Strega, seduttrice, colpevole, assassina: Agnes Magnúsdóttir è accusata di molte cose. Perché nell’Islanda dell’Ottocento – immersa nella nebbia come in mille superstizioni – lei, con la sua bellezza, il suo animo ribelle, la sua intelligenza troppo vivace, è diversa da tutte. Diversa anche per l’uomo che si è scelta: Natan Ketilsson, un uomo più vicino ai diavoli dell’inferno che agli angeli del paradiso, come mormorano nel villaggio, capace di risuscitare i morti con pozioni a base di erbe conosciute solo da lui. E ora che Natan è morto, ucciso da diciotto coltellate, il villaggio decide che la colpevole dell’efferato omicidio non può che essere lei, Agnes. La donna che lo amava. E mentre, ormai condannata, attende la morte per decapitazione, Agnes racconta la sua versione della storia alle uniche persone amiche che il destino le concede nei suoi ultimi giorni: la moglie del suo carceriere, e un giovane e inesperto confessore. E anche se la morte sarà la fine inevitabile, per Agnes la vita continua altrove: nei pensieri, nei sogni, nelle storie che ha letto, e nell’amore per Natan. Le cose che appartengono soltanto a lei, e che nessuno potrà toglierle.
Islanda 1828.
Agnes Magnúsdóttir è stata condannata a morte per omicidio.
Dicono ch’io debba morire. Dicono che ho sottratto il respiro agli uomini, e che adesso devo subire la stessa sorte. E allora immagino che siamo tutti come fiammelle di candele accese, scintillanti, tremule nell’oscurità, e poi immagino l’ululato del vento, e nel silenzio della stanza sento dei passi, passi che si avvicinano minacciosi, che vengono a soffiare su di me e a ridurre la mia vita in un refolo di fumo grigio.
Dall’oscura cella dove è imprigionata come un animale, incatenata al buio, Agnes viene trasferita, per ordine dell’intendente reale, presso la famiglia dell’ufficiale giudiziario Jón Jónsson, in attesa dell’esecuzione.
Dopo un’iniziale perplessità, data anche dalla paura di ospitare in casa una presunta assassina, i Jónsson accolgono Agnes senza eccessivi pregiudizi e le consentono di vivere e lavorare a fianco dei membri della famiglia e dei braccianti, senza sottoporla a costrizioni e umiliazioni.
Il libro ci racconta la vita normale di una giovane donna cresciuta lavorando duramente, senza nessuna certezza e si svela piano pian la sua storia, dall’infanzia all’innamoramento per Natan, affascinante erborista e chissà cos’altro, fino al raccontarci cosa sia veramente successo il fatidico giorno del triplice omicidio.
Agnes è davvero colpevole?
«Non è giusto. La gente sostiene di conoscerti per le cose che hai fatto, e non perché si è seduta ad ascoltare la tua versione dei fatti. Per quanto tu provi a vivere una vita retta, se in questa valle compi un passo falso, non sarà mai dimenticato. Non importa se hai agito per il bene. Non importa se una voce dentro di te sussurra: “Non sono come dite!”. È l’opinione egli altri che determina chi sei.»
Ma per quanto la storia incuriosisca e il lettore voglia sapere cosa racchiuda nel suo cuore Agnes (che è comunque veramente esistita) la magia di questo libro è data dalla scrittura e dell’ambientazione.
Veniamo avvolti dalla durezza della vita in Islanda, dalle sue abitazioni in cui padroni e servi dormono insieme, dal clima inclemente che può uccidere chi è senza riparo, dagli odori degli animali, del sangue, del letame di una vita contadina difficile ogni giorno.
Rimaniamo stupiti davanti alle superstizioni di un popolo profondamente cristiano, che sa leggere ma è ignorante, che vede nell’erboristeria e nei rimedi naturali la mano del diavolo.
«Sai cosa significa, avere il palmo cavo? Significa che siamo creature misteriose, noi due. Lo spazio vuoto può riempirsi di cattiva sorte, se non stiamo attenti, se esponiamo lo spazio vuoto al mondo e a tutta la sua oscurità, a tutte le sue disgrazie.»
Società rigida in cui nascere servi vuol dire quasi per certo rimanerlo per sempre è permeata anche da pregiudizi che condannano senza appello.
Dopo aver registrato la sua confessione, ero dell’incrollabile opinione che il suo carattere fosse incorreggibile. Il suo aspetto infondeva in me un forte sospetto in tal senso: ha il volto lentigginoso e – le chiedo perdono, reverendo – i capelli rossi segno manifesto della sua natura infida.
«Non è giusto. La gente sostiene di conoscerti per le cose che hai fatto, e non perché si è seduta ad ascoltare la tua versione dei fatti. Per quanto tu provi a vivere una vita retta, se in questa valle compi un passo falso, non sarà mai dimenticato. Non importa se hai agito per il bene. Non importa se una voce dentro di te sussurra: “Non sono come dite!”. È l’opinione egli altri che determina chi sei.»
Mi sento di consigliare questo libro a chi cerca una lettura diversa, con una scrittura meravigliosa e carica di poesia. Entrare nella mente di Agnes, povera ma ricca di sentimenti, intelligente e sognatrice è un’esperienza indimenticabile, ma attenzione per chi è alla ricerca di grandi misteri e azione, perché il libro da questo punto di vista forse promette più di quello che può mantenere.
«Come si chiama lo spazio tra una stella e l’altra?»
«Non ha nome.»
«Inventatene uno.»
Ci ho riflettuto. «Il rifugio delle anime.»
«Quello è un sinonimo di paradiso, Agnes.»
Recensione a cura di:
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