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«Tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo, giù nell’orrido che conduce al torrente, tra le pozze d’acqua smeraldo che profuma di ghiaccio, qualcosa si nasconde. Me lo dicono le tracce di sangue, me lo dice l’esperienza: è successo, ma potrebbe risuccedere. Questo è solo l’inizio. Qualcosa di sconvolgente è accaduto, tra queste montagne. Qualcosa che richiede tutta la mia abilità investigativa. Sono un commissario di polizia specializzato in profiling, e ogni giorno cammino sopra l’inferno. Non è la pistola, non è la divisa: è la mia mente la vera arma. Ma proprio lei mi sta tradendo. Non il corpo acciaccato dall’età che avanza, non il mio cuore tormentato. La mia lucidità è a rischio, e questo significa che lo è anche l’indagine. Mi chiamo Teresa Battaglia, ho un segreto che non oso confessare nemmeno a me stessa, e per la prima volta nella vita ho paura».
«Perché io, come loro, vedo oltre i fiori. Vedo l’inferno.»
Travenì: un paesino in mezzo ai boschi e alle montagne, lontano dalla vita frenetica delle città, un posto dove si conoscono tutti, ma non per questo privo di segreti.
Il mondo non aveva più suoni, se non il crepitio sommesso della neve giovane che si congiungeva a quella già scesa. La notte aveva trasformato i primi, timidi fiocchi in una bufera silenziosa. Era un inverno imponente. La foresta era una distesa di cristalli, di tane calde che accoglievano animali acciambellati e rami carichi di un biancore pesante che di tanto in tanto si scrollavano di dosso, piegandosi fino a terra.
È questa l’ambientazione di Fiori sopra l’inferno, un thriller suggestivo e appassionante in cui la differenza non la fa tanto la trama, quanto i protagonisti, da Teresa Battaglia e Massimo Marini fino ai bambini del paese, e non ultimo Travenì stessa e il suo passato.
Commissario di polizia è Teresa Battaglia, una donna non più tanto giovane, appesantita dagli anni e non in perfetto stato di salute. Allo stesso tempo, però, una mente lucida, razionale e una profiler molto preparata.
Il suo essere donna in un ambiente prevalentemente maschile l’ha costretta a mostrarsi sempre forte, a celare nel suo profondo il dolore che l’ha segnata in passato e che non può dimenticare.
Il suo atteggiamento a tratti duro e insensibile maschera una natura profondamente empatica e si rivela, se ben osservato, in realtà un atteggiamento che stimola i suoi sottoposti, in particolare il nuovo arrivato Marini, a dare il meglio di sé. Dopotutto non si trova davanti a un ragazzino imberbe, ma a un ispettore di polizia che non ha bisogno di essere accudito.
Il suo dolore è in parte anche un suo punto di forza, le ha dato quella sensibilità che si rivela indispensabile alla comprensione dell’assassino che devono sconfiggere.
«Forse loro vedono il mondo meglio di noi» disse, in un sussurro. «Vedono l’inferno che abbiamo sotto i piedi, mentre noi contempliamo i fiori che crescono sul terreno.»
Di fronte a un assassino che mutila le sue vittime, infatti, non bastano le informazioni ricavabili dalle scienze, dal DNA, ma serve una mente che sia in grado di penetrare i pensieri del killer.
Al suo fianco abbiamo Massimo Marini, giovane ispettore appena arrivato a Travenì. Il suo primo approccio con il commissario è disastroso, fa persino sorridere per come riesce sempre involontariamente a fare o dire la cosa sbagliata. Ma sarà comunque prezioso per il proseguimento delle indagini.
La loro è una lotta contro una mente disturbata, ma anche contro un paese che non è disposto ad accettare il male che si nasconde dentro le loro case, che non guarda in faccia la realtà in nome dell’amicizia o della parentela. Ed è una lotta contro la normale razionalità umana che non accetta che un assassino possa celarsi dietro il volto di chiunque e che chiunque possa diventarlo. Che mostri si diventa, non si nasce.
«Secondo lei, il mostro è in ognuno di noi?» chiese. Sembrava scettico.
«Ne sono convinta. Se sei fortunato, se il destino ti dà in dote una vita almeno decente, continuerà a dormire fino al tuo ultimo respiro. In loro, invece, è stato alimentato da abusi e traumi.»
Lo sguardo di Marini tornò a scandagliarle il viso.
«Crede che siano vittime?» domandò, con uno stupore misto ad avversione. Teresa sapeva che le sue convinzioni scatenavano spesso reazioni di rifiuto. Non era facile umanizzare l’orrore, crederlo alieno era rassicurante.
Un thriller d’esordio maturo e di sapore internazionale, avvincente, con personaggi profondamente umani a cui ci si affeziona. Teresa combatte molte battaglie, non solo quella contro il crimine, e la sua forza, la sua determinazione la rendono un personaggio affascinante ma con le sue imperfezioni. I suoi vizi, come le caramelle che divora di continuo, la rendono vivida agli occhi del lettore, mentre si staglia in mezzo al silenzio della natura che circonda Travenì.
La scrittura è scorrevole, le descrizioni ben diluite ed evocative, i dialoghi vividi, mentre i capitoli sul passato tengono alta la tensione e fanno presagire al lettore l’orrore che si nasconde nel bosco.
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