Era una mattina qualunque, il treno era affollato e tutto sembrava noiosamente normale. A un certo punto sono stata come ipnotizzata dal ragazzo seduto vicino al corridoio. Urlava contro qualcuno al telefono come se avesse il diritto di governare il mondo. Ma chi credeva di essere con quel suo completo costoso? In effetti, gli conferiva un’aria da leader, ma non è questo il punto. Non appena il treno si è fermato, è saltato giù così in fretta da dimenticarsi il telefono, e io… potrei averlo raccolto. Potrei anche aver spiato tutte le sue foto e chiamato alcuni dei suoi numeri. Okay, potrei persino aver tenuto il telefono dell’uomo misterioso fino a che non ho trovato il coraggio di restituirlo. Così ho raggiunto il suo ufficio da snob… e lui si è rifiutato di vedermi. Ho consegnato il cellulare alla reception dell’ufficio di quel bastardo arrogante. Ma potrei, diciamo per ipotesi, avergli lasciato qualche foto sul telefono. Foto non esattamente angeliche.
E va bene, mi arrendo all’evidenza di dover essere anche stavolta una voce fuori dal coro. A chi sostiene che le due autrici Keeland e Ward insieme facciano scintille, sarei tentata di rispondere che più che scintille fanno cilecca. Questo è il secondo libro del duo che leggo, e se al primo – Bastardo fino in fondo – avrei dato un 3 e ½, o al limite sarei arrivata a uno stentato 4, a Un perfetto bastardo do 3 senza se e senza ma. Le tre stelle ci stanno tutte perché la storia è ben scritta e a tratti mi ha anche divertito, poi vi dirò in quali parti, ma nel complesso non risulta convincente, in particolare nella psicologia altalenante dei personaggi e nei comportamenti che, di conseguenza, risultano poco coerenti.
La mia percezione del tutto intuitiva mi spinge a immaginare le due autrici come due macchinisti, una in testa, l’altra in coda, che per la loro distinta propensione vorrebbero condurre il treno lungo la stessa direzione, ma in verso contrario. Ovvio che se le due forze impresse si equivalessero, il treno rimarrebbe fermo. Invece, in questo caso cammina perché, di volta in volta, prevale la forza impressa dalla Keeland o quella impressa dalla Ward, ma è un viaggio compiuto a strappi, un po’ di qua, un po’ di là, alternando brevi accelerate a brusche frenate. A differenza di Bastardo fino in fondo, in cui sembrava di essere davanti a due libri distinti e separati, con gli stessi personaggi, qui il tira e molla è continuo, tra la bastardaggine, le avances da maschio infoiato, i buoni sentimenti a sorpresa, le intenzioni da perfetto principe azzurro del protagonista maschile, per finire in gloria con un Graham “padre dell’anno”. Altrettanto dicasi per l’incongruenza della frizzante leggerezza alternata alle mille paranoie del personaggio femminile. Vero è che i romance sono pieni zeppi di “eroi” che partono incendiari e arrivano pompieri, ma non dopo sole poche pagine, e che diamine!
È anche vero che le autrici giustificano abbastanza bene le estemporanee metamorfosi di Graham e Soraya: lui ha alle spalle una fortissima delusione che coinvolge sia la donna che un tempo amava, e che avrebbe dovuto sposare, sia il suo miglior amico e socio in affari, e questo lo avrebbe indotto ad assumere gli atteggiamenti da completo bastardo con i quali facciamo la sua conoscenza. La sua vera indole, quindi, sarebbe quella del bravo ragazzo che ha ricevuto una grossa batosta, ma questo non giustifica il modo in cui tratta le persone, con arroganza e totale mancanza di rispetto.
Quanto a lei, inizialmente frizzante, pazzerella, umorale, schietta all’eccesso, nel momento in cui la relazione tra loro inizia a farsi seria, diventa una piagnona dalle mille fisime, anche in questo caso giustificate da un difficile rapporto con il padre, che anni prima ha abbandonato la famiglia d’origine per farsi carico di quella della nuova compagna.
E che dire dei personaggi secondari? Tralasciando la ex di Graham cui non dedicherò nemmeno una riga, dal momento che non la merita, molto strana risulta la caratterizzazione dei migliori amici di Soraya. Per evitare di farvi spoiler, ve la descriverò con un esempio paradossale ma calzante. Fate finta per un attimo che Soraya decida di gettarsi da un ponte. Voi come amici cosa diavolo le direste? “Ma ragiona, riflettici su, stai facendo una scelta autolesionista, secondo me stai sbagliando alla grande…” E altre frasi simili, giusto? E invece, no! Cos’è che le rispondono i suoi amici? “Ma sì, che bella idea, quando lo fai? Hai bisogno di aiuto? Basta il supporto morale o vuoi la spintarella?” E le danno la spintarella, giuro! Con amici così, chi ha bisogno di nemici?
Naturale che con tali presupposti anche la storia, per quanto carina, ne risenta, passando dall’essere molto divertente nella parte iniziale, a sexy e provocatoria subito dopo, e fin qui tutto alla grande, per arrivare a essere poi sdolcinata e leggermente “pallosa” in stile libro Cuore da metà romanzo in poi. Fanno eccezione solo le divertentissime email che i due protagonisti si scambiano tramite la rubrica di consigli per la quale Soraya lavora. E comunque è poco per fare la differenza.
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