A ogni generazione, al sorgere della Luna di Sangue, le sette famiglie della remota città di Ilvernath scelgono ciascuna un proprio campione che combatterà in un torneo all’ultimo sangue.
In palio c’è il controllo assoluto sull’alta magia, la più potente al mondo, a lungo ritenuta esaurita e ora gelosamente custodita in segreto da una delle sette famiglie maledette di Ilvernath.
Finora i crudeli Lowe hanno vinto quasi tutti i tornei, e si preparano a confermare il proprio dominio. Ma quest’anno c’è qualcosa di nuovo: grazie al bestseller Una tradizione tragica, che ha svelato tutti i segreti del torneo della Luna di Sangue, i sette contendenti sono sotto i riflettori del mondo intero. Possono avere nuove informazioni, nuovi mezzi per vincere. Più di tutto, possono avere una scelta: accettare il loro destino, o riscrivere la storia.
Una storia che, però, deve essere intrisa di sangue.
La trama di questo libro mi ha subito incuriosita, non appena l’ho letta: le premesse erano ottime per un bel fantasy condito con tanto sangue e azione. Invece… Invece mi sono trovata tra le mani un libro carino, ma decisamente NON quello che mi aspettavo.
La storia è un misto tra Hunger Games e il Torneo Tre Maghi di Harry Potter. Ci sono sette famiglie “magiche” ognuna con il suo campione a rappresentarla, maledizioni e incantesimi, sette oggetti incantati e sette rifugi da reclamare, uno per ogni campione.
La storia a POV alternati ci permette di vivere gli eventi attraverso quattro dei sette campioni, i personaggi che, presumo, arriveranno sino alla fine. Lungo il romanzo li vedremo stringere alleanze, infatuarsi, sbagliare, proprio come dei normali adolescenti. E, nel frattempo, cercheranno di spezzare la maledizione su cui si regge il torneo, per sopravvivere e per evitare che altri debbano lottare in futuro. Non tutti sono disposti a rischiare e a credere a questa possibilità, ma… se tutto fosse vero?
Più che un libro di azione, l’ho trovato un romanzo molto introspettivo e un po’ troppo lento, soprattutto se si pensa che, al centro di tutto, c’è un torneo all’ultimo sangue, dove i combattimenti dovrebbero farla da padroni e le sfide dovrebbero essere mortali. Be’, le uniche morti sono state quasi “casuali”.
“Il Velo di Sangue era calato, era il segnale dell’inizio del torneo. Di giorno e di notte Ilvernath sarebbe rimasta di un inquietante color cremisi finché tutti i campioni, tranne uno, non fossero morti.”
Ho apprezzato l’ambientazione e il world building, con la descrizione delle sette famiglie, dei sette rifugi e dei sette cimeli, tutto a creare un equilibrio dove solo la bravura dei campioni fa la differenza. Interessante anche come le autrici hanno delineato la magia, con la divisione tra magia comune, grezza, e alta magia, e come può venire usata e da chi.
Le poche scene di azione sono molto ben fatte e i protagonisti delineati in modo eccellente: grazie a ciò, la lettura non mi ha annoiata e sono stata spinta a proseguire.
Tra misteri e intrighi, qualcuno lavora nell’ombra aiutando i campioni, per cercare di spezzare la maledizione del torneo. Quale scopo cela?
“Una macchina. Prima di allora Briony non aveva mai pensato al torneo in quel modo: a come ogni famiglia fosse incastrata in un complesso di sette meccanismi interconnessi che si combinavano per mettere in scena la stessa storia generazione dopo generazione.”
A mio avviso mancano un po’ di spiegazioni sulla nascita del torneo e sulle sette famiglie. E chissà chi ha lanciato la maledizione che ha portato alla Luna di sangue… Forse tutto verrà spiegato nel prossimo libro, o almeno lo spero. Durante la lettura mi è sorto un dubbio: chi sono i cattivi del titolo? Di sicuro non i campioni. A mio parere i cattivi potrebbero proprio essere le famiglie, dato che mandano a morire dei giovani, e la peggiore di tutte è la famiglia Lowe. Ma se leggerete, capirete.
In conclusione, il libro mi è piaciuto, tuttavia il suo grandissimo potenziale non è stato sfruttato al meglio. Spero quindi che il secondo libro sia meglio.
Consigliato, se avete voglia di leggere un fantasy carino.
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