♦ Mondadori, 2 maggio 2017
Stefano ha ventidue anni e una vita tranquilla. Simpatico, belloccio e con la battuta sempre pronta, divide il suo tempo tra le serate a Trastevere con gli amici, il lavoro che non ama particolarmente ma che gli permette di avere una casa tutta per sé, le polpette piene d’amore di mamma e la storia con Michela. Sembrerebbe andare tutto per il verso giusto eppure a Stefano qualcosa non torna. Non può fare a meno di sentirsi incompleto, fuori posto, fuori cuore. Stare con Michela gli ha fatto capire che “con una donna puoi ridere, mangiare, guardarci un film, scoparci tutta la notte, prenderci il caffè insieme e correre comunque il rischio di non amarla”. Perché l’amore vero è un’altra cosa. E sta da un’altra parte.
Allora succede che ritrovare un dischetto di cartone con sopra disegnato un pettirosso dia uno strattone alla sua vita costringendolo a ripensare a quando, dieci anni prima, era poco più che un bambino. E a ricordare quegli occhi scuri e profondi, quelle lentiggini che diventavano una costellazione, quel modo goffo e particolarissimo di tirarsi da parte i capelli rosso fuoco. Da quel momento niente ha più senso se non andare a cercarla, ovunque sia, rischiando di perdere tutto pur di ritrovarla. Lei, Alice, il pezzo mancante, la ragazzina che ti guardava in un modo che non sai spiegare, in un modo che ti sentivi subito a casa. Perché, davvero, certe volte perdersi diventa l’occasione unica e imperdibile per ritrovarsi. Perché “si possono dimenticare episodi, eventi, parole, canzoni, ma mai le persone che ci hanno fatto del bene”.
In un’altra vita, Alice me la immaginavo in mezzo alla folla di Viale Marconi, a pochi giorni da Natale, che mi chiamava per dirmi che aveva finito di fare i regali ai suoi genitori che si amavano tanto e che spesso partivano per il weekend, e che ancora facevano l’amore, e suo padre veniva preso in giro perché era astemio e una volta si era quasi ubriacato mangiando una Fiesta. Mi chiamava per chiedermi se mi andava di andare in libreria nel pomeriggio così da poter scegliere il mio regalo, e io che le dicevo di non stressarsi troppo.
Ci immaginavo in macchina, imbottigliati nel traffico di Roma, Ed Sheeran nello stereo, madri di corsa, lavavetri ai semafori, vento gelido, lei con le mani davanti ai bocchettoni dell’aria calda per riscaldarle più in fretta. Via del Corso e gli artisti di strada, lei e i suoi occhiali da sole rotondi, i Teashades, gli stessi di John Lennon.
Mentre passeggiavamo per le strade di Torino pensavo che, a volte, è la fantasia a non essere all’altezza della realtà. Non c’era Viale Marconi e non c’era Ed Sheeran nello stereo, e non c’era neanche la macchina, e Natale era ancora lontano ma neanche troppo. Ma quando Alice, prima di uscire di casa, si infilava lo zuccotto di lana con entrambe le mani e cominciava a pressarlo su tutta la testa in modo da coprirle interamente la fronte, mi dicevo sempre che la bellezza non è nel contesto, ma nei gesti delle persone che ci vivono. Perché Dio in quel momento avrebbe potuto decidere di sterminarci tutti, di farci sparire, di ricominciare l’evoluzione da zero, e allora quella stanza sarebbe rimasta una semplice stanza, e quello specchio un semplice specchio. Alice era il particolare fondamentale, la cornice, la sfumatura giusta.
Quando si legava disordinatamente i capelli per lavarsi i denti e rimaneva lì, davanti al lavandino, con l’aria assorta e lo spazzolino che andava in automatico, c’era da uscirne pazzi davvero, c’era da credere in qualcosa di buono, c’era da sperare che un giorno l’ultima bomba sarebbe stata disinnescata definitivamente, e i fucili avrebbero cominciato a sparare fiori.
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Tommaso Fusari, romano, classe 1992, è autore della seguitissima pagina Facebook Tempi duri per i romantici. Quello che avete tra le mani, richiesto a gran voce dal popolo della rete attraverso l’hashtag “escistolibro”, è il suo primo romanzo.
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