«Avrei voluto essere lì
in quei momenti bui del passato nostro.
Per dirti tutte le parole che avrei voluto sentirmi dire.»
Questa è una storia come tante, una storia come poche. La biografia di tanti ragazzi gay felici dopo aver percorso il loro sentiero della dignità, ma potrebbe essere la storia di tanti ragazzi con un finale più tragico. Certe parole e certi gesti si imprimono come un marchio sulla carne e ne rimane vittima anche Edoardo. Già a dieci anni deve affrontare il compagno Christian che lo aggredisce all’uscita di scuola: frocio, gli dice. Per Edoardo è un universo che si svela.
Avrei voluto essere lì è una guerra tra ciò che sei e ciò che gli altri vogliono che tu sia, e l’ultima battaglia avverrà nella camera ardente della pubertà, dove Edoardo farà i conti con tutte le discriminazioni subite.
Questo romanzo accarezza la privazione degli affetti, cerca redenzione per la colpa di essere nato così, frocio, per arrivare a comprendere finalmente che ci vuole coraggio per crescere in un mondo di omofobi.
by Victor.
In “Avrei voluto essere lì” entriamo nella vita di Edoardo con un racconto in seconda persona e veniamo proiettati nel suo passato quando frequenta la quinta elementare. A quest’età i ragazzi dovrebbero soltanto essere spensierati e giocare gli uni con gli altri, ma non tutti hanno la stessa fortuna di sentirsi accettati e normali. La fase transitoria della crescita con la comparsa dei primi tratti caratteriali porta qualcuno, talvolta, a sviluppare atteggiamenti aggressivi verso quelli che vengono identificati come diversi o deboli ed è così che Edoardo viene aggredito da un suo compagno, Cristian, e deriso.
Edoardo, che è in quella fase che viene definita scoperta, non riesce ad accettarsi perché, mentre i suoi compagni sono ben lieti di condividere l’attrazione verso le ragazze, per lui è più difficile identificarsi in quei desideri. E quando gli altri si aspettano qualcosa da te, anche se tu stesso non sei ancora consapevole della tua natura e non riesci a definirti in quella realtà, l’arma del branco è escludere e offendere. L’incredulità e la paura, poi, sono le sensazioni più comuni quando inizi a renderti conto di non essere come gli altri e preghi che tutto questo non stia succedendo proprio a te, ma poi la realtà piomba come un uragano e spazza via ogni speranza.
Le scene della vita di Edoardo si susseguono in un vortice di pensieri e i vari flashback portano avanti e indietro nel tempo. Sono i racconti di una vita vissuta, delle difficoltà che un ragazzo vive nella scoperta della sua omosessualità, di come le amicizie e, infine, l’amore riescano a modificare il destino di una persona. Vediamo come nelle diverse fasce d’età i pensieri, le azioni e i gesti varino al crescere della consapevolezza di Edoardo, partendo dalla scoperta, per passare alla non accettazione, fino ad attraversare il desiderio di essere come tutti gli altri e, in conclusione, all’arrivo di quell’amore in grado di scacciare ogni brutta sensazione.
Questo romanzo è struggente fino alle lacrime e dona una speranza senza eguali. Attraverso la sofferenza c’è sempre un modo per reagire e lasciar che la vita prenda pieghe positive.
Unica pecca: ho trovato poco chiara la chiave di narrazione, ma la storia rapisce fin dal primo istante. Avrei trovato più gradevole un’evoluzione progressiva dal passato verso il presente, ma l’idea che mi sono fatto di questo libro è la rievocazione di un passato turbolento e sofferto, nel quale ogni scena si accende in modo scomposto e richiama vari episodi così come avviene nella nostra mente.
Resta in ogni caso un libro che consiglio di leggere.
Vorrei ringraziare Francesco Mastinu per aver dato voce a un passato che spesso si cerca di intrappolare in qualche luogo remoto della mente e grazie per averlo provato a esorcizzare con il suo romanzo, parlando a quel bambino dentro di noi, infondendogli coraggio.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura.
X
X
by Jamie.
È sempre difficile per me fare una critica a un romanzo personale e intimo, come questo “Avrei voluto essere lì” di Francesco Mastinu. Una storia che probabilmente viaggia a cavallo tra finzione e autobiografia, poiché molti sembrano essere i punti di contatto tra l’autore e il protagonista, Edoardo. La difficoltà nel muovere una critica, quindi, si fa ancora più ardua perché temo di premere tasti personali che travalicano i confini dell’opera stessa.
A mio avviso, il limite più diffuso che ho riscontrato in questo libro è il necessario distacco tra autore e storia personale, in modo da rendersi effettivamente conto se ciò che si racconta è davvero universale, importante, necessario.
A mio parere, no.
La storia di Edoardo è una storia qualunque di bullismo omofobo di provincia, di sofferenza profonda che il protagonista affronta nel più classico e melodrammatico dei modi: in maniera passiva, autocommiserandosi, ferendosi, fingendo di ignorare le cattiverie, struggendosi per il suo essere gay.
Edoardo è la tipica persona che si crogiola nel dramma e nell’infelicità, non vede alcuna luce in fondo al tunnel e scova l’oscurità perfino nei momenti di luce.
Una storia questa, scritta con eccesso di pathos e lirismo, che spesso sconfina nella retorica e che non aiuta nessuno. Non aiuta i giovani gay a capirsi e a reagire in situazioni analoghe e non aiuta gli eterosessuali a capire il complesso universo della crescita di un giovane omosessuale, che in questo romanzo viene relegato alla tragica figura romantica del gay vittima e incapace di reagire. E piangendo, spesso, tanto, da solo come in pubblico.
Per me, Edoardo è la versione gay di una qualsiasi eroina alla Jane Austen, che soffre aspettando che sia un eroe altro da sé a salvarlo. In questo è manchevole il libro di Mastinu: non è una storia universale in senso buono, progressista. Credo che nel 2018 i giovani gay che vivono situazioni come quella di Edoardo abbiano bisogno di modelli forti, reazionari, positivi. Modelli come l’August Pullman di Wonder, che non si arrende alla sua deformità, ma ne fa un punto di forza per instillare il cambiamento nella società. Modelli come quel Simon, dal romanzo di Becky Albertalli, che si strugge il giusto e reagisce anche troppo, apre un dialogo, si mette contro amici e famiglia e alla fine si fa accettare.
Il personaggio di Edoardo pecca in più punti perfino in coerenza: passa tutto il suo tempo in disparte pur di non farsi notare ed essere oggetto di violenza e derisioni, ma esita il giusto e, infine, accetta di buon grado di vestirsi da donna e interpretare la parte della maestra in una recita scolastica, davanti ai suoi carnefici, con l’ovvio risvolto di essere nuovamente vittima di violenza e umiliazioni.
Edoardo non ha veri amici a scuola – non se ne parla mai – e passa le sue ricreazioni in silenzio, osservando gli sbruffoni dall’ultimo banco, salvo poi venire a sapere che sa essere anche l’anima della festa con le sue imitazioni dei professori, quando la simpatia e la rilassatezza non sono proprio doti che gli appartengono.
Troppi a mio avviso i momenti pervasi da cliché come il coming-out disastroso con la madre, col padre e perfino la sorella del protagonista, drammaticamente e drammaturgicamente prevedibile e melò, privo di realismo e naturalezza. Idem per la sua prima esperienza sessuale: grazie a una chat, con un uomo sposato che lo corteggia per portarselo a letto e lo tratta con freddezza immediatamente dopo l’orgasmo.
Mancano i personaggi positivi, che diano luce alla storia: tutti sono contro Edoardo, perfino il professore di musica per il quale il ragazzo ha una cotta masochistica, visto che il professor Lampis lo deride da subito e lo umilia pubblicamente rinvigorendo le ondate di bullismo.
Quando finalmente il giovane Edoardo raggiunge la piena adolescenza, i suoi problemi con i bulli magicamente spariscono.
Tutto è già confezionato nella vita di Edoardo: dalla sua vita scolastica che inizia male e finisce misteriosamente bene, alla carriera lavorativa, iniziata con un primo disastroso colloquio di lavoro e arrivata senza spiegazioni ai vertici di una grossa cooperativa in qualità di socio.
Ogni spunto potenziale di tensione narrativa, difficoltà, ostacolo che potrebbe mostrare – e non riportare in modo scontato – l’evoluzione del personaggio è liquidato in poche righe.
Lo stile, poi, punta a un lirismo dei sentimenti che spesso supera gli argini mielosi della retorica, partendo dall’apertura triste del romanzo, sottolineata da un temporale con gocce che compiono ellissi sui vetri, sfidando la forza di gravità, per arrivare al sole che, al tramonto, si suicida verso la notte e così via.
Il romanzo è scritto in seconda persona – scelta coraggiosa – che balzella dal presente al passato – scelta incosciente – dando vita a cacofonie quali “scostasti lo sguardo” o “fosti tu a” che rendono la lettura artritica e poco scorrevole.
La prosa manca di ritmo, i paragrafi sono pieni di flussi di coscienza che raramente portano a una vera crescita del personaggio. La scarsa presenza di dialoghi relega tutti i personaggi che non siano Edoardo a comparse, macchiette, figuranti. La scelta di un narratore esterno che si rivolge al protagonista taglia fuori il lettore dall’equazione; il tutto si gioca in un dialogo a due, dove il narratore sembra aver la presunzione di conoscere fino al più intimo dei pensieri di Edoardo, finché non si capisce che altri non è se non un Edoardo adulto e consapevole, che parla con il se stesso protagonista.
Sempre il narratore si intromette per bocca del protagonista con riflessioni politiche, linguistiche e di cronaca sull’evoluzione, o involuzione, della società italiana rispetto al tema dell’omosessualità che poco hanno a che vedere con la storia in sé, ma che sono delle vere e proprie incursioni dell’autore con la mera intenzione di esprimere il suo parere sulla situazione degli omosessuali in Italia nella prima decina degli anni 2000. Il che non sarebbe grave, molti autori lo fanno, Mastinu però pecca di tatto e tecnica, facendo apparire quelle frasi estremamente politicizzate e innaturali messe in bocca ai suoi personaggi.
Credo che l’esempio più lampante sia il forzatissimo dialogo sulla nascita del Gay Pride e Stonewall tra Renato, Rebecca ed Edoardo, che risulta solo una sequela di infodump.
Non ho amato questo romanzo, nonostante la forza delle premesse e le potenzialità dell’espediente letterario dell’io adulto che parla all’io bambino. Non è un romanzo di formazione perché non c’è una vera evoluzione del personaggio, solo una crescita forzata. Edoardo vive una e solo una storia d’amore: perfetta, liscia, inappuntabile, che termina addirittura con un matrimonio. È la cronaca di una vita qualsiasi dove l’omosessualità non è il motore del riscatto ma solo un pretesto obbligato, spesso fin troppo astuto. Non c’è tensione narrativa e la poesia tanto sbandierata nello stile manca di sorpresa e ricerca linguistica. Ma soprattutto manca di speranza, aspettativa. C’è commiserazione, pietismo e perfino paternalismo, ma mai attesa, leggerezza, sospensione, è tutto già detto, già compiuto.
Ho iniziato questa recensione evidenziando la mia difficoltà nel criticare un romanzo così personale e ammiro il coraggio di Mastinu di aver voluto a tutti i costi raccontare la sua storia, nel sincero e onesto tentativo di scrivere qualcosa di utile e importante.
Per quanto mi riguarda questo tentativo non è riuscito, ma se già il semplice fatto di averlo messo su carta ha aiutato l’autore stesso a metabolizzare la sua storia, quest’operazione ha di sicuro più spessore e anima della critica che vi ho rivolto.
x
x
Editing:
Il lettore è sacro. Può dire quello che vuole su un libro che ha letto. Differente è invece la critica che arriva da un recensore.
Non condivido la ‘critica’ di Jamie, pur rispettando quello che ha scritto. A mio avviso, è proprio nelle prime frasi che comprendo il motivo per cui l’approccio di Jamie al romanzo di Francesco – assolutamente comprensibile e in molti casi condivisibile – fallisce: “il limite più diffuso che ho riscontrato in questo libro il necessario distacco tra autore e storia personale”.
Questa “è” una storia personale. E’ un’autobiografia e come tale non può esserci quel “distacco” che Jamie auspica – cosa che appunto devono avere fiction e romanzi che non trattano l’arduo materiale autobiografico. Ritengo poi “universale” l’esperienza di Francesco, dove tanti ragazzi possono identificarsi e “sperare” di buttarsi alle spalle episodi di bullismo e magari trovare l’amore. In questo senso, universale.
Il punto debole del romanzo è, quindi, a mio avviso il suo punto di forza.
Ringraziando Victor e Jamie per l’attenzione dedicata a questo romanzo, porgo i miei saluti più cordiali.
luigi romolo carrino
Non metto in dubbio che chi, come lei, ha creduto in questo romanzo tanto da decidere di pubblicarlo, sostenga il proprio operato cercando un punto d’attacco per far fallire una critica.
Ma uno scrittore non è uno reporter – tra l’altro anche i giornalisti hanno specifiche regole di composizione di un articolo perché racconti una storia – uno scrittore narra una storia e le storie hanno regole che risalgono alla notte dei tempi e che tutti quelli che si avvicinano a questo difficilissimo mestiere, devono conoscere e saper usare.
Questo è il mio approccio alla scrittura come alla critica: non mi baso su sensazioni personali perché la mia non è una voce autorevole, a nessuno interessa il mio gusto personale, mi baso sull’uso sapiente della tecnica narrativa che pretendo da uno scrittore. Da tutti gli scrittori. Se vado dal parrucchiere e mi taglia i capelli male ma in un modo che a lui piace e perché non è in grado di farlo con la tecnica che gli si richiede, quello non è un bravo parrucchiere.
Potrei citare decine di autobiografie che raccontano una storia vera in modo narrativo e funzionale, una per tutti Open di Agassi. Non pretendo che un autore “romanzi” la propria vita falsandola ma mi aspetto che sia in grado di prendere del materiale personale e lo scriva con competenza.
Forse non ho un animo sensibile o sono stato troppo severo, me ne scuso se l’autore si è offeso per la mia critica. Può prenderla e gettarsela alle spalle come tutte le brutture che gli sono capitate nel romanzo o – ed è quello che presuntuosamente mi auguro – prendere in considerazione il mio punto di vista e riflettere qualche secondo prima di schiacciare i tasti del portatile.
Cordiali saluti.