Ottantasei è un bambino senza nome, un numero tra tanti, cresciuto nell’ambiente tetro e violento di uno squallido orfanotrofio. Attorno a lui solo adulti crudeli e impietosi, davanti a lui nessuna speranza. Oggi, poco più che quarantenne, Jamie McCloone è un uomo fragile che conduce una vita solitaria e monotona nella fattoria ereditata dallo zio. Uniche consolazioni, l’amato organetto e Paddy e Rose, gli affettuosi vicini di casa. Lydia Devine è un’insegnante rispettabile, figlia di un pastore protestante, che vive ancora con la madre anziana, accudendola e obbedendole in tutto e per tutto. Jamie e Lydia non potrebbero essere più diversi, ma qualcosa sta per stravolgere la vita di entrambi.
Un incantevole e commovente ritratto della vita rurale nell’Irlanda del Nord all’inizio degli anni Settanta. Una storia che meraviglia e delizia con i suoi personaggi autentici e il suo delicato umorismo. La ricerca universale dell’amore in una favola nera che, pagina dopo pagina, si accende della luce della speranza.
C’è una cosa che mi ha fatto capire questo libro quando sono arrivata alla fine: è maledettamente troppo semplice giudicare una storia senza averla portata a termine. Quante volte abbiamo sfogliato solo le prime pagine di un libro e poi lo abbiamo abbandonato, perché non attirava la nostra attenzione e avevamo la sensazione che non potesse lasciarci nulla di che? E quante altre volte, questi libri abbandonati, li abbiamo ripresi in mano e ne abbiamo portato a termine la lettura, scoprendo che in realtà, la storia ci ha regalato molto più di quello che credevamo possibile? Credo davvero tantissime volte.
Infatti, dopo l’entusiasmo iniziale per questo libro, a un certo punto volevo fermarmi. Non riusciva a coinvolgermi, non capivo cosa volesse raccontare. Per fortuna, sono andata avanti, ma sono in difficoltà a scrivere la recensione, perché non so davvero come farvi capire cosa mi ha fatto provare e di cosa parla la storia. Provo un miscuglio di emozioni che cozzano tra di loro. Ciò che mi viene da dirvi, prima di tutto il resto, è che questa è una storia molto delicata. Non solo per il tema che tratta, ma anche per lo stile con cui è stato scritto il libro. Fin dall’inizio mi sono meravigliata di quanto mi piacesse la penna di questa autrice, perché anche una semplice frase trovo che sia scritta con maestria e delicatezza. Ma dovete sapere che questa non è una storia che fa per tutti, perché non tratta del tipico amore tra un uomo e una donna, non abbiamo nessun maschio alfa, nessuna eclatante prova d’amore, e non è una storia felice. Almeno, non del tutto. Ogni capitolo nasconde un grande dolore che, i due protagonisti, si portano dietro dall’infanzia.
Jamie Mcloone è un contadino che è stato abbandonato dalla madre a dieci mesi e mezzo, in una busta della spesa di un discount sui gradini di un orfanotrofio in un freddo giorno di novembre del 1934. La vita in orfanotrofio è stata orribile e lo ha segnato nel profondo. Lo ha reso diffidente verso gli altri e verso i cambiamenti che potrebbero coinvolgere la sua vita. Il suo animo è così ferito da costringerlo a una vita monotona, priva di significato. Dopo la morte dei suoi zii adottivi, ha perso così tanto la voglia di vivere da non prendersi più cura del casolare in cui vive. Insomma, vive in una casa dalle condizioni pessime, ma per lui va bene così, perché è importante solo cercare di sopravvivere ai terribili ricordi e al dolore della perdita delle uniche persone che lo hanno davvero amato.
“Pianse senza freni, cercando disperatamente di comunicare il suo dolore, finché non gli rimase più una sola lacrima, finché la gola non gli si seccò. Non accadde nulla, però, la voce restò silenziosa. Il suo strazio faceva sussultare l’intera stanza, ma non c’era nessuno in ascolto tranne lui. Era tutto inutile, lo sapeva.”
Lydia Devine, invece, è un’insegnante e ama l’estate, perché solo in quel periodo ha del tempo libero da dedicare solo a se stessa. In realtà, questo tempo libero è solo un sogno, perché lei deve occuparsi di sua madre, una donna che cerca di tenerla lontana dagli uomini solo per assicurarsi che Lydia le stia sempre accanto. Suo padre è morto tempo prima, ma non riesce a sentirne davvero la mancanza. Era molto severo e, a causa delle sue credenze religiose, non vedeva di buon occhio le donne che si truccavano e cercavano di rendersi presentabili con dei vestiti diversi dal solito.
Lydia, a causa di tutto ciò, si sente stretta nella sua condizione. Vorrebbe una vita diversa, vorrebbe essere libera e fare ciò che più ama. Infatti, nel corso della storia, cerca di prendersi un piccolo riscatto e, in alcune circostanze, reagisce in modo diverso rispetto a ciò che le è stato sempre insegnato.
“Continuò a fissare la casa, la prigione, il contenitore nel quale era cresciuta, e si domandò in quale occasione la bambina fosse diventata un’adulta. Perché per Lydia non c’era stato alcun momento determinante, alcuna linea di gesso oltrepassata né alcun nastro spezzato. Aveva vissuto sempre, a quanto pareva, sotto una raffica di comandi e imposizioni, di ‘no’ e di ‘mai’, al punto che spesso si sentiva ancora una ragazzina con ben poca esperienza del mondo reale.”
In questo libro, però, non sono solo i protagonisti a essere importanti, ma anche tutti i personaggi secondari, alcuni dei quali ci entrano nel cuore per la loro dolcezza e assidua presenza nei confronti dei protagonisti. Sono persone semplici, ma dall’animo nobile, e non possono fare altro che tenerezza.
La storia, inoltre, è ambientata nel corso degli anni ’70, quindi capirete che ci troviamo in un contesto storico differente dal nostro, dove la religione ha il suo peso e gli usi e i costumi sono differenti. Sarà anche per questo che, mentre leggevo, mi sembrava di vedere un film d’epoca. Le immagini scorrevano davanti ai miei occhi mentre cercavo di immaginarmi tutti i particolari che l’autrice riporta nelle sue pagine. Particolari che, spesso, la rendono prolissa e fanno perdere un po’ l’interesse, ma voglio credere che sia tutto fatto di proposito. Niente è scritto per caso. Ogni frase, ogni scena, ha un significato maggiore di quanto potremmo pensare. Questi particolari noiosi sono riportati perché, a fine lettura, ritengo che l’autrice ci voglia mostrare la monotonia della vita, quanto sia semplice dare importanza a cose futili, banali, quando intorno a noi c’è un mondo da scoprire, persone da incontrare e il destino che ci attende.
L’incontro tra i due protagonisti avverrà in modo inusuale, ma non mancherà la dolcezza. Vi invito solo a non credere a tutto ciò che leggerete, a essere pronti per arrivare alla fine e meravigliarvi di ciò che vi ritroverete davanti. Tutti i pezzi del puzzle andranno al posto giusto, facendovi sentire completi. Io mi sono commossa e non sono riuscita a trattenere le lacrime, perché ci sono davvero dei capitoli duri da affrontare, soprattutto quelli riguardanti Jamie durante la sua infanzia all’orfanotrofio. Nonostante siano difficili e dolorosi, ritengo che siano anche i migliori capitoli del libro, a parte la fine. Ho percepito la sua sofferenza, la sua voglia di urlare e piangere quando non poteva, la sua voglia di libertà, di essere amato e abbracciato per la prima volta in vita sua. Insomma, tutto ciò che verrà raccontato riguardo gli orfanotrofi, non dovrete prenderlo alla leggera, perché la stessa autrice ammette che, nonostante la storia sia frutto della sua fantasia, questi episodi sono veri, alcuni tratti da testimonianze di chi, in questi orfanotrofi dell’Irlanda ci ha vissuto. Qui vedremo quindi una realtà raccapricciante, perché questi orfanotrofi non salvano i bambini, ma li massacrano, li torturano, li trattano come dei delinquenti.
È straordinario come l’autrice riesca a cambiare modo di porsi nel giro poche pagine. Conosce davvero i suoi personaggi, si adegua a essi e li lascia parlare. Ed è per questo che è stato difficile leggere queste scene, perché mi sono sentita inutile e disperata, perché se avessi potuto avrei salvato questi bambini, che non sono colpevoli degli sbagli commessi dai loro genitori. Mai.
Sarà proprio per questo, forse, che mi ritrovo a dare un bel voto a questo libro, nonostante i momenti di noia e di situazione inutili. Perché sono riuscita a rendere miei i maltrattamenti, gli abusi e, in fondo, anche una felicità genuina.
E poi, amo quando dopo tanto dolore la storia ci mostra che bisogna sempre avere speranza e non mollare mai, perché anche nelle tenebre c’è la luce. E, quella luce, ci salverà la vita.
“No, il paradiso non è lassù in cielo, disse tra sé. Il paradiso è qui e adesso, Cristo santo. Ne faccio parte. Lo sto vivendo. È mio.”
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