Fuori, nel mondo, Lochan non si è mai sentito a suo agio. Gli altri sono tutti estranei, alieni… Solo a casa riesce a essere se stesso. Maya ha sedici anni, è una ragazza sensibile, delicata e molto più matura di quello che la sua età richiederebbe. Lochan e Maya sono fratelli, e hanno altri tre fratellini da accudire: Kit, Tiffin e Willa sono la loro ragione di vita e la loro preoccupazione più grande, da quando il padre li ha abbandonati per una nuova famiglia e la madre ha iniziato a bere, si è trovata un altro uomo e a casa non c’è mai. I giorni passano e solo una cosa ha senso: essere vicini, insieme, legati, forti contro tutto e tutti. Per Maya, Lochan è il migliore amico. Per Lochan, Maya è l’unica confidente. Finché la complicità li trascina in un vortice di sentimenti, verso l’irreparabile. Qualcosa di terribile e meraviglioso allo stesso tempo, inaspettato ma in qualche modo anche così naturale. Qualcosa che, ancor prima di iniziare, è già condannato.
Questa è, forse, la recensione più difficile che abbia mai scritto. Non per il tema che tratta, che come si evince dalla sinossi è l’incesto, bensì per la giovane età dei protagonisti. Non leggo Young Adult perché non amo le storie con protagonisti acerbi, ma ahimè, questa volta sono stata attratta dal tabù dell’incesto. Che ci posso fare? La curiosità è donna!
Lochan e Maya non sono solo due fratelli di sangue (fino alla fine ho sperato che non lo fossero per dar loro una possibilità), sono due compagni di vita che lottano contro un destino che non è stato affatto cortese.
Una donna li ha partoriti e ha partorito anche i loro tre fratellini: non la definisco mamma perché questo appellativo non è sempre dovuto all’atto del parto. La “signora” in questione, infatti, non bada alla sua famiglia, né in termini di affetto e sostegno, né in termini di quotidianità. Concede loro qualche spicciolo solo nei momenti in cui Lochan la minaccia di andare sotto casa del suo nuovo uomo e rivelargli che la donna con la quale condivide la mancata giovinezza è una madre con ben cinque figli da mantenere.
Si capisce sin da subito che il ragazzo ha preso in mano le redini della famiglia: pensa ai compiti, ai tragitti scuola-casa dei due fratellini più piccoli, Tiffin e Willa, pensa a placare le manie di grandezza di un tredicenne scapestrato, Kit, pensa alle faccende domestiche e anche alla cucina. In tutto ciò però non è solo, non lo è mai stato. Accanto a lui c’è Maya, la sorella che ha tredici mesi meno di lui, con cui condivide ogni singola responsabilità, ed è proprio per questo motivo che li ho definiti, qualche riga più su, compagni.
La storia è narrata attraverso la quotidianità di tutti i fratelli, ed è questo ciò che più mi ha fatto male. Cerco di spiegarmi meglio. Lochan e Maya sono dei ragazzini, 18 e 17 anni, alla quale la vita ha imposto un onere che molti adulti rifiutano: la famiglia. Vanno a scuola come tutti i loro coetanei, ma al loro rientro a casa non li aspettano i compiti di scuola e un lungo oziare sul divano, ma i compiti dei loro fratelli, la cena da preparare con ben poco nel frigorifero, i litigi con i due fratelli maschi che non li riconoscono come figure da seguire e una bimba che vuole solo giocare. E la mattina non possono passare, giustamente, ore davanti all’armadio e allo specchio per prepararsi, perché devono pensare a svegliare tutti, preparare la colazione, appaiare calzini, controllare gli zaini, e soprattutto arrivare in tempo a scuola. Quest’ultimo dettaglio non è di poco conto, Lochan e Maya non possono permettersi di attirare gli sguardi delle maestre, perché anche un solo sguardo potrebbe significare una chiamata a una madre assente, da cui potrebbe derivarne un’altra agli assistenti sociale, i quali senza ombra di dubbio, viste le loro condizioni, li dividerebbero per portarli in case famiglie.
Mezza pagina di recensione e ancora non sono arrivata al nocciolo della questione: l’incesto. Sapete perché? Perché nonostante sia il fil rouge del romanzo, è davvero un contorno, è un plus. Ciò su cui si focalizzerà la vostra attenzione sarà l’unione, la forza di questi due fratelli, nel tenere insieme ciò per cui vivono: i loro fratellini.
Non posso però non parlarne. Questo amore che sboccia è, sembra assurdo dirlo ma è così, “innocente”. Siamo di fronte a due ragazzi che non hanno alcun punto fermo nella loro vita, se non la presenza l’una dell’altro. Sono consapevoli che quanto sta accadendo sia completamente fuori luogo, malato e illegale, ma molto probabilmente, la spregiudicatezza, la mancanza di “normalità nella quotidianità”, unite agli ormoni che impazzano a quell’età offuscano la loro razionalità a favore di un sentimento che seppur “sbagliato” è l’unica cosa che li rende felici.
Non posso permettermi di riflettere su ciò che significa. Non voglio neanche pensare al nome di questa cosa. Mi rifiuto di consentire che etichette affibbiate dal mondo esterno rovinino il giorno più bello della mia vita. Il giorno in cui ho baciato il ragazzo che avevo sempre tenuto chiuso nei miei sogni ma che non mi ero mai concessa di vedere sul serio. Il giorno in cui ho finalmente smesso di mentire a me stessa, di fingere che quello che provo per lui sia solo un certo tipo di amore, quando in realtà si tratta di amore in tutti i sensi possibili. Il giorno in cui ci siamo finalmente liberati delle nostre costrizioni e abbiamo dato spazio ai sentimenti che aveva represso così a lungo solo perché siamo fratello e sorella…
Chi parla è Maya, una giovane donna che combatterà per tenere in vita questo amore malato e inopportuno, e allo stesso tempo lotterà con tutta se stessa per non essere scoperta, per non pregiudicare la pseudo-stabilità familiare che tanto hanno faticato a costruire lei e Lochan per i loro fratellini.
Lui invece è di una fragilità disarmante, ed è la prima volta che riscontro una caratteristica simile in un protagonista maschile (vi ricordo che non leggo YA, per cui non ho molti termini di paragone). È un uomo per quanto riguarda l’assunzione della responsabilità di garantire una vita serena ai suoi fratellini, è un ragazzo insicuro su tutto il resto. Non riesce a parlare con i suoi coetanei, si definisce molto spesso “anormale”, “asociale”. Quando scopre di provare sentimenti che vanno al di là del bene fraterno per Maya, il bene diventa amore, l’affetto diventa passione, ma allo stesso tempo le sue insicurezze divengono paure, la sfiducia verso il futuro diventa terrore. Se Maya è obnubilata dall’amore, lui è ben cosciente che le carezze sono inadeguate, i baci fugaci sono immorali, anche solo gli sguardi scambiati sono indecenti, non parliamo poi dell’ipotesi di fare l’amore, oltre che illegale sarebbe disgustoso! Disgustoso… eh già! Come si può impedire, però, a un fuoco di artificio di splendere quando la miccia è stata accesa?
Fuoco… Fuoco è una parola grossa! In questo libro non troverete niente di erotico, gli incontri fra i protagonisti sono tratteggiati, sono semplici, non vi è nulla di erotico o sensuale. Riscontrerete tenerezza, dolcezza, voglia di scoprire e conoscersi profondamente, ma nulla che possa essere ricondotto alla parola volgarità. Le mani di Lochan sono come una goccia di pioggia che si poggia delicatamente su un petalo di rosa.
OT: Oh mamma! Nella stessa recensione ho usato il termine “fare l’amore” e “petalo di rosa”, sono scioccata! Non penso sia mai accaduta una cosa del genere. Questa mia sciocchezza è solo per farvi comprendere come il linguaggio e le situazioni siano adatti anche alle persone più, se mi concedete il termine, “sensibili”.
Questa è dunque la storia di Lochan e Maya, due giovani fratelli che si amano e che dovranno fare i conti con due domande:
Come può il nostro amore essere terribile se non stiamo facendo del male a nessuno?… Come può una cosa tanto sbagliata renderti così felice?
Eccoci arrivati finalmente al punto in cui volevo arrivare: questo romanzo tratta il tema dell’incesto. Non lo leggete per favore se non prediligete il genere “diverso dai classici schemi” e vi prego di non giudicare chi invece lo fa. Il libro ha un epilogo ben preciso e penso anche una morale, o almeno così l’ho interpretata io: “etichettare” un’azione, “definire” a tutti i costi il concetto di “normalità”, “qualificare” una persona in base ai sentimenti, comporta delle conseguenze. Queste sono imprevedibili, e la reazione degli animi verso cui si proiettano sono indeterminabili. Ogni qual volta diciamo a qualcuno: “È sbagliato! Non si fa!” stiamo giocando con lui alla roulette russa. Ora non sto giustificando l’incesto, lungi da me una cosa del genere, sto solo dicendo che ogni persona è una storia, e finché questa storia non fa del male a nessuno, non è necessario giudicare. Le conseguenze, ripeto, possono essere devastanti.
Quand’è che una mosca rinuncia a scappare da una finestra chiusa? Il suo istinto di sopravvivenza continua a spronarla finché il fisico non ce la fa più, oppure arriva a un punto in cui si rende conto, dopo l’ennesima botta, di non avere più scampo? Quand’è che il troppo è troppo?
Editing a cura di:
Recensione a cura di:
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