Quando una bomba esplode in un centro commerciale dell’Africa orientale, le tragiche conseguenze delle scosse di assestamento provocano l’incontro di due estranei in un percorso per il quale nessuno dei due sa di essere destinato. Jack Warden, un coltivatore di caffè divorziato in Tanzania, perde la sua unica figlia. A un oceano di distanza, nella campagna inglese, Rodel Emerson riceve una telefonata che le comunica la morte di sua sorella. Sconvolta, prende un aereo nella speranza di un po’ di pace. Due persone comuni, legate da un evento tragico, sono in cammino per ritrovare sé stesse. Li aspetta un’avventura nelle immense pianure di Serengeti, durante la quale il destino di tre bambini si lega indissolubilmente al loro. Ma nonostante le avversità, un’altra sfida si profila all’orizzonte: possono sopravvivere a un’altra perdita, questa volta quella di un amore che è destinato a scivolare tra le loro dita, come le nebbie che svaniscono alla luce del sole?
Quando termino un romanzo valido, che mi lascia senza parole, riesco solo a pormi una domanda: come posso spiegare cosa mi ha trasmesso, quali significati si nascondono dietro a delle bellissime frasi ed eventi tragici? Come posso essere in grado di mettere per iscritto qualcosa di così magico?
Non mi sento capace, ho il terrore di non riuscirci, ma cercherò di farlo.
“La notte più lunga” è una storia ambientata in Tanzania, in Africa. È una storia ricca di colori, animali, profumi e sensazioni. Una storia di dolore, perdita, speranza e felicità. Una felicità pura, quella che ti permette di rattoppare i buchi che la sofferenza ti lascia, buchi che ti squarciano il cuore e l’anima.
Questa è una storia segnata dal destino, da dei fili invisibili che ci uniscono tutti. Fili che sanno di magia.
Jack e Rodel sono due persone legate da un evento tragico, che reagiscono al dolore in modo differente. Jack ha perso sua figlia durante un attentato in un centro commerciale dell’Africa orientale. Ha perso l’unica persona che gli permetteva di respirare e vedere arcobaleni ovunque.
“Dicono che la vera forza di un individuo venga fuori in caso di calamità. È un modo strano e ingiusto per valutare un uomo, perché i disastri e le catastrofi sono mostri assurdi e bizzarri in agguato nell’angolo periferico della nostra vita. E quando una di queste ombre informi si palesa davanti a noi, nuda e grottesca, ci neutralizza completamente. I sensi sono testimoni di qualcosa di così inaspettato, così strano, che si smette di domandarsi quanto siano reali. Come se fosse appena piovuta una balenottera azzurra dal cielo. Il cervello non sa come comportarsi.”
Quello stesso giorno, Rodel ha perso sua sorella, una donna che amava l’avventura e che nascondeva in sé tanto altruismo.
“Quando si perde una persona cara, non si conclude con il fatto in sé o con il suo funerale, o con il nome sulla lapide. Li perdiamo continuamente, ogni giorno, nei piccoli istanti in cui si abbassa la guardia.”
L’Africa non è un posto semplice in cui vivere. Ti regala una marea di sensazioni fantastiche e, allo stesso tempo, nasconde oscurità. Un’oscurità che si abbatte soprattutto sui bambini albini. Bambini che, inconsapevolmente, uniscono tante persone e permettono agli stessi protagonisti di trovarsi e combattere per degli innocenti.
La loro è una missione suicida. Una missione che li porterà a lottare contro se stessi, contro le proprie paure, contro delle superstizioni assurde che fanno parte di una cultura che noi non possiamo capire. Una missione che permetterà loro di unirsi, conoscersi e, alla fine, guarirsi a vicenda.
Ma in questo viaggio, in cui conosceremo la bellezza e la crudeltà dell’Africa, avremo la possibilità di conoscere anche delle persone magnifiche, altruiste e coraggiose, che strappano più di un sorriso e una lacrima. Lacrima che nasconde dolcezza, commozione e nostalgia.
«Cosa pensi dell’Africa?»
Penserò sempre a te, quando penserò all’Africa.
«È meravigliosa e struggente. Ti sana, ti distrugge. È il luogo che ha reclamato mia sorella.» E il mio cuore.
Conosceremo una bambina che con i suoi sorrisi permette a un uomo di capire che niente è perduto davvero.
Conosceremo un uomo che, dopo aver vissuto per anni nella consapevolezza di essere solo un portatore di sfortuna, dedica finalmente tutto se stesso a qualcuno e trova il coraggio che gli è sempre mancato.
Conosceremo una bisnonna piena di energia e amore, una donna che non si è mai arresa e mai lo farà.
E conosceremo tante altre persone che lottano insieme per rendere il mondo un posto migliore.
Non posso, non riesco a dire altro per potervi spiegare quanto questo libro sia eccezionale e colmo di insegnamenti. Siamo tutti legati, siamo tutti destinati a essere sorpresi da un destino che, oltre a essere difficile, regala anche tantissima gioia. Tantissima speranza.
E in un luogo in cui l’oscurità si abbatte sulle persone che hanno solo la sfortuna di nascere diverse, c’è qualcuno che soffre, ma combatte contro se stesso per cercare di fare la differenza. Le cose non cambieranno, non possono cambiare quando è la cultura a dettare le regole, ma qualcuno con i suoi gesti più semplici può salvare delle vite. Vite importanti e innocenti.
Chi ama scoprire nuovi luoghi, e avere la sensazione di visitarli davvero attraverso le parole, non può lasciarsi sfuggire questo libro. Per un buon 50% ci porta in giro per l’Africa e, dato che non amo molto le descrizioni dettagliate, a causa di questa prima metà il mio voto non era il massimo.
Ma chi sono io, semplice lettrice, per giudicare meno di cinque stelle un libro così meraviglioso? Un libro che mi ha lasciato senza parole, che mi ha lasciato con dolore e speranza, sofferenza e amore. Non sono nessuno, perché quando una storia è oggettivamente ben fatta, quando due personaggi sono oggettivamente ben caratterizzati e rubano il cuore, dobbiamo mettere da parte le nostre preferenze e valutare un libro per quello che merita. Lascio perdere anche i piccoli refusi, perché la Attar con il suo stile elegante e dolce si è insediata nel mio cuore e ha deciso di non lasciarlo più.
Questo libro, questa storia, merita un punteggio massimo, aggiudicato soprattutto grazie a un capitolo finale che mozza il fiato e fa capire che, sì, nel grande caos del mondo, siamo tutti collegati.
Taleenoi olngisoilechashur.
Siamo tutti uniti.
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