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Vincitore nel 2018 del Prix Maison de la Presse, presieduto da Michel Bussi, con la seguente motivazione: “Un romanzo sensibile, un libro che vi porta dalle lacrime alle risate con personaggi divertenti e commoventi”.
Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una storia piena di misteri. Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale.
Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino allora taciuti tra vivi e morti e certe anime che parevano nere si rivelano luminose.
“Cambiare l’acqua ai fiori”, seconda opera di Valérie Perrin dopo l’esordio con il romanzo “Il quaderno dell’amore perduto”, è la vera rivelazione del periodo di quarantena; pubblicato infatti nel 2019, è diventato presto un libro cult nei mesi scorsi, complice il passaparola dei lettori che ha sorpreso gli addetti ai lavori.
Definito da molti un capolavoro, il romanzo prevede una trama piuttosto complessa perché incastra tre storie su due piani narrativi, una al presente, l’altra al passato, e un mistero che aleggia su una tragedia che ha scardinato diverse vite.
Protagonista è Violette, guardiana di un cimitero che, mentre cura le tombe a lei affidate e perpetua il ricordo dei vari funerali trascrivendoli in un taccuino, celebra la vita malgrado la perdita e la sofferenza che non le sono state lesinate.
Un marito immaturo, belloccio e Peter Pan, che la sfrutta e la tradisce; una famiglia -quella di lui, lei non ne ha alcuna- che la ignora; una maternità sbriciolata e una serie di presenze che, nonostante tutto, non hanno avuto la meglio sulla sua ricerca della serenità.
“Philippe Toussaint mi ha fatto invecchiare. Essere amata fa restare giovani.”
Violette legge e rilegge sempre lo stesso libro -Le regole della casa del sidro-, vive le stagioni all’inverso -veste mostrando l’inverno agli altri e tenendo per lei l’estate- e offre sempre una parola e un bicchierino di Porto a chi si ferma nella sua guardiola, dopo una visita a una tomba o la presenza a un funerale; scaccia le comitive di ragazzini che provano a radunarsi nel cimitero di notte fingendosi un fantasma; e si occupa dell’orto come le ha insegnato il precedente guardiano, divenuto suo amico.
Un giorno Violette riceve una visita da un poliziotto di Marsiglia che, come ultima volontà della madre, deve portare le sue ceneri in quel cimitero, perché l’urna sia collocata sopra la tomba di un uomo che lui non conosce.
Da questo punto in poi si dipana il racconto di una storia d’amore clandestina durato anni, una passione vissuta tra città diverse, stazioni e hotel, ma mai veramente concretizzata per non addolorare i propri cari e realizzata alla fine, per l’eternità. Senza fare del male a nessuno.
E questa storia raccontata dall’uomo a Violette un poco alla volta, visita dopo visita, come quelle narrate ne Le mille e una notte avrà il potere di scardinare una porta chiusa diversi anni prima…
“Quando si è presa l’abitudine a vivere da soli non si può più vivere in due. Di questo sono sicura.”
Non aggiungo altro alla trama per non incappare in spiacevoli spoiler, data la struttura del romanzo e le informazioni che piano piano vengono fornite al lettore perché ricomponga un puzzle solo all’apparenza semplice.
“Cambiare l’acqua ai fiori” è un romanzo che si legge facilmente, grazie a una scrittura piana e a qualche passaggio piuttosto felice, tuttavia sarò impopolare ammettendo che non lo considero un capolavoro, né trovo il personaggio di Violette accostabile all’indimenticabile Renée de “L’eleganza del riccio”. Sono due romanzi simili all’apparenza per via dell’ambientazione francese a opera di due autrici francesi e qui finisce la somiglianza; perfino il taglio è diverso, più letterario quello dato all’ “Eleganza del riccio”, più legato all’intrattenimento quello di “Cambiare l’acqua ai fiori”.
In quest’ultimo tutti i personaggi sono portati così all’eccesso da sembrare stereotipati o inverosimili; troppe disgrazie, tutte su un personaggio che, per quanto zen e resiliente, sarebbe annientato nella vita reale con appena la metà di quelle; e un “cattivo” da rivalutare a ogni costo senza che ne arrivi la grandezza, ma solo una mediocrità sclerotizzata.
Ancora, due colpi di scena che si intuiscono presto, sgonfiando la tensione prima del tempo, un finale prevedibile e, non per ultimo -ma è una considerazione ancora più personale rispetto alla recensione che resta una lettura soggettiva e, quindi, parziale- una malinconia latente che pervade tutte le pagine, anche quelle in superficie più leggere, e che mi ha dato un senso di oppressione così forte da farmi trascinare la lettura per giorni. Resta un buon prodotto, ben scritto; una storia originale, ben narrata, da leggere senza pretese.
Recensione a cura di:
Editing a cura di:
Mi trovo d’accordo, anche a me non ha convinto del tutto per i personaggi un po’ stereotipati e a tratti irritanti (Elvis), la trama un po’ caotica e per il profondo senso di malinconia, se non di tristezza, che permeava ogni pagina…ho faticato a trovare recensioni più critiche (in senso costruttivo), mi fa piacere condividere queste impressioni