemente non era così. Su alcuni argomenti, e questa storia ne ha toccati parecchi, metto la testa sotto la sabbia, nascondendomi in me stessa e da me stessa; Garrett Leigh, invece, è riuscita a far uscire quella me che a volte ingabbio e, spesso, affrontare le proprie inquietudini, tramite eroi di carta, fa bene e più di quanto si possa pensare.
«Non c’è quasi più nulla che sembri normale, boyo. È così e basta.»
Una nube di tristezza schiacciante scese su Jodi, come l’oscurità improvvisa prima di un temporale. E con essa, arrivò la certezza che l’incidente non aveva rubato la vita solo a lui. Jodi non ricordava la vita che aveva perso, ma Rupert sì. Ricordava tutto, e la perdita nei suoi occhi tormentati feriva Jodi molto più di quanto avesse mai fatto qualsiasi dolore fisico.
«Dannazione, mi dispiace tanto.»
Rupert scosse la testa. «Non farti questo. Fidati, non serve. Non possiamo guardare indietro e aggiustare quello che non c’è più. […].»
Da un certo punto ho letto il romanzo con occhi perennemente lucidi.
In alcuni momenti erano accompagnati da sorrisi, in altri da una tensione così forte che mi sembrava impossibile respirare, e in altri ancora alcune lacrime mi sono scese: per il dolore, per la paura, per la rabbia e per l’incredulità di come un secondo – un cazzo di secondo! – può cambiare tutto, e alla fine, fortunatamente, le lacrime sono scese per la gioia. Quella di ritrovare se stessi, la vita e qualcosa in più, nonostante tutto, sempre.
«Jodi? Parlami. Stai bene?»
Per un lungo, ansioso momento, lui non rispose, poi scoppiò a ridere e lo strattonò per poterglisi sdraiare sopra. «Bene? Mi sento come se mi fossi appena lanciato da un aereo con un maledetto paracadute.»
«Spero tu sia atterrato in piedi.»
«Sono atterrato sulla cazzo di luna.»
Toccante, vero e commovente senza essere drammatico.
Meraviglioso… l’ho detto?
“Recensione”:
Editing:
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