Un amore non convenzionale, di quelli travolgenti ma che ti inducono anche a osteggiare la realtà dei fatti, che a volte sfianca, sfinisce, però è anche pura bellezza.
Un amore che sembra una lotta, ma che spinge a dare il meglio di sé, a pretendere, a non accontentarsi; una relazione che emoziona, coinvolge, attrae.
Sogni che si accantonano per combattere il terrorismo, necessità di trovare una pace interiore che aiuti a vivere intensamente ogni giorno senza più il pericolo che tutto finisca improvvisamente. E poi un dipinto che con la sua storia sovverte il destino di chi lo possiede.
Le cose non sono mai semplici come appaiono, non lo sono per niente, ci sono mille insidie, emozioni contrastanti da assorbire, voleri che non possono essere appagati, ma è proprio per la difficoltà di affrontare le insidie che la vita assume quel valore inestimabile che dà un tocco magico alla storia.
Un soldato in mimetica di spalle, non imbraccia un fucile, ma un violino. Fermo la mano sulla testiera del mio laptop, questa volta non scorro alla pagina successiva di Facebook, resto a guardare quell’immagine, poi leggo il titolo del libro: “Il soldato divenne quello per cui era nato”.
Il mio istinto mi spinge a sapere di più, clicco sul link per leggerne un estratto.
Quando gli chiesi di suonare con me, sbarrò i suoi grandi occhi neri, quegli occhi perennemente lucidi, e indietreggiò. Mi disse che non lo faceva da dieci anni, ma io gli risposi che la musica non si dimentica. Afferrò il violino con titubanza, le mani gli tremarono. La profonda ruga al centro delle sopracciglia prese vita, era ben definita, mi domandai quale storia avesse alle spalle; ogni segno sul volto di un individuo racconta una parte di vita. Tutto sparì, nel momento in cui poggiò il violino sulla clavicola. Con un grosso sospiro ci poggiò la mascella sopra. Osservai le sue dita accarezzare le corde, aveva delle mani grandi e forti, mani che sprigionavano virilità. Iniziai subito a suonare, non lasciandogli il tempo per ripensarci. Mi aspettavo che dalle corde uscisse un suono stonato, un qualcosa che non somigliasse affatto a una melodia, ma quella notte, Mr Grant, mi disarmò per la prima volta, lasciandomi completamente di stucco. Faticai a credere che non suonasse da così tanto tempo come mi aveva detto. Nelle sue note si poteva percepire chiaramente un amore forte, autentico, una di quelle passioni ineluttabili, contro cui nessun individuo può lottare.
Com’era finito a fare il soldato?
Qual era la sua storia?
Le sue dita saccenti premevano le corde con enfasi e in un angolo sfacciato della mia mente mi domandai se accarezzasse le donne con la stessa premura, con quella stessa accortezza con cui posava i polpastrelli sulle corde di quel violino.
Il suo viso, che prima di allora mi era parso sempre sofferente, oscurato da un velo di malinconia, ora sembrava il ritratto della serenità. Un sorriso gli si disegnò sulle labbra, le ciglia nere tremavano e quando la melodia lo aggradava particolarmente alzava le sopracciglia verso l’alto e quel sorriso, che si può definire solo in un modo, meraviglioso, gli si allargava sul viso.
Faticai tanto per non smettere di suonare e lasciare solo che i miei occhi e le mie orecchie si riempissero di lui e della sua musica.
Avrei voluto riprenderlo, per dargli la possibilità di osservare il suo cambiamento, capire se in quella espressione di puro piacere riusciva a riconoscersi. C’è sempre di più di quello che si vede in superficie… e lui non sembrava lo stesso ragazzo spaventato dalla vita. La musica era la medicina a tutti gli orrori a cui era stato costretto a partecipare.
Mi basta. Vado su Amazon e con un clic acquisto il libro.
Mi aspettavo un romanzo storico, invece il protagonista Mitchell Grant non combatte Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, ma un nemico che, ahimè, vive ogni giorno con noi: il terrorismo.
Mitchell Grant sognava di diventare un violinista di fama mondiale, ma un tragico evento spinge il ragazzo a deporre il violino e imbracciare un fucile, per combattere una guerra in cui non crede, spinto solo dalla sete di vendetta. Si arruola nei corpi speciali della marina degli Stati Uniti d’America, diventando un cecchino dei Navy Seal. La storia inizia subito dopo il burrascoso congedo e il conseguente trasferimento in Scozia da parte del ragazzo, che si presenta a un colloquio di lavoro per diventare il factotum di Mrs Morel. Mitchell ha bisogno di un posto in cui stare, di tenersi impegnato e cercare di pensare il meno possibile, crede che il suo riscatto possa avvenire cercando di ricostruire la vita partendo dai frammenti del suo cuore, assumendo una funzione che non gli si confà, ma che proprio grazie a questa differenza con il ruolo assunto precedentemente nel suo lavoro, lui possa risollevarsi. La sua vita è stata segnata da vari eventi tempestosi da cui desidera prendere le distanze.
Mitchell forse non si rende neanche conto che ha bisogno di un riscatto che parta dal basso, dalla ricostruzione di un’esistenza differente, senza responsabilità che riguardano la vita altrui. Non ha altro scopo, inizialmente, che quello di impiegare il proprio tempo e pensare il meno possibile. Al colloquio di lavoro incontra Mrs Morel, una donna intangibile, inavvicinabile, che sembra guardarlo dall’alto in basso. Una donna che porta con sé un peso schiacciante, visibile alla prima occhiata, qualcosa che le fa tenere le distanze, che pone barriere tra lei e il resto del mondo. Ma Mrs Morel è anche affascinante e Mitchell sente subito una forte attrazione nei suoi confronti, che in alcuni momenti diventa repulsione, soprattutto quando la donna ha un atteggiamento formale e pungente verso di lui. Tra i due inizia così una lotta: si avvicinano e si ritraggono, si parlano dolcemente e poi si urlano contro, e con il tempo si scopriranno aspetti nascosti di entrambi, in particolare dettagli mal celati di Mrs Morel.
L’autrice riesce a descrivere la loro storia con perfezione cinematografica.
Nulla è lasciato al caso, ogni singola parola dei personaggi riesce a comunicarti i loro sentimenti con incredibile immediatezza.
I racconti di guerra visti attraverso gli occhi di Mitchell sono una delle parti più poetiche del libro; l’amicizia che ha reso fratelli i soldati che hanno vissuto con lui quegli orrori è viscerale. Quando il soldato racconta degli appostamenti di giorni e giorni per stanare i terroristi, sembra di respirare con lui il caldo di quelle terre dimenticate da Dio, l’angoscia dell’attesa, l’adrenalina che sale prima di puntare il fucile contro il nemico.
Era da anni che non portavo un libro con me fuori casa, “Il Soldato divenne quelle per cui era nato” di Olivia Ross è entrato di prepotenza nella mia borsa e mi ha accompagnato per tre giorni tra le strade della mia città e poi la sera a letto prima di dormire. Un romanzo che non puoi lasciare e che vorresti non finisse mai.
Ho vissuto per tre giorni in compagnia di Mitchell e Isabeau, coccolata dal loro mondo, per poi ritrovarmi orfana quando sono arrivata alla fine delle 300 pagine. Ho stretto al cuore questo libro e ho pianto come non facevo da anni.
«Io non leggo autopublishing», questo è quello che mi dicevo fino a poco tempo fa. Questo libro ha preso a schiaffi la lettrice snob che è in me e ha frantumato quello stupido pregiudizio.
“Il soldato divenne quello per cui era nato” è stata una rivelazione, mi ha riportato indietro a quando ero adolescente e sognavo il vero amore.
La storia di Mitchell e Isabeau non appartiene al genere di romance che spopola adesso in rete e in libreria. È una storia figlia di quell’amore classico, struggente e delicato che sesso e soldi hanno purtroppo spazzato via.
Se avete nostalgia di un amore d’altri tempi allora questo libro fa per voi.
Portatelo nella vostra borsa, in vacanza, al lavoro o al parco.
Il soldato Mitchell Grant riuscirà a farvi innamorare ovunque vi troviate.
«Si prenderà un malanno così. Il sole promette più di quanto non possa scaldare in realtà.» Mi spogliai rapidamente rimanendo in boxer e lo sgomento si dipinse sul viso di lei. «Non può proprio fare a meno di mettere in mostra il suo corpo.» Le feci una linguaccia dispettosa e corsi verso il lago per tuffarmi. L’impatto con l’acqua ghiacciata mi lasciò per un momento senza fiato. Riemersi qualche secondo dopo al centro del lago e vidi Mrs Morel in piedi, armata della sua macchina fotografica. «Lei è pazzo» gridò divertita «… l’acqua è gelida.» Nuotai rapidamente verso la spiaggia, mentre lei continuava a scattare foto dalla sua postazione. Quando spostò la reflex dal viso, mi osservò in un modo in cui non mi aveva mai guardato. Mi raddrizzai dandomi un tono. Non dovevo essere tanto male mezzo nudo e bagnato.
«Se esistesse un concorso per Mister boxer bagnato, lei vincerebbe sicuramente il primo premio» disse ironica. Avevo sempre pensato che dentro di me albergassero un angelo e un diavolo. Il diavoletto dispettoso in quel momento prese il sopravvento, incoraggiato dalla sua affermazione. Mi sfilai i boxer e con disinvoltura li strizzai davanti a lei. Isabeau rimase stoicamente impassibile, sorrise e girandosi dall’altra parte disse: «Si rivesta, Mitchell, l’armamentario che ha in mezzo alle gambe risente del freddo.» Scoppiai a ridere e guardai il mio uccello raggrinzito dal freddo. Non era stata un’idea geniale, ma quando lei cominciò a ridere con la faccia affondata nelle braccia, provai piacere. Nulla mi rendeva maggiormente soddisfatto che farla ridere. Mi ricomposi con il cambio che mi ero portato. «Lei è tutto matto. L’acqua è ghiacciata» puntualizzò nuovamente. Presi posto sul telo a un metro da lei. «L’addestramento per diventare un Seals si divide in tre fasi: acqua, aria, terra. Ci obbligavano a rimanere in piscine ghiacciate fino a che non eri al limite dall’ipotermia, per non parlare delle nuotate in mezzo all’oceano in pieno inverno con le gambe e le mani legate.» Il suo sguardo si fece triste.
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