Le ho portate nella landa selvaggia perché non ne potevamo più della nostra realtà. Il piano era cominciare una nuova vita che non contemplasse tristezza. Niente gente. Niente tecnologia. Nessuna interferenza. Solo noi. Una possibilità per rimettere insieme i pezzi rotti. Ma la landa selvaggia è indomabile e dura. Brutale e non perdona. Non le importa nulla delle tue emozioni. La tragedia vive anche lì. Non si può sfuggire alla verità. Tutto quello che puoi fare è sopravvivere dove l’amore, non importa quanto bestiale sia, è l’unica cosa su cui puoi contare davvero. Confuso. Sbagliato. Contorto. Bellissimo. Malato. L’amore è selvaggio.
E noi lo libereremo.
SPOILER ALERT.
I fatti.
Il 28 luglio appare sulla pagina Facebook dell’autrice K Webster la cover di una sua prossima pubblicazione, The Wild, corredata da una serie di avvertenze: le tematiche affrontate nel romanzo possono creare disagio e offesa al comune senso del pudore. Bene, mi dico, non fuoco di San’Antonio, pustole, emorroidi? Nessun timore: sono disagiata di mio. L’invito a procedere con cautela, però, non si ferma lì: questo libro – continua la Webster – è solo per lettori coraggiosi, dalla mentalità aperta che desiderano l’amore anche nelle situazioni più fosche.
Vediamo: coraggiosa?
Ho letto Fabio Volo e Paolo Cognetti che, per motivi diversi, mi hanno bloccato la crescita. Colpa delle stelle giusto prima di partire per Amsterdam e, appena scesa dal treno, per poco non mi pigliava il down da mestizia. √
Mentalità aperta?
Vivo in Olanda. Mi basta accompagnare i figli a scuola per farmi quelle due o tre canne passive, rientro e saluto le sex workers della via a luci rosse, il mio vicino di casa va alla Coop in accappatoio e ho vissuto in Francia senza bidet. √
Amante dell’amore ai tempi del disagio?
Il miglior finale per “Io prima di te” prevedeva che Louisa rapisse Will, tenendolo segregato per il resto della sua vita. Okay, forse faceva un po’ Misery, ma pazienza. √
Sono pronta per The Wild.
La Webster continua: scene di sesso esplicite, brutali, violenza, etc, se sei troppo sensibile questa storia non fa per te, se ti scandalizzi per i tabù, questo romanzo non è adatto, ti ho avvisato, non dirmi che non l’ho fatto…
Madonnina, manco mia nonna.
Probabilmente, leggendolo, farai più di una smorfia.
Non credo, sto per avere una paresi.
Se sei titubante, probabilmente non è una buona idea che tu vada avanti.
Vado io nella landa desolata, se continui. E ti porto con me.
Le avvertenze mi iniziano a scocciare più della tematica tabù, il romanzo non è ancora uscito e già l’autrice è stata in grado di farmi annoiare prima, e incazzare dopo.
Comunque, se sei incuriosita, senza paura e, in qualche modo ti fidi di me, vai avanti. Questo libro è per te.
Metto in lista.
Romanzo online da poche ore e scoppia il putiferio sul web, perfino Colleen Hoover si scomoda a dire la sua: Amazon ha fatto bene a ritirarlo dalla vendita perché atti sessuali con una minorenne giustificati sono un reato, anche se giustificato da un presunto sentimento. Per non parlare della tematica – l’incesto – affrontata con leggerezza, senza affondo psicologico.
Bloccato da Amazon, disponibile a lungo in altri store, The Wild è sparito dagli stores, salvo poi approdare sul sito personale dell’autrice, come già era successo con il precedente This is war, baby.
La polemica non si sgonfia, si scatena tra i lettori una diatriba sulla libertà di espressione.
“Non sono un mostro” scrive la Webster sulla sua pagina Facebook “Sono una scrittrice, una mamma, un essere umano”. E questo mi spiazza, perché azione e reazione spesso non sono proporzionate l’una all’altra.
Leggo il libro e all’ultima pagina mi faccio una risata.
Il libro meritava di essere tolto dalla circolazione, ma per un motivo ben diverso: perché è un gran brutto libro, dove ogni forzatura è funzionale allo scandalo, alla ricerca dell’estremo. O l’autrice ha peccato di superficialità o ha deciso di bruciare volontariamente una storia per creare clamore.
Perché c’è una da cosa dire: l’idea non era male, ma è stata sviluppata in maniera pessima.
Metto le mani avanti: è impossibile parlare di questo romanzo evitando di fare spoiler. Chi mi conosce sa che faccio il saltimbanco pur di non farli, ma stavolta è diverso: se avete intenzione di leggere The Wild, e vi disturbano le anticipazioni, fermatevi qui.
Mio Dio, la Webster mi ha contagiato con i warning!
Sostanzialmente la storia è questa: Reed è un multimilionario, che vende fino all’ultimo bene che possiede in California per trasferirsi in Alaska con Sabrina, la moglie depressa, e Devon, la figlia sedicenne.
E qui la prima domanda: tua moglie è depressa in California e tu pensi bene di comprare acri e acri di terra in mezzo al nulla? E tua figlia è entusiasta dell’idea?
La lettura procede e si scopre la causa della depressione di Sabrina: la morte dell’altro figlio, Drew, il gemello di Devon, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso e spingere Reed a trasferirsi è una lite al Country Club tra la moglie e un’altra iscritta. La conseguenza è devastante: alla moglie viene ritirato il pass e Reed decide di vendere tutto. Che senso ha la sua vita se non può andare più al Country Club?
Per fortuna che c’è Devon, lei è un genio. A sedici anni ha finito in anticipo le superiori, proprio in virtù del trasferimento: si prenderà due anni sabatici prima di andare al college. Perché? Non si sa.
Sabrina, invece, è un vegetale ambulante. Dirà sì e no un paio di battute in tutto il romanzo e nessuna intelligente. Semplicemente, è un personaggio che non serve alla storia e la Webster la caratterizza al ribasso per renderla invisa al lettore: non si muove dal letto, mai. Non mangia. Non scopa. È una bambola gonfiabile umana: apre le gambe e guarda il soffitto in attesa che Reed faccia quello che vuole. Più che all’incesto sarebbe stato meglio gridare alla necrofilia.
Devon, però, sembra apprezzare: ascolta gli accoppiamenti frigidi dei genitori usando il super udito e una sera Reed la scopre a darsi piacere. E la guarda come io guarderei chiunque mangiasse dal mio sacchetto l’ultima patatina rimasta. Lei si sente in colpa e come reagisce? Infilandosi nel letto dei suoi.
Ora, sinceramente, qualcosa non quadra: io ho un letto king size e quando s’infilano i miei figli di tre e cinque anni pare un lettino da campeggio; nella branda di un camper si ritrovano l’ameba, la sedicenne e il manzo e nessuno nota niente di strano? No. Lui si spalma sulla figlia, scambiandola per l’ameba e la sollazza, contento che lei risponda felicemente alle sue carezze d’amore.
Mi chiedo: da duemila anni tua moglie è calorosa quanto un blocco di marmo e il dubbio che non sia lei non ti sfiora? No, ma Reed è un multimilionario. Il primo multimilionario con l’intelligenza di un protozoo. Ah, no, quello è Trump.
Scoperto l’inghippo, la tragedia si consuma. Reed si mortifica e dà i primi segni di squilibrio mentale cui, poi, ci abituerà felicemente per tutto il libro. Devon piange. L’ameba non ha capito una mazza.
A questo punto i pensieri impuri dei due prendono il sopravvento e Sabrina non serve più. L’autrice se ne sbarazza. Da qui in poi non succede niente che non sia sesso.
Sono solo un uomo.
Brutale e selvaggio.
Un animale.
Prendo ciò che voglio.
La notte scorsa ho preso lei.
I momenti salienti sono due: quello con gli squatter e l’altro con gli orsi.
Ricordiamolo: Reed è una montagna d’uomo cui basta mettere piede in Alaska per sentirsi selvaggio. Fisicato come un culturista, con muscoli in zone corporee dove altri uomini ne sono biologicamente sprovvisti, non si sa bene come si faccia bloccare e sottomettere da uno squatter minorenne, denutrito e minorato. Della serie: con me sei al sicuro, bimba/ pensa te se stavo inguaiata. Però, quando è il momento di combattere gli orsi, a Di Caprio gli spiccia casa.
Entra in scena Atticus, l’uomo da cui Reed ha acquistato la terra e quando scopre quello che sta accadendo, non li denuncia no, porta loro dei viveri e un libro sulle conseguenze dell’incesto. Io ve lo dico: se cambio il costume a mia figlia in una qualsiasi spiaggia libera americana mostrando le sue parti intime, vengo fermata dagli agenti in meno di cinque minuti e mi fanno il mazzo a tarallo.
Ma siamo in un romanzo “estremo”, dove per estremo vedo solo l’assurdità di dipingere l’Alaska come la Terra di Mordor. Uno stato ultra conservatore, che ha avuto come governatore Sarah Palin: se ripenso alla sua campagna elettorale, sì, che mi aumenta il disagio, altro che The Wild.
La scoperta della non consanguineità tra Reed e Devon è un’informazione che è girata quasi subito tra le lettrici. Lui non è il padre biologico, basta questo per dimenticare che l’ha cresciuta fin da quando lei aveva due anni? Presupponiamo pure di no, ma allora perché la narrazione punta su quello e continua a farlo fino alla fine della storia?
Lui appare come un narcisista sociopatico e lei la vittima di una relazione tossica con condizionamento distruttivo.
Devon – mi dispiace dirlo – sembra una ragazzina incapace di intendere e di volere anche quando gioca all’amante smaliziata: non è eccitante leggere un dirty talk con in mezzo “papà” o “papino”; o hai problemi o sei un’olgettina. E la pretesa che ogni promessa sia siglata col mignolino a suon di “giurin giurello”, dove la mettiamo?
Quel pinky promise, giuro, è la parte più angosciante del libro. Roba da incubo.
Recensione a cura di:
Editing a cura di:
Sto rotolando. Credo di non aver mai letto una recensione migliore, e ne ho lette parecchie!
Non avrò mai la possibilità di leggere il romanzo in questione in quanto con l’inglese sono una capra, ma questa recensione la ricorderò a vita.
Complimenti di cuore.
Concordo con PerryPotter. Anche io non potrò leggere il libro ma la recensione è memorabile. Un pezzo magistrale.