Inghilterra, fine Settecento. Rudyard di Trent ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita. È giovane, nobile, affascinante e un inguaribile libertino. Non ha mai incontrato l’amore, né si augura di incontrarlo. Ma un aristocratico ha dei doveri nei confronti della propria casata, tra i quali mettere al mondo dei figli, possibilmente maschi e legittimi, e il matrimonio è l’unico modo per ottenere tale risultato. Questo è ciò che pretende da lui il duca di Steventon, nonno autorevole e tirannico, l’unico verso il quale egli nutra un po’ di rispetto. Pertanto, all’età di ventotto anni, il marchese di Trent si vedrà costretto ad accantonare i duelli, le bevute, le scommesse e le ballerine, per frequentare qualche fanciulla di buona famiglia.
Sulla sua strada, in senso letterale, giungeranno la giovane Lyselle, tanto graziosa quando sciocca, e la sorella di quest’ultima, Allyson, il cui aspetto ordinario e i cui modi glaciali suscitato subito, a pelle, tutta la sua antipatia. Mentre Lyselle cerca di carpirne le attenzioni, Allyson le respinge e anzi dimostra di disprezzare lui, le sue ricchezze, e la vita dissennata che conduce. Rudyard di Trent, abituato a essere riverito dagli uomini e corteggiato dalle donne, insolentito da tanta impudenza, medita subito di conquistarla e di farle conoscere il significato della parola “disperazione”.
Ma l’amore non gioca pulito coi cuori degli uomini. Per uno straordinario gioco di circostanze, infatti, Rudyard e Allyson saranno costretti a trascorrere del tempo insieme, e lui si renderà ben presto conto di essere attratto dall’unica donna che si dimostra disinteressata alle sue proposte. Tra i due si instaurerà un clima di reciproco dispetto, di apparente avversione, che nasconde una realtà ben diversa e un sentimento più forte di quanto entrambi vogliano ammettere.
Durante una frivola Stagione londinese, tra feste danzanti, gite in carrozza, baci rubati e litigi d’amore, i destini di tutti si mescoleranno come carte da gioco, e Rudyard e Allyson impareranno a conoscersi, a sopportarsi, a perdonarsi e amarsi nonostante i pregiudizi, le differenze sociali, e la loro stessa testardaggine.
Premessa. Io amo gli storici. Amo immergermi in altre epoche e amo quando un autore mi accompagna per mano in contesti così diversi dal mondo attuale, facendomi sognare mondi lontani e affascinanti, dove l’onore non era una parola vuota, ma indicava una costellazione di valori per cui le persone erano disposte anche a morire.
Scrivere uno storico non è semplice, forse più di altri generi, per rendere il tutto credibile, conta la capacità di fare ricerche minuziose. Bisogna essere in grado di riprodurre l’atmosfera del periodo, non solo descrivendo corsetti o armature, ma utilizzando un linguaggio cronologicamente corretto.
Ho letto storici di ogni genere ed epoca.
Ci sono quelli che delineano in modo maniacale paesaggi, ambienti, vestiti e fanno quasi passare in secondo piano la storia; quelli che, invece, sono parchi di descrizioni fino a essere imbarazzanti o presentano degli anacronismi evidenti, trasmettendo l’idea che l’autore non si sia documentato a sufficienza.
Come in tutte le cose la parola chiave è equilibrio, il giusto connubio tra necessità di descrivere l’epoca e attenzione alla storia. Il tutto deve scorrere con leggerezza, come se si stesse dipingendo un quadro.
Ciò premesso, arriviamo alla presente recensione. L’onore dei Richmond è ambientato alla fine del 700 in Inghilterra. I protagonisti sono Allyson Anders e Rudyard, Marchese di Trent. Lei è una “zitella” di venticinque anni che non ha mai debuttato in società, troppo impegnata ad arginare una madre sciocca e una sorella cattiva quanto vanesia.
Dopo la morte del padre ha dovuto sobbarcarsi la responsabilità di mantenere saldi i principi e stretta la borsa, per poter sopravvivere con la esigua rendita di cui dispongono.
Vi avviso subito, è la prima volta che mi innamoro del personaggio femminile. Allyson è il mio nuovo mito. Una donna che cavalca come un uomo, spara come un uomo e si batte come un uomo. La prima scene con Rudyard sono bellissime e danno l’idea del personaggio.
“Il mio titolo e il mio potere non vi incutono alcuna soggezione, vero?” Gli occhi di Rudyard luccicavano, verdi come mare in burrasca.
“Di solito, sono sottomessa da una mente superiore e da una straordinaria bontà d’animo, a prescindere da chi le possegga. Un intelletto eccellente e un cuore pulito sono capacissimi di inginocchiarmi al loro rispetto. Ma i titoli e il potere sono abbagli per ragazzine che hanno visto ancora troppo poco della vita e si illudono che essere barone piuttosto che conte o perfino principe identifichi necessariamente un gentiluomo. Ma scusatemi, temo di avervi annoiato con i miei frivoli ragionamenti. Vi auguro una buona giornata.”
[…] “Sarete contenta di sapere”, disse lui, “che non ho alcuna intenzione di rovinare vostra sorella. Potete mettervi l’anima in pace, non tenterò di rubarle qualche virtù come avete temuto. E non soltanto perché mi sono reso conto che non mi interessa, ma perché è molto probabile che non abbia più alcuna virtù da rubare.”
Se si aspettava che quel discorso suscitasse in Allyson una risposta scontata, del tipo “siete disgustoso” o “come vi permettete”, frasi talvolta pronunciate tra le lacrime dalle signore che licenziava senza troppi scrupoli, dovette ricredersi ben presto, perché la signorina Anders gli assestò una raffica di colpi così veloci e sorprendenti che non ebbe il tempo di schivarli. Dapprima, un pugno chiuso su un occhio, e subito dopo, con forza impensabile, il peso di un ginocchio dove sapeva che gli avrebbe fatto più male. Il marchese emise un grido di autentico dolore e di altrettanto sincero sbalordimento. Infine, senza dire una parola, lei gli puntò un dito sul petto, solido, violento, come se volesse scavargli le costole, e lo spinse decisamente indietro, mentre vedeva ancora le stelle. Quindi andò via, con passo marziale, lasciandolo interdetto e accartocciato sull’erba.
La Giusti ci ha abituato a donne forti e spesso più amabili (giuro non è un gioco di parole) per le loro caratteristiche di personalità che per la loro avvenenza fisica. Allyson esprime una serie di caratteristiche che potrebbero far storcere il naso ai puristi, una donna che ha comportamenti poco consoni e decisamente sanzionabili dalla società del periodo. Infatti, i suoi valori sono in netto contrasto con quelli dell’epoca, si rifiuta di essere trattata come merce di scambio e di trovare un marito per poter raggiungere un’identità. Il suo atteggiamento, consolidato dal defunto padre, uomo eccentrico e controcorrente, attira il livore della madre e della sorella, Mrs Anders e Lyselle, le peggiori iatture che possono capitare a un essere umano dotato di intelligenza e raziocinio. La vita di Allyson è fortemente condizionata dai legami familiari che frenano la sua voglia di indipendenza. Una donna in bilico tra il desiderio di emergere, di essere se stessa, e il dovere di prestare assistenza alle uniche due persone che le sono rimaste.
Lui è il classico nobile libertino, perennemente impegnato a divertirsi e a godersi i frutti di qualcosa che non si è davvero guadagnato, se non per i natali che ha avuto. Passa le sue giornate tra i cavalli, le case da gioco e di piacere, senza che questo intacchi minimamente il suo amor proprio. È di certo un figlio della sua epoca, troppo impegnato a godersi i privilegi per soffermarsi a riflettere su quanto sia in realtà vuota la sua vita, su quanto il suo destino sia segnato e influenzato dal nonno, che ama e critica con eguale intensità.
Allyson e Rudyard sono due persone così diverse, così agli antipodi che ti chiedi come potranno mai trovare un punto di incontro.
Eppure, come spesso accade, troviamo àncore di salvataggio dove meno le si aspetta. Allyson troverà nel rapporto con il Marchese la realizzazione completa del suo essere donna e persona, Rudyard troverà la forza di essere se stesso liberandosi dal ruolo che la società gli impone.
I personaggi secondari sono altrettanto ben delineati. Troviamo quelli negativi, come la madre e la sorella di Allyson, avide e in fondo corrotte, e Mr. Oberon un ricco commerciante dai modi inquietanti. Tra quelli positivi, ho trovato spassoso il compassato cugino Phileas sempre pronto a emettere giudizi, una specie di fastidioso grillo parlante che non ne azzecca una; molto dolce la cugina Harriet; assolutamente adorabile la fidanzata di Rudyard, Charlotte, che è riuscita a sorprendermi. A metà strada si trovano il nonno di Rudyard, il Duca di Steventon, che vede nel nipote l’ultima speranza di discendenza, e la madre, donna che non sono riuscita a inquadrare bene, arguta e con un fondo di dolcezza che però come personaggio non riesce a emergere del tutto.
La scrittura della Giusti è come sempre scorrevole, il linguaggio ricercato e perfetto per delineare le atmosfere dell’epoca. Le descrizioni non sono mai ridondanti e c’è un’ottima rivisitazione in chiave moderna dei classici romanzi storici.
La trama non presenta particolari elementi di novità, ma come sempre ciò che fa la differenza è la capacità dell’autrice di prendere le tue emozioni e accompagnarle in alto. E se un libro è scritto bene e ti fa volare, il resto non conta.
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