Sensuale come una moderna Lolita, ambiguo come un romanzo di Moravia, “La figlia femmina” è il duro e sorprendente romanzo d’esordio della giovane scrittrice Anna Giurickovic Dato.
Ambientato tra Rabat e Roma, il libro racconta una perturbante storia familiare, in cui il rapporto tra il padre, Giorgio, e sua figlia Maria, nasconde un segreto inconfessabile. A narrare tutto in prima persona è però la moglie e madre Silvia, innamorata di Giorgio, ma incapace di riconoscere la malattia di cui l’uomo soffre. Mentre osserviamo Maria non prendere sonno la notte, rinunciare alla scuola e alle amicizie, rivoltarsi continuamente contro la madre, crescere dentro un’atmosfera di dolore e sospetto, scopriamo mano a mano la sottile trama psicologica della vicenda e comprendiamo la colpevole incapacità degli adulti di difendere le fragilità e le debolezze dei propri figli.
Quando, dopo la morte misteriosa di Giorgio, madre e figlia si trasferiscono a Roma, Silvia finalmente si innamora di un altro uomo, Antonio. La cena organizzata dalla donna per far conoscere il nuovo compagno a sua figlia, risveglierà antichi drammi, farà sanguinare di nuovo la ferita rimasta aperta. Maria è davvero innocente, è veramente la vittima del rapporto con suo padre? Allora perché prova a sedurre per tutta la sera Antonio sotto gli occhi annichiliti della madre? E la stessa Silvia era davvero ignara di quello che Giorgio imponeva a sua figlia?
La figlia femmina mette in discussione ogni nostra certezza: le vittime sono al contempo carnefici, gli innocenti sono pure colpevoli. È un romanzo forte, che tiene il lettore incollato alla pagina, proprio in virtù di quella abilità psicologica che ci rivela un’autrice tanto giovane quanto perfettamente consapevole del suo talento letterario.
Non ce l’ha fatta. La figlia femmina, romanzo d’esordio di Anna Giurickovic Dato e candidato al Premio Strega 2017, non ce l’ha fatta a superare il primo sbarramento e a entrare nei dodici romanzi che si contenderanno la finale per il prestigioso riconoscimento. Immutato resta, comunque, il valore di un’opera prima che ha il merito di giocare la partita con un capolavoro della letteratura, Lolita di Nabokov. Più di sessant’anni separano i due testi, contesti storici e sociali differenti, ma La figlia femmina incassa e regge degnamente il confronto impari.
È il racconto disturbante di una famiglia disturbata, e di un segreto inconfessabile che lega le vite di Silvia, Giorgio e Maria: madre, padre e figlia.
Narrato in prima persona da Silvia, La figlia femmina è un romanzo duro, capace di mettere in discussione le certezze del lettore: i personaggi sono tutti vittime e carnefici, privi di redenzione e, forse, di speranza.
Quanto sapeva Silvia di cosa accadeva tra i muri della loro casa a Rabat, quando Giorgio si assentava per leggere le fiabe alla piccola Maria restando a dormire con lei per tutta la notte?
Quanto sapeva la madre di Giorgio quando chiedeva a Silvia di approfondire i motivi dietro agli strani comportamenti e ai disegni di Maria?
Tutto si risolve nelle prime battute: non ci sono misteri da svelare, ma rimane la ricerca di un’innocenza lacerata che di pagina in pagina appare sempre più impossibile da sanare. Resta da ricostruire l’intera vicenda dal passato di Rabat al presente di Roma, dove Silvia e Maria si sono trasferite e un nuovo inizio sembra possibile, ma il pensiero di Silvia resta ambiguo come se lei stessa, per prima, non riesca a crederci appieno. E quando lei finalmente è pronta a presentare alla figlia l’uomo che sta frequentando, Antonio, tutto il dolore riaffiora e il male corrompe ogni animo, senza alcuna esclusione.
La figlia femmina è un romanzo coraggioso, sicuramente non facile: non lascia spazio né al perdono né all’espiazione e la sensazione a lettura ultimata è di pura sofferenza fisica. Bellissime le descrizioni, specie quelle nel suk marocchino, che danno spessore perfino ai dettagli: ogni vicolo, ogni bottega, resta vivido nella memoria; e brava l’autrice che, ricordiamo, è alla sua prima prova narrativa eppure riesce a dosare narrazione e indagine psicologica, tanto da riuscire a tratteggiare dei personaggi autentici, credibili e fortemente ambigui.
Protagonista assoluta nella seconda parte del romanzo è Maria, ormai ragazzina che di infantile non detiene nemmeno il corpo acerbo, e che con la sua carica sensuale e tossica annienta gli altri comprimari sulla scena: incapace a metterle un freno, Silvia è destinata a subire e a pagare per il proprio errore respiro dopo respiro.
Consigliato a chi cerca qualcosa in più di un romanzo di puro intrattenimento.
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