Nella Calabria degli anni Sessanta, segnata dai pregiudizi e da retaggi culturali di tempi antichi, Nunzio Lo Cascio vive la tragedia che segnerà per sempre la sua intera esistenza e ne definirà il corso. In fuga dalla sua terra, troverà il coraggio di affermare se stesso e la propria identità in Inghilterra. Sulle sue tracce, quarant’anni dopo, sua nipote si troverà a combattere la sua stessa battaglia. Due storie di resistenza e ribellione magistralmente intrecciate, in un romanzo capace di sondare magnificamente le pieghe dell’animo umano, e di tratteggiarne disperazione e speranza, pavidità e coraggio.
Calabria, anni Settanta.
Nunzio ama Antonio. Antonio ama Nunzio. E sarebbe soltanto una storia d’amore difficile, malgrado sia ricambiata, se per la famiglia di Nunzio, i Lo Cascio, avere un “ricchjiuni” per figlio, fratello, parente, è un’onta peggiore di avere una “pputtana” con lo stesso cognome. Nunzio ha vent’anni ed è un talento del calcio che lo rende piuttosto noto in paese; in molti si sorprendono quando decide di partire per Londra. Si parla di un ingaggio importante in una squadra d’oltremanica, ma i contorni della storia appaiono sfumati, non si sa molto, non lo si vede più ritornare, e soltanto la madre nutre un’intramontabile speranza che il figlio torni a casa, da lei: il figlio prediletto.
Ma cosa è successo veramente a Nunzio la notte in cui è morto Antonio? E in quei tre giorni precedenti il suo viaggio a Londra?
Passano gli anni e la storia di Nunzio si ammanta di un’aura strana, quasi mitica, irreale. Un’aurea che nasconde la verità, il suo carattere timido, l’anima segnata dalla ferocia di un mondo che è capace di mettere l’onore davanti a tutto, affetti e legalità compresi. Un onore a uso e consumo di una società maschilista e patriarcale, senza umanità e pietà alcuna.
Di Nunzio, in paese, resta appena una foto del campionato del 1969 insieme alla squadra, quasi a sottolineare lo spreco di quella carriera seguita, ma mai decollata a causa di un grave infortunio. “Peccato”: una parola che su di lui riveste più significati.
Un campione mancato: peccato.
Una notte d’estate che ha scoperchiato i segreti, l’onta: il peccato.
E sarà Annina, sua nipote, anni dopo che, davanti a una foto di Nunzio in quella Londra in cui anche lei è finita, si troverà davanti allo stesso dilemma: essere o mostrarsi? Resistere o cedere?
Anche lei, del resto, ha poche possibilità di manovre: troppo bella per non attirare addosso più di uno sguardo, troppo in vista, essendo una Lo Cascio, per vivere come vorrebbe. Che cosa fare? Quale vita indossare, quella della “fimmina” di casa o quella della “pputtana”, scoprirsi all’estero o tornare a vivere in un paese dove anche frequentare le lezioni di teatro parrocchiale sono motivo di ingiuria, ma i pettegolezzi vengono tacitati davanti a una Ferrari e un possibile matrimonio con chi non ignora i legami con la ‘ndrangheta?
Una questione privata che diventa un atto di violenza impossibile da superare, una città nuova, straniera e ostile, dentro cui perdersi, un professore di inglese stralunato che legge Marx e sogna una vera integrazione sono alcuni scorci su cui si affaccia Il figlio prediletto di Angela Nanetti che si giostra magnificamente tra due piani temporali, gli anni Settanta caratterizzati dalla figura di Nunzio, e i giorni nostri dominati da Annina che vuole vivere senza essere giudicata e rischierà di essere schiacciata più di una volta come donna, in quanto donna, da chi sembra apparentemente più libero di lei.
Il figlio prediletto è un bel romanzo che regala pagine struggenti e personaggi così veri da straniare il lettore e convincerlo che potrebbe incontrarli, a lettura finita; nessuno resta fuori da una caratterizzazione vivida e reale, sia i principali sia i secondari. La scrittura è sostenuta, senza essere aridamente letteraria, e calza appieno le situazioni, variando in base all’ambientazione e all’effetto.
Attuale resta l’argomento, dando al lettore la dimensione di quanto ancora oggi sia difficile lottare per un’autodeterminazione che miri a formare essere liberi, uomini o donne poco importa, e non incasellati da sesso e sessualità.
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