È sempre un’emozione per me incontrare Valerio la Martire e passare del tempo in sua compagnia. Lo ringrazio moltissimo per la disponibilità nei miei confronti e nei confronti di Feel the Book, per aver risposto con chiarezza e semplicità alle mie domande, mosse dalla curiosità e dal desiderio di comprendere appieno il mondo da lui creato nella sua trilogia “Nephilim”.
Con la trilogia “Nephilim” hai creato un mondo tutto tuo, non solo fatto di angeli e di demoni, ma hai inserito anche creature mutaforma assolutamente particolari… gli uomini scorpione per esempio mi hanno molto colpito.
In “Nephilim” è visibile il percorso dell’inferno, e in questo percorso ho voluto reinventare l’idea stessa di questo luogo in cui bisogna scontare per sempre una pena. Dovevo quindi immaginare i vari tipi di dannati. Tra questi, mi interessava particolarmente una tipologia: gli Infernali morti con forte rancore. Nella mia vita, in passato, ci sono stati periodi in cui ho provato tantissimo rancore. Per spiegare tale sentimento a chi non lo ha vissuto in maniera molto intensa, direi che è come qualcosa tra il cancro e le punture di insetti continue, qualcosa che ti avvelena l’anima, che contorce il tuo essere. Nel mio mondo fantasy ho cercato di portarlo fuori, rendendolo visibile, e per questo ho scelto lo scorpione, che oltretutto è il mio segno e in qualche modo mi accompagna. Gli scorpioni sono animali affascinanti, che hanno questa corazza e questo pungiglione terribile e il veleno che esce da dentro; gli uomini scorpione non ne hanno solo l’aspetto, ma sono mossi da questi mostri che escono dal loro corpo e che li aizzano.
L’immagine di questi animali che escono dal corpo è forte e rende benissimo l’idea…
Quello che cercavo era un’immagine fantasy che rendesse l’idea di questo rancore che esce fuori, che non riesci a fermare ed esplode dal corpo, ti rovina, sia fisicamente che nell’anima, rendendoti sempre più rabbioso. Il rancore si alimenta da solo ed è un veleno che rimane dentro e poi sputi fuori, quindi diventi a tua volta uno scorpione che avvelena gli altri. Il personaggio che vive il rancore (e non rivelo di chi si tratta) deve imparare a purificarsi. Anche se non lo risolve mai davvero, e continua a uscirgli fuori, il rancore è una forza, un’energia enorme che si può imparare a gestire.
Sei riuscito a superare il tuo rancore?
Ho imparato a gestirlo, so riconoscerlo e zittirlo quando diventa troppo rabbioso.
Per quanto mi riguarda difficilmente provo rancore, cerco sempre di capire il motivo per cui le persone arrivano a determinati punti, anche se alcune volte sono di non ritorno.
Ecco, tu usi un potere, quello dell’empatia, che nei miei libri ha un ruolo importante per un personaggio. L’empatia ti permette di capire gli altri e di entrare nel loro mondo e anche questa cosaè molto complicata. Nel momento in cui si diventa empatici è difficile mantenere il punto anche su se stessi e tenere chiari la propria volontà e quello che si vuole: si può finire con l’essere sopraffatti dai motivi degli altri e ciò ti annulla. Resta il fatto che se l’empatia è gestita e modulata è una cosa meravigliosa, è un potere angelico dei più potenti. Il rancore, per quanto distruttivo per te stesso, ti proietta verso l’esterno. L’empatia invece apre canali per cui vieni quasi invaso, che è poi il problema che Jonathan si trova ad affrontare, ovvero avere un potere che non riesce a stabilizzare. È un potere che, se imparato a gestire, è davvero sovrumano.
Non per niente è serafino… XD
Adesso parliamo di Ryan… Ryan è un personaggio che mi piace tantissimo, non lo vedo proprio infernale, almeno come si percepisce “infernale” nell’immaginario collettivo…
Ryan è un personaggio dalle passioni estreme, nel bene e nel male, è un fiume in piena. Così come ama da subito Jonathan, con Valerie è l’opposto e non ha avuto freni; nel primo libro compie un gesto mostruoso, si macchia di una colpa che poi dovrà scontare per tanto tempo.
Però posso quasi capirlo… non giustificarlo o scusarlo…
Ryan ha bisogno di qualcuno da attaccare, anche senza un motivo reale, ma fondamentalmente è un buono. I miei Infernali non sono cattivi, o almeno non se visti con le categorie di “male” e di “bene”.
Anche lo zio Reginald…
Infernale di aspetto, è il più terribile. Quello che mi interessava fare con gli Infernali in generale, e con zio Reginald è riuscito in maniera molto forte, è stato far sì che l’aspetto non sempre riflettesse il reale: non sempre il bello è buono e il brutto è il cattivo, volevo scardinare questo concetto. Reginald ha stupito anche me, è diventato un personaggio di cui tutti mi hanno parlato; anche se ha uno spazio limitato è molto presente e il messaggio sembra essere passato.
Cosa mi dici di Leone, l’inquisitore supremo di Verona?
Tu lo sai, non amo le risposte semplici, anche di Leone non riesco a dire che sia cattivo, è piuttosto una persona che ha un’idea e ci crede. Esistono il bene e il male, e lui si trova dalla parte del bene e per questo può far fare qualsiasi cosa, anche agire in modo negativo, perché lui lo fa per uno scopo più alto. Questa è una cosa che rischiamo tutti di fare, nel momento in cui ci convinciamo delle nostre idee e le portiamo avanti schiacciando anche gli altri, perché siamo convinti di operare per il bene appunto. È una cosa che mi è molto vicina, sono una persona che si incaponisce molto e quando sono convinto che una cosa deve andare in un certo modo vado come un treno, salvo poi rendermi conto che, così facendo, si perdono molti dettagli. Leone è il meno umano di tutti, ha queste convinzioni micidiali, rigide e le porta avanti senza compromessi.
Leone è la personificazione di qualcosa?
È la personificazione di un sistema, di qualunque sistema, in questo caso del sistema Chiesa, perché lui è il rappresentante della Chiesa, di quella più retrograda e stupida.
Tu cosa pensi della Chiesa?
Della Chiesa Cattolica Romana non ho una buona opinione, perché è rigida sulle posizioni fondamentali. Poi è capace di cambiare discorso o idea sulla superficie, ma nel profondo ha delle posizioni molto dure e ferme. Secondo me, almeno per il momento, è incapace di ammorbidirsi un pochino su tematiche di estrema importanza. Leone è l’estremizzazione di questo percorso, lui ha questi dogmi e non riesce ad andare oltre, inimicandosi anche personaggi che non ci sarebbe aspettati. A modo suo è un puro, come Lucifero…
Lucifero… non me lo sarei mai aspettato…
È il personaggio più fanciullesco di tutto il libro, è il bambino che ha rotto il barattolo di marmellata ed è stato punito.
È molto solo…
Lucifero è profondamente solo, cerca qualcuno con cui interagire e lo fa “prendendo”: modifica la vita di un’altra persona senza chiedere niente, senza sapere quello che gli altri vogliono, convinto che sia un bellissimo dono quello che fa, ma in realtà agisce in modo violento. Lucifero è un personaggio che per la prima volta sceglie in modo diverso da quello che era stato deciso per lui, abbraccia delle possibilità e viene punito per questo. Lucifero mi ha sempre commosso, anche nella visione classica: lui è il primo ribelle, è quello che ha cercato di fare qualcosa di differente. È il primo dei diversi e per questo non potevo che avere una sorta di empatia per lui.
A prescindere dalla tua opinione sulla Chiesa Cattolica, sei credente?
Non nell’accezione classica del termine.
Te lo chiedo perché mi stavo domandando come mai avessi creato proprio questo mondo…
Io non ho una credenza cattolica e non sono praticante, però sono italiano e romano, quindi la Chiesa è sempre stata parte della mia vita. Da bambino, mia nonna mi portava in chiesa perché bisognava andare, comunque è un mondo che ha gravitato intorno al mio. È una cultura che ti influenza in tanti modi: di pensare, di approcciarsi, di sentire, di provare dei sentimenti e quindi è un mondo, quello della religione monoteista, che faceva parte di me. Reinterpretare questo pezzo del mio mondo in chiave diversa è stato molto stimolante, spero di non aver insultato o ferito nessuno, credente o non credente che sia. Io volevo dare un’interpretazione a tutto questo mettendoci dei temi che per me sono importanti: la libertà, la scelta, la definizione di sé, il ruolo della donna.
I libri sono stati scritti tutti in prima persona, da diversi punti di vista, non deve essere stato facile.
No, soprattutto all’inizio. La prima stesura era un po’ piatta quando l’ho riletta, tutti i personaggi parlavano e scrivevano come parlo e scrivo io, da lì il gioco è stato differenziarli e trovare la voce singola di ognuno di loro.
Effettivamente all’inizio non è facile entrare nell’ottica, i primi capitoli sono difficili da seguire, difficoltoso tenere il filo…
All’inizio i personaggi sono tutti separati, in un mondo nuovo, non si riescono a mettere insieme i punti. Non è stato facile scriverlo, ma poi, preso il via, è stato come un fiume in piena. Il motivo per cui ho scelto questa struttura, che non ha reso la vita facile né a me né ai lettori, era che volevo dare il punto di vista giusto e vero per tutti i personaggi. Per esempio quando parla Leone, lo senti vero e sei dalla sua parte, e questo succede anche con Ryan, con Jonathan e anche con i Demoni, anche se hanno un punto di vista allucinante. Ogni personaggio è estremamente buono ed estremamente cattivo.
Anche i Celestiali non è che siano proprio buoni, infatti.
Ognuno di noi è capace di azioni eccelse e di azioni terribili e in creature dotate di enormi poteri questo è ancora più vero.
In una precedente occasione ti ho chiesto se ti sentivi più angelo o demone, e tu mi hai risposto: stregone, ma non è facile essere stregone.
Il senso del terzo volume è questo: se non puoi scegliere di nascere Celestiale o Infernale, puoi scegliere di diventare stregone, ed è quello che amo degli stregoni. Loro scelgono questo percorso, che è maledetto, perché praticare magia è affacciarsi al mondo dell’occulto, cosa che li espone a rischi che altrimenti non ci sarebbero. Loro scelgono di avere poteri e di rischiare tutto.
Rischi di diventare un demone.
Questa cosa mi ha molto affascinato: avere un mondo in cui nessuno ha scelto di essere quello che è e poi trovare qualcuno che invece sceglie di entrare in un mondo pericoloso e di affrontarlo. Alexander è proprio questo, un personaggio che rischia tutto per quello che vuole, per quello che ama e si mette in gioco fino in fondo. E poi il mondo magico è sempre stato un mio pallino.
Credi nella magia, nel paranormale? Pensi che ci siano persone con poteri particolari?
Ci sono persone che hanno un’empatia talmente tanto sviluppata da sembrare sovrannaturale, perché capiscono gli altri in modo impercettibile, tanto che riescono a fare “allungamenti mentali” tanto veloci da avere intuizioni quasi da preveggente. Esistono queste cose, non so se chiamarle magia, tutto non è così semplice e certo il mondo non lo è.
I tuoi progetti futuri?
Un nuovo Urban fantasy, ambientato nello stesso universo di “Nephilim”, con personaggi diversi, non a New York ma ambientato a Roma, che ha un sacco di angoli magici. Romanzo autoconclusivo, un anno dopo i fatti narrati nei libri precedenti a cui farà brevemente riferimento. Poi un volume illustrato, fantasy, e come sai è uscito da poco “Intoccabili”, una storia vera a cui tengo moltissimo.
Pensi che la tua vita sia una magia?
Sicuramente quello che sto vivendo adesso sì, assolutamente sì.
A questo punto non mi resta che ringraziare nuovamente Valerio per il tempo e la pazienza. Gli auguro tutto il meglio possibile, per la sua carriera di scrittore e per la sua vita, e che siano colma di magia come si merita.
Intervista a cura di:
Oriana è sempre bellissimo fare le chiacchiere con te.
grazie, grazie e grazie ancora!
V.