Anche quest’anno, come un appuntamento fisso con un amante ramingo, raggiungo il capoluogo piemontese, a pochi chilometri da casa, per trascorrere qualche ora al salone del libro.
Arrivo e subito mi rendo conto che l’affluenza è intensa. Percorro un serpentone interminabile, raggiungo le ultime persone della coda e mi metto pazientemente in fila per il controllo di sicurezza. La fila scorre e tra le lamentele dei vicini e i furbetti che si infilano, in mezz’ora sono dentro. Sfuma subito la speranza di assistere a “Mostri in ritardo” dove si parla di Urban Fantasy e della scarsa considerazione che c’è in Italia per un genere che io, di contro, amo particolarmente. È troppo tardi, pazienza.
Non ho mete precise, il programma è ricco e variegato, ma capisco presto che per assistere a una qualunque delle conferenze e degli incontri dovrei spendere un sacco di tempo in coda, senza l’effettiva sicurezza di trovare posto. Decido quindi di vagare e farmi una prima idea di cosa offra quest’anno il salone di Torino. La location continua ad avere i difetti di sempre: pochissime aree di “sosta”, per riposare i piedi e posare gli zaini grevi del peso della cultura, punti di ristoro affollatissimi (e carissimi, accidenti!) e nessuna possibilità di mettere in carica il telefono che, a forza di foto e a forza di consultare l’app del salone per il programma, si scarica in fretta e in fretta si mangia anche il caricabatterie portatile. Ho trovato quest’ultima cosa particolarmente fastidiosa, un handicap che non ho riscontrato alla fiera di Milano, dove invece era possibile accedere alla corrente elettrica.
Il salone è affollato e, devo ammettere che non è in genere la mia condizione ideale, tuttavia ho una missione e non posso lasciarmi scoraggiare. Vago tra i padiglioni come un viaggiatore distratto, incontro volti a me noti e sono baci e abbracci, incontro tantissimi sconosciuti contro cui sbattere, cui pestare inavvertitamente i piedi e chiedere scusa. Ma non se ne può fare a meno, la gente è davvero tanta. È evidente che il Salone di Torino abbia mantenuto anche questo primato.
Sabato sono tante anche le presenze illustri. in ordine sparso: c’è Saviano e ascolto per qualche minuto il suo intervento, sopporto gli spintoni e gli effluvi della folla accanto. Più tardi anche lui avrà il suo bel daffare per firmare copie e incontrare i lettori.
Getto la spugna e vado in cerca di altro. Allo stand RAI c’è Tullio Solenghi che presenta la sua “triografia” Bevi qualcosa, Pedro! che riprende la sua esperienza nel famoso trio Marchesini, Solenghi, Lopez. Audible conquista terreno con gli audiolibri ed è previsto Pannofino che leggerà, con il suo timbro meraviglioso, Harry Potter per i tantissimi appassionati. Praticamente impossibile accedere all’area. Per Audible (una società di Amazon…) ci sarà anche Piergiorgio Odifreddi con il progetto “Grandi menti a confronto”. Non sono ancora riuscita a fruire del particolare fascino degli audiolibri, ma sembra un settore in decisa crescita. Per la divulgazione scientifica ci sarà anche Mario Tozzi che personalmente apprezzo molto, ma, ahimè, anche lui mi è precluso.
Gironzolo e mi decido a fare agli espositori una domanda che mi punzecchia da un po’. Ne riconosco uno che ho incontrato anche in fiera a Milano e allora chiedo: “Meglio SalTo o Tempo di Libri?”. La risposta è immediata: Torino, per gli affari e l’affluenza. Con buona pace della mia insofferenza alla struttura, che con l’andare delle ore risulta sempre più inappropriata.
Cammino tra gli stand e i padiglioni e scopro che ci saranno Daria Bignardi e Mauro Corona e affollatissimi firmacopie alla Newton Compton e per Zerocalcare. Rompo le file compatte per attraversare i corridoi e sono quasi felice che non ci sia qualche autore che idolatro e per cui infliggermi una tale tortura…
Tuttavia ci sono delle autrici con cui ho appuntamento e non posso mancare: riabbraccio Paola Gianinetto, e incontro Jo Rebel per due chiacchiere. La mia sfacciata predilezione per il fantasy mi fa andare a scovare anche Valerio la Martire, Daniela Ruggiero e Liliana Marchesi. Anche se sono davvero tanti quelli che non ho incontrato.
Concludo la mia esperienza al salone del libro di Torino con la sensazione di aver mancato tanti appuntamenti. Stanca e non del tutto appagata. Penso obbligatoriamente a quanto invece l’esperienza milanese sia stata per me, come lettrice in primo luogo, migliore sotto molti aspetti. SalTo è stato un successo, ma come sempre non mancano le polemiche e, a parte il disagio di una folla che ha i suoi lati positivi, almeno per qualcuno, la sensazione è stata quella di un largo spazio ai grandi per mettere i piccoli in castigo. Il famigerato Pad 4, manco fosse un girone dantesco, ne è l’esempio lampante. Personalmente, autori e firmacopie a parte, quello che mi attira del Salone del Libro è proprio la possibilità di approcciare l’universo semisconosciuto della piccola editoria.
Rifletto un momento sulle mie parole e mi coglie il sospetto di essere diventata una snob al contrario. Una lettrice di romance, di fantasy addirittura, che si trova un po’ spaesata tra i Vip? So che un SalTo al Salone di casa lo farò anche il prossimo anno, chi è tornato a mani vuote alzi la mano. Io no di sicuro.
Articolo a cura di:
Editing a cura di:
Commenti
Nessun commento ancora.