Triskell Edizioni – Acquistabile qui
Melice Redding ha capito. Dopo dieci anni trascorsi in carcere per difendere Richard Bell, ha capito che non vale la pena di morire per lui, e ha scelto di combattere.
I passi da compiere sono chiari: trovare Richard, preparare la propria difesa al meglio, e aspettare fino alla data del processo.
Il destino della detenuta sembra roseo, eppure l’attesa si rivela più complicata del previsto. Ci sono troppi spettri del passato a intralciare il riscatto di Mel, troppa rabbia da frenare e neppure un Guardiano d’Anime a proteggerla da quella follia. Perché i desideri sono più forti delle buone intenzioni, e nessuno scorpione muta la propria natura.
L’accesso alla Zona Nera era sempre controllato da due guardie.
Non parlavano, non ti guardavano; semplicemente, fornivano le chiavi magnetiche da inserire nelle serrature.
Si trattava di tre carte rosse, distribuite in modo da non poterle mai reperire in un colpo solo: due venivano affidate ai custodi e una al Guardiano d’Anime.
Pete salutò gli uomini silenziosi e prese le tessere.
Vi fu un cigolio leggero, dopo che le ebbe passate nei tre lettori, poi la superficie riflettente d’acciaio liscio svanì nel muro.
Un cancello per il nulla.
Con M.T.V.M torniamo nel futuro che avevamo conosciuto nei primi capitoli di 83500: un futuro non così lontano, ma già palesemente distopico. Anche se rimaniamo chiusi con Mel negli ambienti angusti della prigione, riusciamo a cogliere che qualcosa là fuori è cambiato, e ancora cambia, e non in meglio.
Al contrario di 83500 in cui c’era spazio per la vita normale, gli spazi aperti, M.T.V.M. è un libro claustrofobico, soffocante.
Le finestre non esistevano da nessuna parte, dentro a ReBurning.
L’aria era finta, fasulla, insieme alla luce pallida e alla gentilezza delle persone. Era un’illusione, come credere di essere ancora vive.
La narrazione, nella prima parte, è rapida, ansiogena e convulsa, proprio come la situazione di Mel, a metà tra la speranza di una liberazione e la paura di essersi illusa, in una quotidianità imprevedibile, perché circondata da detenute spesso completamente irragionevoli. E la sua confusione diventa la nostra, mentre non capisce come il mondo le si sta muovendo intorno, mentre le notizie sull’indagine che la riguarda cambiano in modo repentino e la vita in prigione diventa spesso una fonte di pericolo.
«Una scommessa,» mormorò, unendo le mani di fronte al viso. «Sì, sì, una scommessa.»
Aveva gli occhi spalancati.
Sembrava che soltanto lei stesse vedendo qualcosa di meraviglioso, e le cose meravigliose di Grace non portavano mai a nulla di buono.
«Che tipo di scommessa?» chiesi, cupa.
«Mel, tesoro, vuoi puntare anche tu?»
«Dovrei?»
«Beh, dipende,» disse, sempre più divertita.
«Da cosa?»
«Dalla persona su cui scommetti,» rispose.
Eliza aveva smesso di masticare e stava posando i biscotti sul tavolo.
Saltava con lo sguardo da Grace a Pete, ansiosa.
Cominciava a capire.
«Se scommetterai su di te, Mel,» continuò Grace, «e vincerai, temo che non potrai godere della vittoria molto a lungo.»
In quel momento iniziai ad avere paura. Tanta.
Questa confusione però, purtroppo, si riversa troppo anche sul lettore quando fatica a capire le dinamiche di certe scene o di alcuni dialoghi, o vive la sensazione di aver assistito ad avvenimenti che non sono collegati al prosieguo della trama.
Poi la narrazione cambia: nella seconda parte il romanzo prende le caratteristiche di un bel thriller processuale, nel quale si rincorrono giochi di potere, informazioni nuove e improvvisi voltafaccia. Si viene travolti delle pagine e dalla battaglia che dovrebbe consentire a Mel di vincere.
A contorno, e soprattutto a sostegno, della battaglia di Melice c’è il suo amore per la figlia e per Gabriel, che in poche pennellate illumina l’atmosfera cupa e trasmette a una Mel apparentemente impotente, un po’ di speranza per il futuro.
E mi baciò. Dio. Era da tanto. Era veramente da tanto. Soffrivo per il labbro tumefatto, come lui, ma non mi sarei allontanata per nulla al mondo. Finalmente. Gli buttai le braccia al collo, trascurando il dolore che sentivo in ogni parte. Perché era Gab, ed era lì. Per me.
Un libro con alti e bassi, quindi: se da un lato c’è un’evidente scelta stilistica che tende a sottolineare l’atmosfera disperata e convulsa del carcere, dall’altro questo come già evidenziato, rende la lettura a tratti non facile e non del tutto coinvolgente. A suo favore un’ambientazione interessante e inquietante – anche quando solo tratteggiata – un Gabriel personaggio affascinante e misterioso, una protagonista con luci e ombre, determinata ma non priva di empatia, e la sensazione che ci sia ancora molto da raccontare. Indizi sparsi per il libro ci dicono che non è ancora finita e che niente è lasciato al caso.
Geniale il titolo. Perfetta rappresentazione della situazione in cui si trova Melice, ma si capisce solo leggendo…
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