Amanda Hardy si è appena trasferita, e nella nuova scuola non conosce ancora nessuno. Vorrebbe farsi dei nuovi amici, ma ha un segreto, e per mantenerlo non deve dare troppa confidenza alle persone. Almeno questo è il suo proposito. Ma quando incontra il dolce e accomodante Grant, Amanda non può fare a meno di lasciarlo entrare, poco alla volta, nella sua vita. Man mano che trascorrono il tempo insieme, Amanda si rende conto di quante cose si sta perdendo nel tentativo di tenere al riparo il proprio cuore. Giorno dopo giorno si ritrova a voler condividere con Grant tutto di se stessa, compreso il suo passato. Ma è terrorizzata all’idea che, una volta saputa la verità, il ragazzo non sarà in grado di vedere oltre, e si allontanerà per sempre. Qual è il terribile segreto che Amanda non vuole rivelare? Un nome: Andrew. È il nome con cui Amanda era conosciuta nella vecchia scuola e nella vita che ha rinnegato. Ma davvero la verità può avere un prezzo così alto?
Ho appena ultimato la lettura di “Volevo essere la tua ragazza” e mi trovo a riflettere sulla classificazione attribuita a questo libro: genere young adult. Penso che in questo caso, più che in altri, tale indicazione non renda affatto giustizia alla storia narrata dalla Russo: è uno young adult con una storia d’amore, sì, ma allo stesso tempo non lo è, perché è la storia di una diciottenne, ma anche molto più di questo.
No, in realtà non è neppure solo un romanzo, ma un vero e proprio spaccato di vita, di una singola vita in primo piano, dietro cui tante altre vite urlano silenziosamente il loro dolore, la vergogna, il disprezzo di sé, il sentirsi intrappolate in un corpo che non le rispecchia, perennemente scisse tra la loro vera identità e l’involucro esterno. Un involucro che condiziona, perché se nasci con gli attributi sessuali di un maschio, ma sai di essere femmina (o viceversa), fin dalla più tenera età, il più delle volte la società e persino la famiglia ti rigettano come merce avariata, e allora devi nasconderti, dissimulare, agonizzare in silenzio e in assoluta solitudine.
Certo, c’è chi è fortunato a nascere da genitori capaci di comprendere, sostenere e amare il proprio figlio, senza pregiudizi di sorta, e può così crescere e vivere in una famiglia e in un ambiente sociale che non ti fa sentire sbagliato, rifiutato, disprezzato, che non ti si rivolta contro con violenze fisiche e psicologiche continue. Dopo aver letto “Volevo essere la tua ragazza” sono però stata costretta a chiedermi quante di queste persone siano così “fortunate”, se ancora oggi le statistiche ci dicono che il 50% dei transessuali si suicida entro i trent’anni. Terribile e assurdo. Sono la prima a confessare che non conoscevo questi dati, e provo dolore e rabbia nei confronti di una società che professa una cultura aperta e illuminata solo a chiacchiere, sempre pronta a riempirsi la bocca di belle parole e migliori intenzioni, salvo poi additare e temere come una minaccia chiunque venga avvertito come “diverso”. Quanti di noi sanno che la transessualità non attiene alla sfera dell’orientamento sessuale, ma solo alla propria identità di genere? E quanti sanno che le uniche terapie possibili, ormonali e chirurgiche, prevedono un difficilissimo periodo di transizione di circa due anni, in cui questi ragazzi, trovandosi nella condizione di non essere “né carne, né pesce”, sono ancor più fragili e vulnerabili, fisicamente ed emotivamente?
Ecco, queste sono solo alcune delle riflessioni che la lettura di questo libro mi ha indotto a fare, perché – penso lo abbiate capito fin troppo bene – questo non è un romanzo di evasione. Come me, vi porrete tante domande, ci rimuginerete su, vi farà riflettere e forse vi insegnerà qualcosa. Intendiamoci, non si tratta di un romanzo con intenti pedagogici, né di un libro pesante o drammatico o intenzionalmente commovente, e neppure di un capolavoro della letteratura. In realtà è la storia semplice e al contempo potente di questa ragazzina che sa di essere femmina fin da piccolissima, e che vorrebbe solo essere accettata per quel che è, ma che al contrario riceve solo violenze fisiche e verbali da coetanei e adulti, tanto che a un certo punto viene vinta dalla disperazione. Ed è qui che arriva al fondo, al punto in cui non le resta che arrendersi o trovare la forza e il coraggio di combattere e risalire. E Amanda risale, perché nonostante la paura e il senso di inadeguatezza, vuole vivere la vita che finora ha solo vagamente sognato: coltivare delle amicizie, andare a una festa, essere ammessa all’università, baciare il suo primo ragazzo, amare e sentirsi amata per la prima volta.
“Decisi che quelli che mi avevano detto che Dio non mi amava, quelli che mi avevano detto che non c’era posto al mondo per me, avevano torto. Dio voleva che io vivessi, e quello era l’unico modo in cui ero in grado di farlo, quindi era la volontà di Dio. Era quello che volevo. Avevo scelto di vivere, e finalmente lo stavo facendo davvero.”
Nonostante tutte le riflessioni e amare considerazioni che la mia mente ha prodotto nella lettura di questo romanzo, in realtà l’autrice vuole lanciare un positivo messaggio di speranza, utilizzando uno stile semplice, pulito, immediato, che non si sofferma furbescamente su tormenti e sofferenze, e forse proprio per questo riesce a centrare il bersaglio con autentica intensità.
“Tu puoi avere tutto quello che vuoi, quando riesci ad accettare che te lo meriti”.
Consiglio a tutti di leggere questa storia, a giovanissimi, giovani e diversamente giovani. Leggere di Amanda, sapendo che esistono mille e mille Amanda, costrette, per sopravvivere, a lottare sia contro la propria gabbia esteriore che contro i pregiudizi, il bigottismo, l’ignoranza, la cattiveria della gente, vi arricchirà, siatene certi.
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