Berlino, inizio del terzo millennio. La Guerra Calda è finita, gli Accordi dell’89 sono stati firmati e la città è stata divisa in sette zone, ciascuna assegnata a una delle antiche stirpi. All’interno della Ringbahn vivono gli uomini, protetti dalla Divisione, incaricata di mantenere la pace e impedire sconfinamenti e scontri tra le stirpi. Misteriosi omicidi, provocati da sconosciute creature sovrannaturali, iniziano però a verificarsi in tutta la città, rischiando di frantumare il delicato equilibrio raggiunto. La Divisione incarica Ulrik Von Schreiber di indagare, aiutato dal pavido collega Fabian, ben sapendo quanto abbia a cuore il mantenimento della pace. Ma Ulrik non è soltanto un cacciatore, incarna lo spirito protettore della città, l’Orso di Berlino, che non attende altro che liberare la propria furia.
Il mondo è cambiato: dopo la grande Guerra Calda, tutte le creature soprannaturali esistenti vengono separate e costrette a vivere in determinati spazi a loro dedicati, senza poterne mai varcare il confine.
Ma cosa succede quando un’entità finora sconosciuta si presenta in città con l’unico scopo di uccidere gli esseri umani?
Semplice: le forze si devono unire. Anche a discapito degli Accordi presi nell’89, infrangendoli per un bene superiore.
Ma quello che voglio fare in questa recensione non è parlarvi della storia (bellissima e originale) bensì dei contorni, dei personaggi, poiché non sono affatto scontati.
“Ma a non sbagliare non aveva ancora imparato, continuava a legarsi, anche senza ammetterlo. Ai lupi e a Markus, a quel ragazzetto sedotto per avere pizze gratis e trovarsi qualcuno da scopare nelle serate in cui era annoiato – una sì e l’altra pure -, al collega secchione, scelto perché compilasse i rapporti al posto suo, persino al Comandante Nutz e a Muller, che in fondo l’avevano accettato per quello che era. La bestia protettrice di Berlino da altre bestie sue pari.”
La storia inizia con un personaggio che io, letteralmente, adoro: Ulrick, un cacciatore istruito a dovere per proteggere Berlino. Innamorato di se stesso, alla costante ricerca del piacere fisico in tutte le sue sfumature; Ulrick però tanto egoista ed egocentrico in realtà non è.
Ma a questa considerazione si arriva man mano che la storia si dipana in quella vita che cambia a seconda degli avvenimenti che ci si presentano davanti agli occhi.
Figlio di un personaggio importante, si porta addosso tutti i fardelli che gli sono stati lasciati in eredità, deludendo sempre il ricordo del padre e ciò che egli significava per la popolazione tedesca.
“Eppure c’aveva provato a combattere i demoni, ma l’Erlkönig era potente e lui non era suo padre. Lui non era un protettore degli uomini.”
Fin da bambino è costantemente messo alla prova, durante la crescita, in ogni azione che compie o stupidaggine legata all’età del momento, sente di essere sempre controllato; crescendo le cose non migliorano e durante una serata con gli amici, succede l’imprevedibile: Gesel, la sua fidanzata, colei che l’ha salvato facendolo sentire amato incondizionatamente, ha un incidente e da quel momento Ulrick, si chiude al resto del mondo, buttandosi a capofitto nel lavoro e in tutto ciò che gli evita di pensare.
Accanto a lui c’è Fabian: amico di una vita, sposato, con la testa sulle spalle, è l’esatto opposto di Ulrick. L’unico, forse, che riesce a farlo ragionare con la sua morale e i suo valori. Avrebbe dovuto rimanere dietro una scrivania, fare il lavoro burocratico, invece, scende in campo col suo migliore amico.
“Quando ti deciderai a sistemarti? O quanto meno a decidere da che sponda stare?” “Io sto sulla sponda giusta, Fabian quella a cui attraccano tutti. Ora andiamo, guidi tu. Io devo mangiare”, disse Ulrick, restituendo il dossier al collega e incamminandosi fuori da Görlitzer Park. “Guidare? Oh santo cielo, non ho gli occhiali adatti”, rispose Fabian, riponendo tutto in una valigetta. “Ma dove dobbiamo andare? Perché non prendiamo la metro?” Troppo lontano. Andiamo a Tegel. A parlare con le streghe.” “ Dobbiamo proprio? Non mi stanno simpatiche”, mormorò Fabian.”
Ma vogliamo parlare dei coboldi, i famosi elfi domestici? Piccoli, piccolissimi ma con un potere nascosto che li rende un pericolo anche per le creature più letali. In gruppo sono una vera forza della natura. Due su tutti vi faranno ridere e desiderare di averli nelle vostre case: Heinzelmann e la sua consorte Olga.
“Scusate!” li interruppe Ulrick. “Si può sapere chi siete?”
“Chi siamo? Che impudenza! Non riconosci dunque l’infestatore del castello di Hudemühlen, terrore di tutti i nobiluomini? Cantore e scaldo del popolo dei coboldi? Iniziatore della dinastia…” ma la compagna lo interruppe, battendogli le dite su una spalla. “Cara, che c’è? Non vedi che mi sto presentando? Che ne è dell’etichetta?”
“Credo che Herr Schreiber si accontenti di un nome, mio dolce Heinze, e poi presto! Dobbiamo far presto!”
Li amo!
E, niente, Alessio Del Debbio, ha dato spessore a ogni singola creatura che incontriamo durante il romanzo: dal licantropo fedele alla strega più stronza. L’antagonista, di cui non vi svelerò nulla per non rovinarvi la sorpresa, non è per niente simpatica, i metodi che usa per uccidere le sue vittime sono violenti e crudeli, un gioco spietato in cui la preda finisce in trappola e non le resta che sperare che tutto finisca nel più breve tempo possibile. Anche in questo caso, però, abbiamo una spiegazione che non è poi così lontana da quello che capita nel mondo “reale”.
Ci sono cose in questo mondo che non c’è dato conoscere. Ci sono realtà che ti trasportano in un luogo creato ad arte, pur essendo tanto vicino a noi. Poi c’è Berlino, una città in cui poteremmo vivere ma non viverla. Alessio Del Debbio la plasma pur mantenendo intatti quei ponti, quei fiumi e quelle strade, rendendo il tutto “magico”, come se quei luoghi possano effettivamente nascondere ciò che ci racconta. Mi piacciono i libri che incuriosiscono, che ti spingono alla ricerca dei nomi in cui incappi, siano essi messi su una cartina geografica oppure appartenuti a creature mitologiche di cui non sei a conoscenza.
Ho amato tantissimo “Berserk” il manga anni ’90 che mi ha accompagnato per tutta l’adolescenza, perciò quando ho letto il titolo (e visto la bellissima cover) non ho resistito e il “compra con un click” è partito immediatamente.
È un romanzo che merita di essere letto e vissuto.
“Era tempo che l’Orso tornasse a ruggire.”
Recensione a cura di:
Editing a cura di:
Wow, grazie mille! Che bella recensione! 🙂
Anche Ulrik apprezza, non lo vuole ammettere, da buon orso qual è! 🙂