Una telefonata ha distrutto il matrimonio perfetto di Elena. Una sola frase è bastata perché l’amore per il marito si trasformasse in una ferita infetta, un peso insostenibile che la trascina a fondo.
L’unica soluzione sembra essere prendere un aereo e partire, mettere centinaia di chilometri tra se stessa e una realtà che non è in grado di sopportare, alla ricerca di una pace che sembra perduta per sempre.
Il destino, però, ha in serbo qualcosa di diverso.
Elena approda in una terra ricoperta di ghiaccio e incontra un uomo che in quel gelo ha nascosto la propria anima, per non dimenticare, per espiare…
Gli occhi gelidi di Mikhail la scrutano, la inchiodano, la spogliano di ogni maschera.
Tuttavia, quel ghiaccio brucia più del fuoco e, quando la neve si scioglie, la vita è pronta a germogliare.
Il romanzo si apre su una data precisa: il 26 aprile 1986. Una data tristemente nota perché in quella notte, una serie di esplosioni all’interno del reattore della centrale nucleare di Chernobyl, provocò un disastro che ancora oggi, a distanza di decenni, fa sentire il suo enorme peso sulle vittime dirette e indirette di quella catastrofe e sul resto del mondo. Io ero troppo piccola per ricordare, ma la paura che si respirava, quel timore strisciante, li ricordo eccome. Come ricordo i bambini. Incredibilmente pallidi e biondi, con occhi grandissimi e spaesati.
Qualcuno in paese li ospitava e li vedevamo la domenica a messa o all’oratorio. A me pareva che venissero da un altro pianeta e non soltanto da un posto lontanissimo in cui non si poteva mangiare frutta e verdura e l’aria era velenosa.
Ma è proprio in quel posto piagato che Elena decide di cercare una ragione per vivere dopo che ogni promessa di felicità si è orribilmente infranta.
“Prima era sempre stata apprezzata per il suo carattere solare e la sua dolcezza. Doveva solo ritrovarne un po’ tra le macerie che le pesavano sul cuore. O almeno provarci. Era stanca di sentirsi il fantasma di se stessa.”
Elena ha perso tutto, tutto quello che c’era di importante e si ritrova in un mondo che improvvisamente sembra incapace di vivere. Ha perso se stessa: il dolore l’ha trasformata in una creatura fragile, ogni cosa intorno le ricorda quello che non ha più. Quello che le manca terribilmente. L’unica cosa rimasta è il bisogno di trovare uno scopo, qualcosa che possa dare un senso al dolore, al vuoto che sente.
Partire per una remota località della Bielorussia, per fare la volontaria in un’associazione che assiste i bambini vittima delle radiazioni, sembra davvero “la cosa giusta da fare.”
Lì, Elena trova davvero uno scopo, una ragione. Trova l’adorabile Lidija, mamma chioccia e arguta come una volpe. Trova il “nanetto” Leonid, un angioletto biondo capace di entrarle (ed entrarmi) nel cuore al primo sguardo. Tra i bimbi dell’associazione c’è la piccola Anna, che fatica a camminare e Nicolaj con quattordici anni e talmente tante ferite dentro e fuori da stringere il cuore.
Poi c’è lui: Mikhail.
“Il suo calore lo aveva bruciato fino alle ossa e aveva capito che era effettivamente pericolosa, anche se non nel modo in cui aveva supposto all’inizio. Non doveva temere che lei lo abbordasse, ma che lui desiderasse che lo facesse.”
Mikhail è il medico volontario dell’associazione, la sua vita sembra correre su un binario morto fatto di rimpianti e sensi di colpa. Fare il medico e metterci tutto se stesso è l’unico modo per trovare espiazione, per riscattarsi. Il mostro di Chernobyl ha lacerato le vite di tante persone, alcune direttamente, altre le ha lasciate sole, circondate da macerie.
Provo sempre un certo timore ad approcciare libri che trattano temi tanto “delicati”, ma il romanzo di Alice Elle non deve spaventare. Fin dal primo capitolo quella che si respira è aria di rinascita. L’autrice ci prende per mano e ci accompagna in questo viaggio verso nuove possibilità: siamo con Elena e insieme a lei ci riscopriamo pronte a ricominciare.
Strato dopo strato, Elena si libera di quel dolore che la tiene in catene, pagina dopo pagina impariamo con lei il modo per tornare a vivere, a sognare.
Mikhail, anzi Misha, si è preso immediatamente il mio cuore. Sì, non ero a metà libro che già il mio amore era una promessa eterna. Un uomo severo che nasconde una dolcezza e una passione struggenti, un uomo ferito e terrorizzato all’idea di venire colpito ancora. Impossibile resistere.
«Se vuoi che io sia tuo amico, lo sarò. Ma devi esserti accorta che ti desidero. Tenerti tra le braccia in questo momento è il paradiso. Sei perfetta per me. Ma è anche un inferno, perché vorrei baciarti fino a consumarti le labbra e so che non posso farlo.»
Lo stile di Alice Elle è semplice e perfettamente evocativo. Una scrittura colloquiale e diretta che, con naturalezza e fluidità, caratterizza con precisione i vari personaggi. Capace, con poche stoccate, di fare arrivare anche quelli secondari. Elena e Mikhail si svelano pian piano, trasportandoci nelle loro vite, facendoci sognare con la loro storia.
La trama si srotola velocemente verso il finale che vorremmo, che l’autrice ci fa sospirare giusto un po’.
A “Second life” è una storia delicata, una storia sulle seconde possibilità.
Una storia bellissima tutta da leggere e custodire, da tirare fuori quando si comincia ad avere troppo freddo dentro.
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