Le mie origini mi perseguitano.
Le mie mani sono sporche del sangue dei miei nemici.
Ho lottato per essere libero.
Ho combattuto per conquistare il mio posto nel mondo.
L’ambizione e il successo hanno sempre placato il mio desiderio di riscatto.
Ma non i miei incubi.
Ora finalmente sono sul punto di raggiungere tutti i miei obiettivi e dimenticare il passato. Sulla mia strada, però, c’è un ostacolo: Anthony Calabrese. Il boss della mafia italiana mi ha fatto una proposta che non posso accettare. La guerra è inevitabile, tuttavia non ho bisogno di un esercito.
Isabella Calabrese sarà la mia arma. La principessa scoprirà che con i russi non si scherza.
Suo padre dovrà scegliere tra il vivere senza il suo cuore o arrendersi a me.
C’è solo un problema. Gli occhi di Isabella mi scavano dentro, leggono la mia anima corrotta, si insinuano nella mia mente disturbata.
Riuscirò a piegarla prima che lei distrugga me?
Questo romanzo è stato, per me, una graditissima sorpresa. Non c’entra che l’autrice sia un’esordiente, né tantomeno che sia una self: “Nikolaj” è stato una bella sorpresa perché Kristen sa scrivere, e pure bene. Scoprire una nuova autrice con questa dote – che dovrebbe essere scontata ma sfortunatamente scontata non è – è un evento che va celebrato. Per questo ho deciso di scrivere questa recensione: per onorare lei e, con lei, la dignità della lingua italiana e l’ineffabile dono del sapere raccontare, tanto bistrattato in tempi in cui chiunque, nel bene e nel male, può definirsi “scrittore”.
La prosa di Kristen è equilibrata, musicale, fatta di periodi brevi e incisivi capaci di evocare immagini ed emozioni. Se proprio devo essere pignola, forse addirittura un po’ troppo brevi, lapidari ed enfatici, ma comunque senza dubbio evocativi. Quello che mi piace di lei è che ogni sua parola non è buttata lì a caso, ma piuttosto carica di un preciso significato: l’impressione è che quello che Kristen vuole trasmettere, trasmette. Possiamo essere o meno d’accordo, può piacerci o non piacerci, ma quello che ci arriva è esattamente quello che lei voleva farci arrivare: un dono che uno scrittore ha o non ha, non importa quanto si sforzi di imparare. Lo dimostra il fatto che lei l’ha tirato fuori al primo romanzo e, anche se non la conosco sono pronta a scommetterci, non ha nemmeno dovuto faticare per riuscirci perché era dentro di lei.
E ora passiamo al contenuto. Non sono brava con le etichette, ma da quanto ho capito “Nikolaj” è quello che si definisce un mafia romance. Indubbiamente la mafia c’è, si respira tra le righe, condiziona il pensare e l’agire dei personaggi, ma come ha giustamente commentato una persona che stimo molto dopo aver letto il romanzo, l’autrice non esalta il loro stile di vita, né il loro universo valoriale distorto. Potrei sbagliarmi, ovviamente, ma la mia sensazione è che Kristen si sia avvicinata in punta di piedi a un mondo per definizione deviato, immorale, negativo sotto tutti i punti di vista. Questo, devo dirlo, mi ha aiutata a fare quello che, per quanto mi riguarda, è stato necessario per poter godere a fondo della sua storia: prescindere.
Al di là di ogni concetto di moralismo, infatti, credo sia doveroso non dimenticare che i mafiosi, quelli veri, sono creature infime e spregevoli, che costruiscono il loro benessere materiale sulla sofferenza, l’umiliazione, il dolore e la disperazione di persone come me e come voi. Niente di più lontano dall’immagine del principe azzurro protagonista indiscusso del genere romance. Ecco quello che ci dice l’autrice:
«Sono un mostro» dichiarò, poi puntò i suoi occhi allucinati su di me. «Tu l’hai capito sin dall’inizio.»
Erano parole.
Solo parole pronunciate con rabbia.
«Lo siamo tutti» lo rassicurai, e non era una frase fatta.
Diamine, la mafia non gioca con pistole finte.
Non ero migliore di lui.
A giudicare dalle sue parole, anche lei se n’è resa conto e probabilmente anche lei ha deciso di prescindere. Per quanto mi riguarda ha funzionato, perché Nikolaj mi ha conquistata.
Il bel russo è un uomo tormentato, con un passato agghiacciante che l’ha reso il mostro che è, un maniaco del controllo più ossessionato dalla violenza che violento, del tutto incapace di amare.
Era un demone emerso direttamente dalle fauci dell’inferno. Una creatura bellissima e feroce.
Fin qui, nulla di diverso dai fantastilioni di romanzi che ci piovono addosso oggigiorno, stracolmi di strafighi dall’infanzia aberrante, segnati da cicatrici che li rendono degli stronzi totali in bilico tra sadismo e autolesionismo, belli pronti e impacchettati perché la crocerossina di turno corra a salvare la loro anima nera… non prima di essersi fatta torturare e umiliare un bel po’, s’intende.
Dove sta la differenza, allora? La differenza sta proprio in quello che vi dicevo prima, nel saper o non saper raccontare. Kristen, bontà sua, sa.
Nikolaj era vero, eppure non era… umano.
(…)
Il suo sguardo era una voragine spalancata su un mondo che non immaginavo, ma la cui visione aveva fissato i suoi lineamenti in una maschera di dolore.
Non il suo dolore, ma quello che gli altri provavano, che io provavo guardandolo.
E allora ti lasci trascinare, ti accomodi in poltrona e ti godi lo spettacolo di questo maschio alfa d.o.c.g. che “indossa il potere insieme alla seta dei suoi abiti”, che gioca con il corpo e la mente dell’oggetto del suo desiderio. Che intimidisce, minaccia e ferisce.
Avevo ancora fame.
«Bella, vieni da me.»
Lei deglutì e spalancò gli occhi.
Sapeva cosa intendevo farle?
Ma, come da copione, nel ferire soffre molto più della sua vittima. Io sono un’inguaribile romantica e non sopporto la violenza nei romance. Sono una grande fan delle minacce, le trovo incredibilmente sensuali, ma mi piace quando rimangono tali perché altrimenti il lieto fine mi suona stonato, mi lascia l’amaro in bocca. In questo caso, però, sebbene per indole e gusto personale in certe scene avrei smussato un po’ gli angoli, la violenza non mi ha dato fastidio, perché manca l’elemento che più mi disturba nei cosiddetti dark romance che oggi vanno tanto di moda: l’umiliazione. Nikolaj, l’uomo spezzato, ha bisogno di dominare, di possedere, di avere l’assoluto controllo:
Ogni volta che mi guardava, mi smarrivo.
Vedevo solo le sue iridi chiare e dimenticavo tutto il resto.
Non potevo perdonarmi una tale mancanza di controllo. Non potevo perdonarla a lei.
E gliel’avevo fatta pagare.
Ma non gode nell’umiliare e, per me, questa è una differenza fondamentale, insieme al pentimento.
La sua trasformazione è graduale, una lenta presa di coscienza della propria umanità, e in lui l’accettazione della propria debolezza, della propria capacità di provare sentimenti è travagliata, oserei dire straziante. Alla fine, i piccoli moti di fastidio provati per certi eccessi che, se avessi potuto scegliere, avrei evitato, sono svaniti come neve al sole di fronte alla grandezza della sua capitolazione, colma di una dolcezza tanto più preziosa quanto sofferta:
«Lo senti?» ripeté, la voce più roca, addolorata.
Mossi le dita sulla sua pelle, sentendo la forza dei suoi pettorali sotto i polpastrelli.
Più in profondità, il suo cuore pompava lento e regolare.
Annuii piano.
«Moye serdtse byetsya dlya tebya» dichiarò.
Cercai il suo sguardo, trattenendo il fiato.
Premette la sua mano sulla mia e mi strinse le dita.
«Batte per te.»
Applauso a scena aperta per il nostro splendido russo e per la sua creatrice.
E ora, dopo aver pubblicamente ammesso il mio amore per lui, devo confessarvi una cosa, ma non prendetela come una critica: Isabella, la protagonista femminile, non mi sta totalmente simpatica.
Non è una critica perché è una cosa molto personale, così come ci sono persone che a pelle ci appaiono come possibili migliori amiche e altre che prenderemmo a schiaffi appena ci vengono presentate. Lei, per me, è un incrocio tra una mafiosetta viziata cresciuta a pane, onore e omertà, e una ninfomane che appena la guardi (appena lui la guarda) entra in modalità colabrodo e ne vuole sempre di più. Per carità, se lui guardasse me probabilmente ne vorrei di più anch’io e non me la sento certo di condannare la povera Isabella per questo: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma credo che quello che non mi fa impazzire di lei siano gli estremi. Da una parte è una donna forte, cresciuta in un mondo violento, pronta a tenere testa a un uomo che terrorizzerebbe anche Satana in persona. Peccato che poi scoppi a piangere commossa ogni volta che lui la degna di un’occhiata in cui c’è qualcosa di diverso dalla mera brama sessuale. Anche qui, la capisco: che un uomo del genere ti faccia oggetto anche solo di una parvenza di sentimento è senz’altro una gran botta di culo, ma magari ogni tanto gli occhi li avrei lasciati asciutti, ecco.
Ripeto, questo è un parere totalmente personale. Ricordatevi che io sono più per le eroine romantiche classiche, quelle che tremano di paura, lottano per prendersi quello che vogliono, fanno sesso con grande trasporto ma senza portarsi dietro il Kamasutra, e alla fine ricevono lo sguardo colmo d’amore del loro maschio alfa domato come premio più che meritato: e che cavolo, dopo tutta la fatica che hanno fatto mi sembra il minimo.
A proposito delle scene di sesso, tra l’altro, devo dire che pur essendo parecchio estreme mi sono molto piaciute, tutte quante: merito un’altra volta della bravura dell’autrice, che anche nell’estremo riesce a mantenere la grazia di un’ottima narrazione.
Perché non pensiate che ce l’abbia con Isabella, cosa peraltro non vera, vi riporto un passaggio in cui dà prova di un’ironia a me assolutamente congeniale:
«Tu non andrai da nessuna parte, Izabella. Sarai sempre dove posso vederti» mi assicurò.
Okay, avevo un problema.
Un metro e novanta di russo era premuto su di me e io non mi fidavo abbastanza del mio corpo da sopportare quella situazione.
Per concludere, un breve accenno ai due uomini “di contorno” che tutte noi sogniamo di incontrare di nuovo, più presto possibile: il braccio destro nonché migliore amico di lui, Vasilij, e il demoniaco fratello di lei, Vincent.
Vasilij è semplicemente delizioso: intelligente, fedele, controllato, eppure dotato di una forza forse persino superiore a quella di Nikolaj, cosa che ci fa ben sperare per un suo prossimo, mi auguro probabile, futuro da protagonista.
E poi c’è lui, Vince, il boss che se hai la sfortuna (o la fortuna?) di incontrare fai prima a fartela nelle mutande (in entrambi i casi). Ancora una volta, l’ultima, lascio che le parole dell’autrice vi dicano tutto ciò che c’è da dire in proposito.
La gola si mosse quando deglutì, il pomo d’Adamo scivolò su e giù lungo la colonna del collo.
Una sola volta.
Le palpebre iniziarono a sollevarsi, lasciando intravedere due mezzelune blu.
Espirò lentamente.
Un solo battito di ciglia.
Poi le pupille nere e dilatate inchiodarono le mie.
Sensualità allo stato puro.
Un altro pubblico in quel momento avrebbe avuto un mancamento.
Io ne ero immune.
Noi no, cara Kristen. Noi, decisamente, no.
Recensione a cura di: Calipso
Editing a cura di:
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