Glory Lowell non avrebbe desiderato altro nella vita che essere disinvolta come tutte le altre e sperare un giorno di riuscire a lasciarsi abbracciare da un tipo meraviglioso come il ragazzo vestito di pelle nera alle prese col tirapugni. Simon Hogan dal canto suo non poteva certo immaginare di mandare fuori giri qualcosa di più fragile di un punching ball quando sollevò il braccio verso l’asta graduata. Così la cicatrice bianca gli serpeggiò sulla spalla come una strada in un paesaggio disegnato di tatuaggi. E lui totalizzò il massimo del punteggio.
Una ballerina fragile e acerba deve vincere il saggio di fine anno per poter continuare a danzare. Ma nella sua scuola arriva, condannato ai lavori sociali, un tatuassimo veterano della guerra in Iraq.
Mi è stato chiesto di recensire questo libro e, dopo aver letto la trama, ho accettato con entusiasmo. Mi piace leggere di coppie con una lei fragile e inesperta e un lui forte e tormentato.
Quindi, la trama, pur non presentando grossi elementi di novità, mi ha attirato e ho iniziato a scoprire la storia di Glory e Simon.
Purtroppo le mie aspettative sono state presto deluse.
Questa storia “è troppo per me”, consentitemi il gioco di parole.
Troppo tutto, parossistica ed esagerata.
Se la dovessi definire direi che è la caricatura del genere a cui si fregia di appartenere e, come accade nel cinema, per le parodie di altre pellicole più famose, potrei dire che questo libro sta a un rosa come “Mordimi” sta a “Twilight”, per intenderci.
È difficile fare una recensione senza spoilerare, ma ci provo.
Simon ha 24 anni, cosa che nel libro scopriamo in via ufficiale solo dopo 12 capitoli. È tuttofare nella scuola di Glory, condannato a svolgere tale servizio sociale per una decisa propensione alla rissa. Nel corso del libro si scoprono talmente tante cose “straordinarie” su di lui, che a un certo punto ho pensato fosse la vera identità segreta di Superman. Naturalmente ha un segreto, naturalmente è traumatizzato, naturalmente non è quello che sembra.
Apro una piccola parentesi, restando vaga, su quello che alla fine si scopre su di lui. Ora, incuriosita, ho fatto qualche ricerca, perché alcune affermazioni mi sembravano ai limiti del possibile. Vi dico solo che ho grosse perplessità che sia fattibile, per un uomo di quell’età, essere stato ciò che le autrici affermano.
Glory ha 17 anni, studia e ha una passione per la danza. Naturalmente ha un segreto, naturalmente è traumatizzata, naturalmente ha l’autostima di un bassotto in mezzo agli alani. Per tutto il libro si autodefinisce rachitica, ma danza come una splendida farfalla per altrettante pagine. È vergine e inesperta e, come da copione, si scioglie alla sola vista dei di lui addominali, esprimendo fantasie che ci starebbero anche in una adolescente normale, ma non in una che viene presentata come traumatizzata da una esperienza (mannaggia non ve la posso raccontare! Ma mi ha strappato una sana risata) che la porta a non sopportare alcun contatto, e questo con chiunque, incluse madre e amiche. Vi giuro, c’è una meravigliosa comicità involontaria nelle tragedie descritte in questo libro.
I personaggi secondari sono poco descritti e bidimensionali, tanto che, a volte, sono dovuta tornare indietro per capire chi diavolo fossero. Il mio preferito è il cattivo, tal Spooner, una specie di veterano nazista che gira impunito con un lanciagranate sul suo pick-up: ostinato all’inverosimile nel suo voler aggredire la povera Glory, sempre e ovunque, e per futili motivi.
I personaggi non bucano le pagine e neanche le scalfiscono. I loro stati d’animo descritti in concomitanza di scene che avrebbero dovuto destabilizzarli, parlo soprattutto di Glory, non sembrano affatto realistici. Simon poi, in alcuni punti, ti fa persino dubitare della sua intelligenza, tanto che la cosa ti fa domandare: come è possibile che abbia fatto quello che ha fatto, in passato, se è così poco dotato intellettivamente?
La trama si dipana lenta, spesso le scene si ripetono e si ha l’impressione di rileggere qualcosa di già letto, come in un loop. Alcune scelte terminologiche, soprattutto durante le scene di sesso, mi hanno fatto sorridere e non scorderò mai certe espressioni come “chiave da quindici”; “sentiamo se è pronta la tua nocciolina” (vi tolgo ogni dubbio è il clitoride); “ora, sei come il fodero del mio miglior coltello” (esattamente quello che state pensando); “Ti prego. Stai tranquillo. Non facciamo disastri. Appoggi solo la punta, voglio sentirti. Un pezzettino piccolissimo!”.
Di contro, ora ho una certa cultura ginecologica su come ci si prepara per la prima volta con un superdotato. Cosa che, probabilmente, vale l’intero libro.
Il linguaggio utilizzato, poi, abbonda di termini arcaici e oramai in disuso come “menomale” tutto attaccato, mentre in altri punti ci sono frasi come: «Scusa, allora come non telefonato.»
Sono presenti diversi refusi e, come un’unghiata sulla lavagna, inserita persino nel titolo di un capitolo e reiterata più volte, troviamo la parola “beneficienza”.
L’uso delle virgole… non c’è. In alcune parti del libro sono totalmente assenti, tanto che sono andata più volte in apnea rischiando di morire prima di finire di leggere la frase.
Tuttavia, devo ammettere che sarei stata probabilmente più indulgente se si fosse trattato di una prima esperienza, magari una pubblicazione self, non ancora addentro a certi meccanismi. Invece questo è un libro edito da CE, con un prezzo da CE e, da ciò che trapela dai ringraziamenti finali, siamo di fronte a due autrici che dichiarano anche di essere editor…
Alla fine, mi è venuto un dubbio. Per cui se è un libro che prende in giro ibridi di YA e NA – cosa che potrebbe anche essere visti gli pseudonimi – portando ben oltre l’estremo i cliché tipici del genere, fino a renderli grotteschi, anche tramite un uso della lingua non convenzionale (virgole in primis), allora questo libro si merita il massimo dei voti: si ride dall’inizio alla fine. Se la pretesa è quella invece di serietà, e quindi di rientrare nell’alveo di questi romanzi di genere, allora non posso classificarlo, in quanto l’intento che emerge è solo quello dissacratorio e il risultato è di renderlo sostanzialmente un testo comico e dalle scelte linguistiche molto discutibili.
Infine, mi preme sottolineare che questa è solo la mia opinione, che ha lo stesso valore di quella delle lettrici che, invece, lo hanno trovato o lo troveranno meraviglioso. Per cui il mio consiglio è solo uno: leggetelo e fatevi un’opinione vostra.
Voto: n.c.
Recensione a cura di: Ilaria
Editing a cura di:
Grazie per le segnalazioni. Provvedo subito a correggere l’arcaico beneficienza in beneficenza e mettere “meno male” staccato. Per le virgole, ahimè punto dolente, ci vorrà più tempo. Sull’età a cui si può diventare capitano, siamo al limite. Può capitare nell’aviazione, abbiamo fatto gli accertamenti del caso prima di scegliere quel grado. Quanto alle scelte di trama che non hai gradito siam davanti al caso classico di un lettore che non rispetta il patto narrativo. Di solito a farlo sono gli scrittori come accadrebbe se Cappuccetto Rosso arrivata a casa della nonna dicesse: “aspetta un attimo, faccio un salto dalla mamma a prendere un fazzoletto…” e in un quarticello facesse ritorno, così smentendo il presupposto narrativo di un percorso lungo e pericoloso tra casa sua e quella della nonna. Accade più raramente, ma accade tuttavia che a non rispettare il patto narrativo possa essere il lettore, che semplicemente non lo possa o non lo voglia contrarre quel patto. Accade al lettore che dicesse: “che enorme castronata un bosco con i lupi che parlano”. Va detto tuttavia che quando accade è spesso colpa dello scrittore che non è riuscito a rendere evidenti e veri gli eventi sulla pagina. Ma può anche essere, perché escluderlo?, che il lettore per motivi suoi sia maldisposto. Monica Monanari / Folgorata
Mi permetto io di rispondere alla questione che ha sollevato, in particolare sulla giovane età e sul grado di Capitano del DEVGRU, che oggi viene anche chiamato cinematograficamente Team Six.
Non lo faccio in qualità di semplice lettore, col rischio dunque che io possa apparire come uno che non rispetta il patto narrativo, ma piuttosto lo faccio come professionista del settore, che ha rilevato da subito questa e altre incongruenze. Pertanto sono costretto a smentire l’esistenza di un connubio simile: età così giovane (24 anni) e grado di Capitano tra le unità che compongono il Team Six nello Special Warfare Group- DEVGRU.
Essendo infatti Consulente Strategico della VJTF della NATO, ovvero la Task Force di Intervento Rapido per il settore dell’Europa Occidentale e del Mediterraneo, ed avendo lavorato per molti anni nel settore dell’antiterrorismo e dell’Intelligence del Patto Atlantico, anche come componente delle Forze per Operazioni TIER-1, in prima linea nella difesa della nostra Repubblica e dei Paesi Occidentali, posso dunque permettermi di dissentire su quanto scritto da lei a proposito di quel grado e delle responsabilità attinenti allo stesso.
Non dimentichiamo che già il DEVGRU è una èlite al servizio dello Special Warfare Group, per cui non basta avere la qualifica di SEAL, con i suoi 18 mesi di duro addestramento e i primi sei mesi di servizio per essere definitivamente operativo in squadra.
Bisogna infatti operare in servizio attivo per almeno tre anni in uno degli altri Team per poter essere poi “chiamati” a fare le selezioni nel Team Six.
Ricapitolando dunque, sono necessari ben 5 anni dall’arruolamento, prima di poter accedere anche solo alle selezioni del Team Six.
Come se non bastasse, a tutto questo bisogna dunque sommare un iter necessario per ottenere il grado di ufficiale superiore (Senior Officer) che richiede molto più tempo. E le ricordo che il grado di Capitano è il secondo più elevato tra i SEALs, appena sotto quello di Ammiraglio.
Ho avuto l’onore di conoscere molti Operatori delle Forze Speciali degli Stati Uniti, tra questi ho avuto modo di conoscere bene anche degli appartenenti ai vari Team dei Navy SEAL, e per quanto riguarda il Team Six – DEVGRU, posso assicurarle che la nomina di un Operatore al grado di Capitano (responsabile del comando tattico di un’intera compagnia) a soli 24 anni, non ha alcuna aderenza con la realtà.
Nel mondo esistono circa due mila SEALs, dei quali solo duecento appartengono al DEVGRU. Sul numero totale dei SEALs solo 400 hanno un grado di ufficiale. Nel DEVGRU gli ufficiali sono solo una dozzina.
Ora, già negli altri Team SEAL gli ufficiali hanno tutti un’età superiore ai trent’anni, figuriamoci quindi nel DEVGRU, come lei a questo punto avrà già capito, in una cerchia cioè così ristretta e altamente professionale.
Pertanto, la figura del Capitano corrisponde ad un SEAL con almeno dodici o quindici anni di esperienza. Nel DEVGRU si può parlare anche di un periodo più lungo.
Informazioni sbagliate rischiano di svilire il duro lavoro di unità che meriterebbero di essere “raccontate” in maniera più precisa, altrimenti, ne vengono fuori personaggi stereotipati e surreali che, con la scusa di un patto narrativo da accettare ad occhi chiusi trasformano queste persone in macchiette. Il fatto che certa letteratura, e ancor più il cinema (prevalentemente dagli anni ’80 fino alla fine degli anni ’90) abbia creato tali “macchiette” non significa che tutto questo debba continuare. Sarebbe saggio da parte nostra infatti opporci agli stereotipi, proponendo dei patti narrativi più verosimili come si è tra l’altro cominciato a fare da dopo l’Undici Settembre.
Dunque, una età così giovane con un grado così elevato non rispetta i “tempi reali” necessari, col propedeutico passaggio dai gradi di Sottotenente, poi Tenente junior, poi Tenente effettivo, poi Tenente Comandante, poi Comandante. Per giungere solo allora alla nomina di Capitano, che se già in condizioni ordinarie in Marina significa comandare una Fregata o un Cacciatorpediniere o un Sottomarino, nei SEAL significa avere al proprio comando circa cento uomini suddivisi in diverse squadre d’assalto e, come già detto, essere appena sotto al grado di Ammiraglio.
Basta una semplice ricerca alla portata di chiunque, per scoprire che nella tabella “Ufficiali di grado superiore” proposta dalla NATO, in corrispondenza della Tabella della Marina Statunitense, il grado di Capitano della US Navy (Ship the line) è equiparato addirittura ad un OF-5, cioè ad un colonnello dell’Esercito.
E, ribadisco, tali differenze sono ancor più accentuate quando si parla di F.S. (Forze Speciali – TIER-1) o F.O.S. (Forze per Operazioni Speciali – TIER-2), dove il grado lo si “guadagna” in maniera differente per ovvie responsabilità che lei comprenderà di certo.
Qualora la mia esperienza professionale non fosse sufficiente, mi permetto di aggiungere a questo mio commento le parole dell’ex Comandante dei Navy SEALs Willy Davis, da me interpellato a proposito di quanto detto finora.
Il Comandante Davis, che attualmente possiede una Compagnia Militare Privata che si occupa della sicurezza in mare delle rotte commerciali nel Golfo Persico ed è anche uno dei responsabili della sicurezza per la British Petroleum, è un veterano di numerose missioni compiute durante la sua lunga permanenza nei Team SEAL, tra i quali si annovera anche lo stesso Team Six – DEVGRU.
Le riporto la sua risposta: “Most officers and servicemembers are in their late 30’s and 40’s. I was Team Leader in SEAL Team Six after almost eight years, during Urgent Fury, and OIC in Desert Storm at age 38”.
Le traduco quanto dice, poiché mi rendo conto che non tutti possono essere avvezzi al linguaggio militare e ai suoi acronimi.
“Molti ufficiali e membri in servizio attivo vanno da oltre i 30 ai 40 (anni). Io sono stato capo squadra nel Team Six dopo otto anni (dall’arruolamento) durante l’operazione Urgent Fury, e OIC (Officer in Charge – che possiamo definire il nostro temporaneo Facente Funzione di Comandante) durante l’operazione Desert Storm all’età di 38 anni”.
In riferimento ai commenti che ho potuto leggere sulla pagina social di questo blog, mi riferisco in particolare alla pagina Facebook, laddove lei chiede se si ha “un’idea della prestanza fisica necessaria per fare quella roba”, posso assicurarle che io ne ho piena consapevolezza, per averla vissuta sulla mia pelle naturalmente. Ma posso anche smentire l’idea sbagliata che spesso, sia gli autori e sia i lettori si fanno di alcuni eventi reali, a causa forse di una narrativa ed una cinematografia troppo imprecise e tese solo alla spettacolarizzazione, o magari di una Stampa sempre alla ricerca di “superpoteri” piuttosto che di “umani poteri”.
Ad Abbottabad per esempio, durante l’azione che ha portato all’uccisione di Osama bin Laden, gli OP presenti infatti avevano per la maggior parte un’età superiore ai 30 anni, poiché non è la prestanza fisica che completa il lavoro di un operatore, bensì la sua esperienza e le sue capacità acquisite grazie a quest’ultima. L’unico ventiquattrenne presente durante quell’azione (col grado di Operatore di Seconda Classe, il gradino più basso) è rimasto di retroguardia, decisione presa per evitare che la sua giovane età potesse fargli compiere degli errori fatali per se stesso e per il gruppo; decisione questa avvalorata dal vice caposquadra che, per la cronaca, aveva quasi 40 anni.
Sull’eventuale Status di pilota del protagonista, antecedente all’arruolamento nei SEALs, anche qui posso affermare con sicurezza che non ha alcuna corrispondenza con la realtà.
Da una parte perché i piloti hanno un iter addestrativo lungo e molto dispendioso, nessuno tra i loro Comandanti perciò gli permetterebbe mai di gettare via anni di preparazione effettuati in accademia per essere dapprima Guardiamarina, e poi, passando sia per la scuola di volo che per quella di guerra elettronica, raggiungere un grado parificato ad una laurea (bachelor).
Nessun pilota infatti ricomincerebbe tutto daccapo in una selezione per diventare SEAL che, qualora non venisse superata, lo farebbe retrocedere al grado di “Guardiamarina” per i successivi anni.
Il fatto che certa “fiction internazionale” ci abbia proposto in passato dei protagonisti che sarebbe stato più consono inserire in un genere fantasy, piuttosto che in generi romantici o di svago che comunque parlano di cose “reali” non certo di vampiri o licantropi, non deve indurci a giustificarli o peggio ad emularli.
Il personaggio cinematografico di James Bond per esempio, da lei citato nei commenti sulla pagina social, e che va sottolineato come sia diverso da quello letterario (poiché Ian Fleming in quanto ex agente dell’MI6 e fondatore del primo Team di Commandos britannici, conosceva bene i limiti reali da non superare nel suo patto narrativo con il lettore) è un personaggio che molti autori di Thriller preferiscono non emulare perché surreale. Eppure, in alcuni aspetti appare non troppo lontano da certi parametri. Lei ha citato nel suo commento la conoscenza delle lingue straniere di quel personaggio, in quanto troppo estesa per essere realistica, come elemento che il lettore dovrebbe accettare al pari di altre cose per nulla realistiche.
Ebbene mi consenta di dissentire e considerare inappropriato tale esempio, poiché posso dirle che quelli non sono “superpoteri” ma, nonostante tutto, capacità essenziali presenti in molti agenti operativi. Nella mia vita ho conosciuto molti professionisti della sicurezza con capacità simili: ad esempio un ex agente dei servizi di sicurezza all’estero che, negli anni ’70, dovendo compiere un “lavoro” ad Helsinki, imparò in meno di una settimana (quella che precedeva la sua missione) un ottimo livello di Finlandese.
Mi permetto quindi di aggiungere, che in casi specifici come tutti quelli appena esaminati, non regge molto il paragone tra la fiaba di Cappuccetto Rosso ed una “accettazione” da parte del lettore di una storia nella quale, a questo punto possiamo dire, saltano subito all’occhio delle imprecisioni che coinvolgono non tanto boschi incantati e lupi parlanti, ma protagonisti della vita reale che meriterebbero ricerche più approfondite a mio parere. Anche perché, mi consenta una chiosa finale vagamente ironica: è grazie a questi Operatori che riusciamo a tenere lontani dalle nostre case i “lupi cattivi”, quelli veri.
Le esprimo i miei più sinceri auguri per il successo del suo romanzo, e le confesso che per me è sempre un onore poter aiutare delle autrici e degli autori a migliorare la qualità di certi aspetti delle loro opere.
Buona domenica
La ringrazio per aver fornito una così dettagliata e competente spiegazione sull’argomento. È stato davvero molto interessante leggere le Sue argomentazioni. Come lettrice apprezzerò ancora di più lo sforzo di ricerca che un’autrice svolge per sviluppare in modo adeguato il suo lavoro, nel rispetto di realtà così complesse e importanti.